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Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto, parliamo ancora di Anna Magnani e della sua memorabile interpretazione in Mamma Roma.

Una periferia romana suggestiva ed enigmatica, in cui la desolazione del dopoguerra incontra spinte urbanistiche e architettoniche. Una prostituta che cerca disperatamente di affrancarsi dal proprio protettore e di dedicarsi a un lavoro più soddisfacente. Un giovane cresciuto nell’abbandono e nel sottoproletariato, indissolubilmente legato alla madre ma desideroso di trovare la propria strada, fra primi amori e cattive frequentazioni. È su queste direttrici che si sviluppa Mamma Roma, seconda regia cinematografica di Pier Paolo Pasolini dopo il folgorante esordio Accattone. Un’opera chiaramente figlia del neorealismo, per cui il celebre scrittore, regista e intellettuale fa un’eccezione alla sua regola di lavorare solo con attori non professionisti per scritturare Anna Magnani, autrice di una delle più intense prove della sua straordinaria carriera.

Dopo aver parlato della sua interpretazione da Oscar ne La rosa tatuata nel precedente appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto, ci dedichiamo dunque nuovamente ad Anna Magnani, che nel 1962 in Mamma Roma incarna non solo una donna alla disperata ricerca della felicità e una madre amorevole e appassionata, ma anche lo spirito di un’intera città, in bilico fra miseria e riscatto sociale e alimentata da un’indomabile forza d’animo. Uno dei tanti sontuosi ritratti degli ultimi di Pier Paolo Pasolini, in cui emergono elementi ricorrenti della sua poetica, come le influenze religiose, le contaminazioni pittoriche e il senso di tragicità che incombe sui protagonisti.

Mamma Roma: amore e dissoluzione nel capolavoro di Pier Paolo Pasolini

Mamma Roma

Con la partecipazione alle nozze del suo ex protettore Carmine (Franco Citti), la prostituta Mamma Roma ritiene di essere finalmente pronta per un’esistenza più serena e appagante. Si reca dunque a Guidonia, dove il figlio Ettore (Ettore Garofolo) sta crescendo all’oscuro dell’attività della madre. I due si trasferiscono in un appartamento nella periferia romana, non lontano dal mercato di piazza dove Mamma Roma allestisce un banchetto di verdura grazie ai soldi accumulati con anni di sacrifici. La tranquillità dura poco per entrambi: Ettore si unisce a una compagnia di giovanissimi furfanti e si invaghisce di Bruna (Silvana Corsini), iniziando addirittura a vendere gli oggetti della madre per acquistarle regali; Mamma Roma deve invece fare i conti non solo con le difficoltà del figlio, ma anche col ritorno di Carmine, intenzionato a sfruttarla nuovamente per i suoi loschi scopi.

Come per Accattone, Pier Paolo Pasolini si addentra nella fascia più umile e disagiata della società, alla ricerca di un amaro e allo stesso tempo poetico realismo. Anche se il racconto è intriso di umanità, il bersaglio del regista è sempre e comunque la borghesia, fuori campo ma costantemente presente nella narrazione. È infatti all’ideale borghese che aspira la protagonista, che con una punta di scherno crede ingenuamente di lasciarsi alle spalle il proprio passato per una casa più moderna, un lavoro più socialmente accettabile e un’utopica serena vita familiare. Ma i tentacoli della borghesia abbrancano anche il paesaggio circostante, che diventa un vero e proprio personaggio aggiuntivo. Il regista mette infatti continuamente in scena dei pregevoli campi lunghi, in cui i protagonisti sono dominati da architetture tronfie, che si rivelano immancabilmente inutili cattedrali in un deserto fatto di mestizia e solitudine.

