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5 regole per l’uso dell’intelligenza artificiale in musica: confronto tra UK e UE

Mentre gli sceneggiatori di Hollywood finalmente trovano un accordo per una maggiore regolamentazione delle tecnologie di intelligenza artificiale (AI), il mondo della musica non resta a guardare. La battaglia si svolge su diversi fronti, e mentre l’Europa è nel mezzo del dibattito sull’AI Act, è nel Regno Unito che si avanzano alcune interessanti proposte. Non c’è certo da stupirsi, dato che l’industria musicale britannica, che ha un peso non da poco sull’economia dell’intero Paese, mira a preservare il proprio mercato.

Difatti, proprio in questi giorni, il Council of Music Makers (CMM) del Regno Unito ha pubblicato cinque linee guida fondamentali per le aziende che intendono sviluppare tecnologie di intelligenza artificiale per la musica.

Qual è il vero problema dell’utilizzo dell’AI in musica?

Le criticità in ambito discografico dell’AI sono molteplici. Quando parliamo di intelligenza artificiale generativa, parliamo di una tecnologia in grado di generare contenuti a seguito di una specifica richiesta dell’utente. C’è un problema però: l’AI non crea dal nulla, come farebbe un artista in carne ossa. L’intelligenza artificiale, infatti, attinge ad un database di dati, opere, immagini, musica e video. In genere si utilizza il termine addestramento, per indicare il volume di informazioni che l’AI assimila per poi elaborare (o generare) le proprie opere.

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Facciamo un esempio concreto: se chiediamo all’AI di generare una canzone nello stile dei Beatles, la macchina analizzerà i brani dei Fab4, cercando di comprendere lo stile di scrittura del duo Lennon/McCartney, e restituirà un contenuto analogo.

Appare quindi evidente che il processo di addestramento, senza un’opportuna regolamentazione, permetterebbe all’AI di sfruttare, senza consenso, materiale protetto dal diritto di autore (nel caso del nostro esempio sfrutterebbe le canzoni dei Beatles). La questione diventa ancor più critica se poi quella musica generata viene messa in commercio, permettendo all’utente che ha utilizzato l’AI di guadagnare sulle spalle di chi ha creato quella musica.

Le 5 linee guida per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la creazione di musica

Di seguito analizziamo le 5 linee guida promosse dal CMM britannico, con conseguente parallelismo, ove ci fosse, con le proposte contenute nell’AI Act dell’Unione Europea.

1) Consenso informato e preventivo: chi crea musica deve autorizzare l’intelligenza artificiale

“Quando si negoziano accordi di licenza per le tecnologie di IA, è necessario ottenere il consenso esplicito dei singoli autori musicali prima che la musica venga utilizzata per addestrare i modelli di AI“.

È la regola apparentemente più banale, ma anche quella più importante: il CMM vuole impedire che l’intelligenza artificiale apprenda da contenuti protetti dal copyright senza esplicito consenso di chi detiene i diritti delle opere.

2) L’immagine pubblica dell’artista deve essere preservata

“I diritti alla pubblicità, alla personalità e ai dati personali degli autori di musica devono essere rispettati. Questi diritti appartengono ai singoli autori musicali e non possono essere sfruttati – dalle aziende di IA o dai detentori dei diritti – senza un consenso esplicito. Il governo britannico dovrebbe chiarire e rafforzare questi diritti e collaborare a livello internazionale per promuovere un solido regime globale di diritti”

La seconda regola riguarda uno scenario più ampio: la diffusione delle opere fake. Negli scorsi mesi vi abbiamo riportato più volte di esperimenti di utenti che hanno utilizzato l’intelligenza artificiale per creare finte opere dei più svariati artisti. Un esempio lampante è la cover AI di Yesterday, iconico brano dei Beatles, che l’AI ha fatto cantare a Freddie Mercury. Per il CMM la tecnologia non può sfruttare il nome e la personalità degli artisti senza l’esplicito consenso di chi detiene quei diritti di immagine.

