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L’indie da scoprire – Virginia

Di mondi distopici è pieno l’universo videoludico, ma difficilmente abbiamo avuto a che fare con un titolo che ci ha quasi confuso come quello che riproponiamo oggi. Nel nostro speciale “L’indie da scoprire”, andiamo oggi a rispolverare un videogioco tanto breve, quanto artistico e, a nostro dire, piuttosto assurdo. Vale comunque la pena di approfondire cosa ha in serbo per noi Virginia, il lavoro uscito nel 2016 da 505 Games e Variable State. Un titolo che ha davvero messo in discussione il confine, dimostratosi ancora una volta labile, tra videogioco e cinematografia, e che necessita di non cadere nel dimenticatoio. Dopo aver parlato proprio di commistione tra cinema e videogames con Cuphead, riscopriamo oggi questo titolo a oltre cinque anni dalla sua uscita nel nostro speciale dedicato ai titoli indie meritevoli.

Virginia, al confine tra cinema e videogames

La trama di questa storia non è molto ben definita, e nemmeno longeva, ma il linguaggio artistico con cui è stata realizzata è decisamente unica e meritevole della vostra attenzione. Siamo a Kingdom, Virginia. I titoli di testa assomigliano parecchio a quelli di un film, mentre la colonna sonora orchestrale è decisamente melodica e dal gusto sopraffino. In questo titolo in prima persona, ci troviamo subito di fronte allo specchio mentre guidiamo l’agente dell’FBI Anne Tarver. Con una varietà di movimento decisamente limitata, ci viene indicato dal cursore cosa possiamo fare nel mondo che ci circonda.

Una avventura grafica che non fatica a passare sin da subito sotto le mentite spoglie di un walking simulator, ma che non ci mette molto tempo a rivelarsi ben diversa da questi presupposti. In Virginia, non ci è consentita alcuna possibilità di esplorazione, offrendoci un’esperienza decisamente lineare e con ben poche libertà di “fantasia” nel gioco.

Diviso in soli due atti e un epilogo, si contano sulle dita di una mano le ore necessarie per portare a termine Virginia. Potrebbe sembrare dunque una storia forse “troppo” breve, ma vi ricordiamo che altri capolavori citati in precedenza, come Last Day of June, hanno offerto una qualità decisamente non dettata dalla loro durata. Ricordiamo anche una particolarità artistica nella realizzazione di questo titolo: la narrazione è totalmente muta e non presenta dialoghi. Solo immagini e movimenti che ben si prestano a una interpretazione anche personale da parte del giocatore di quanto avviene. E cosa succede, di preciso? Evitando anticipazioni a coloro che non hanno ancora avuto il piacere di scoprire questo titolo, possiamo solo dirvi che l’agente deve indagare sulla sparizione di un bambino, di nome Lucas Fairfax. Ma questa storia non avviene senza escamotage narrativi particolari.

Una storia senza voce, ma dall’eco prolungata nella memoria

Come anticipato, sin dall’inizio comprendiamo l’intenzione degli sviluppatori di raccontare una storia per nulla superficiale, alternando una vicenda professionale a un’altra personale. Vengono analizzati anche rapporti familiari, oscuri segreti e approfondimenti nel segreto della psicologia. La narrazione è decisamente complessa da capire a tratti, proprio per l’assenza di dialoghi ed eventuali didascalie e suggerimenti scritti. L’atmosfera surreale è amplificata soprattutto nella seconda metà del gioco, dove sono intensi e frequenti i rimandi all’opera di David Lynch, ossia Twin Peaks. Il tutto viene corredato da una narrazione per nulla lineare, con frequenti flashback e flashforward. In questo modo, aumentano le opzioni per dare una propria interpretazione all’accaduto.

Il tutto viene accompagnato da una grafica particolare, non certo troppo curata e dai tratti quasi poligonali, ma comunque dal sapore certamente indie. Un comparto grafico forse non eccelso, e per nulla paragonabile a quello sonoro. Come detto prima, le musiche sono decisamente importanti in questo titolo, non solo perché sono l’unica traccia udibile, ma anche perché sono coinvolgenti e meritevoli di essere ascoltate e di farsi accompagnare in questo viaggio. Certamente ne uscirete confusi quanto lo siamo stati noi, ma non per questo apprezzerete meno l’avventura.

Perché giocare ancora oggi a Virginia

Virginia è ancora oggi meritevole della vostra attenzione perché è un indie davvero sconvolgente, soprattutto per chi è alla ricerca di elementi non convenzionali. Un gioco che dimostra una evidente passione per la sregolatezza artistica e per offrirci quasi un’opera d’arte. Qui sta a noi comprendere le intenzioni dell’autore. Questo non significa che non sia stata realizzata con un intento primigenio originale, ma la possibilità di mettere in moto la nostra mente di fronte a un prodotto dal significato non immediato è un’opportunità da non perdere. Il team di sviluppo, ultimamente genitore anche di Last Stop, un videogioco di avventura soprannaturale, ha saputo donarci un lavoro unico e difficilmente ripetibile.

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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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