Facciamo anche qui un esempio concreto: se l’AI ha ottenuto il consenso di accedere al catalogo dei Queen (rispettando la prima linea guida riportata sopra), dovrà ottenere il consenso anche da chi detiene i diritti di sfruttamento del marchio Queen per realizzare un brano che, dal punto di vista promozionale, preveda l’utilizzo del nome della band.

3) Riconoscimento economico ai detentori dei diritti

“Laddove il permesso è concesso, i creatori di musica devono condividere equamente i benefici finanziari dell’IA musicale, anche per quanto riguarda la musica generata da modelli di IA addestrati sul loro lavoro”

Oltre al consenso esplicito, tutto il ricavato economico delle opere musicali generate dall’intelligenza artificiale deve essere condiviso equamente con chi ha concesso i diritti.

4) La ripartizione economica deve essere concordata preventivamente

“Quando le aziende di IA e i detentori dei diritti sviluppano modelli di licenza, devono consultare proattivamente i produttori musicali e raggiungere un accordo su come ogni parte interessata condividerà i ricavi dei prodotti e dei servizi di IA”.

Nella richiesta di sfruttamento delle opere, le aziende che addestrano (o sviluppano) i modelli di linguaggio devono stipulare un accordo che specifichi le relative ripartizioni economiche.

5) La musica generata dall’intelligenza artificiale deve essere presentata come tale

Le opere generate dall’IA devono essere chiaramente etichettate come tali e le aziende di IA devono essere pienamente trasparenti sulla musica utilizzata per addestrare i loro modelli, conservando e rendendo disponibili registrazioni complete dei set di dati. I detentori dei diritti devono essere trasparenti su tutti gli accordi di licenza che sono stati negoziati con le aziende di IA e su quali opere includono tali accordi”

L’ultimo punto proposto dal CMM punta consolidare il confine tra opere create da artisti in carne ossa e musica generata dall’intelligenza artificiale. L’AI (e chi la utilizza) dovrà sempre specificare se la musica in questione è stata generata dall’intelligenza artificiale.

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E in Europa?

Sul fronte europeo le cose sono decisamente più complesse. Il celebre AI Act, di cui tanto si discute, dovrà attraversare il cosiddetto trilogue. Questo vuol dire che il testo deve trovare l’approvazione su tutti i punti da parte di tutti e tre gli organi chiave dell’UE: il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e la Commissione europea. Al momento le tre parti sono al lavoro per trovare un accordo comune entro gennaio 2024. Se ciò dovesse avvenire, l’AI Act entrerebbe in vigore nel giro dei due anni successivi.

A differenza del documento presentato dal CMM, l’AI Act non si riferisce in modo specifico all’industria discografica, anzi. L’UE mira a regolamentare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in un quadro più ampio, comprendendo casi d’uso quotidiani e commerciali. In buona sostanza la questione copyright è solo una delle tante prese in analisi.

L’AI Act non sembra interessarsi troppo di musica

L’unico riferimento al diritto d’autore è presente nellarticolo 28b-5a, in cui il testo afferma che le aziende devono “documentare e rendere pubblicamente disponibile una sintesi dell’uso dei dati di addestramento protetti dalla legge sul diritto d’autore”.

Un punto decisamente generico, soprattutto rispetto alle 5 linee guida del CMM. In sostanza l’AI Act è poco chiaro, dato che manca una specifica definizione di cosa significhi “documentare e rendere pubblicamente disponibile”. L’AI può utilizzare le opere coperte da copyright senza permesso? È solo tenuta a informare il pubblico che sta utilizzando quelle opere?

Ma non è finita qui, ci sono altre importanti criticità. La più lampante di tutte è la frammentazione territoriale dei diritti di autore. Nel mondo dell’audiovisivo i diritti sono spesso gestiti da diverse realtà o società a seconda dei territori di riferimento. L’articolo dell’AI Act non risolve la questione, in quanto una società di AI potrebbe ottenere i diritti di addestramento su un brano negli USA e permettere agli utenti europei di accedere a quei dati.

Insomma, la strada sembra essere lunga e tortuosa, tanto per citare un capolavoro dei Beatles.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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