Le figure genitoriali

L’identità di Mamma Roma è sospesa come quella della periferia della capitale, che a sua volta tenta di liberarsi dallo squallore e dalla povertà per inseguire vanamente l’agiatezza del centro città. Attraverso fulgidi momenti di cinema, come i due monologhi di Anna Magnani in una Roma illuminata solo dalle luci dei lampioni care al suo personaggio, assistiamo alla lenta presa di coscienza della protagonista, che nonostante le proprie aspirazioni è condannata a interpretare due soli ruoli nella sua tragedia umana: quello della sempre più rassegnata prostituta e quello della premurosa madre, alla continua ricerca di un aiuto o di un aggancio per mettere il figlio sulla strada giusta. La vita ha però le sue traiettorie, spesso totalmente slegate dai desideri delle persone direttamente interessate. Così Ettore si avvicina a una ragazza più grande di lui, che altro non è che una versione più giovane e incosciente della madre.

Il connubio fra madre e figlio è un elemento chiaramente autobiografico. È infatti noto l’amore di Pasolini per la madre Susanna Maria Colussi, manifesta fonte di ispirazione per la sua intera opera, al punto tale da assegnarle il ruolo della Madonna due anni più tardi ne Il Vangelo secondo Matteo. Altrettanto evidente è l’assenza di figure paterne, anch’essa riconducibile al rapporto tormentato del regista con il padre Carlo Alberto Pasolini, ex militare con un ruolo attivo durante il regime fascista, morto pochi anni prima per una malattia al fegato acuita dal suo alcolismo. Da questo conflittuale legame parentale deriva la negazione dell’ordine e dell’autorità di Pier Paolo Pasolini, evidente anche in Mamma Roma e soprattutto nel tragico epilogo.

L’interpretazione di Anna Magnani

Mamma Roma

Non siamo nella capitale di Roma città aperta (anch’esso con Anna Magnani splendida protagonista), ma in una città se possibile ancora più decadente, in cui la ricostruzione procede di pari passo con la corruzione e con la crescente mortificazione delle classi meno abbienti. Un sistema marcio e iniquo che condiziona inevitabilmente l’esistenza dei personaggi, che pagano sulla propria pelle le colpe della borghesia e dei rispettivi genitori, ritrovandosi intrappolati in un’esistenza ben lontana dalle loro necessità, vittime di un destino ineluttabile nella sua circolarità. «Sul niente non si costruisce niente», mette in bocca Pasolini ai suoi personaggi, rimarcando così questo amaro concetto.

Mamma Roma è ovviamente il cuore emotivo e narrativo del film. Al di là del rispetto reciproco, che non è mai venuto meno, il rapporto fra Anna Magnani e Pier Paolo Pasolini fu tutt’altro che idilliaco. Si è infatti reso necessario un compromesso fra il punto di vista del regista, contrario all’utilizzo di attori professionisti per non porre un filtro fatto di metodo e sovrastrutture sulla spontaneità degli interpreti, e quello di Anna Magnani, che al contrario portava avanti la propria icona cercando le inquadrature più adatte a valorizzare la sua figura e la sua recitazione sanguigna. Il risultato è uno scarto abbastanza netto fra la composizione delle inquadrature con al centro Anna Magnani e le altre.

All’attrice è toccato l’onore delle immagini più ricercate di Tonino Delli Colli, ma anche l’onta di una piccola limitazione alle sue doti attoriali: Pasolini la riprende infatti spesso in campo medio, tagliando così fuori dall’inquadratura le sue mani e la sua tendenza a gesticolare per dare enfasi alle emozioni e al carattere del proprio personaggio.

Mamma Roma e la religione

Mamma Roma

Doverosa una menzione per le suggestioni religiose all’interno di Mamma Roma, sempre presenti nell’opera di Pier Paolo Pasolini nonostante lui stesso si sia dichiarato “razionalmente ateo e anticlericale”. In particolare, la figura di Ettore, giovane costretto ad affrontare “tutta la cattiveria del mondo”, contiene svariati riferimenti alla religione. La madre cerca vanamente di tenerlo lontano dai guai infondendogli una morale tipicamente cattolica e reazionaria («A carogna, che sei de’ sinistra? Guarda che mica annamo d’accordo, sa’ se te metti a fà er compagno!»), ma lui preferisce circondarsi della compagnia di aspiranti galeotti e di una ragazza che è facile associare alla figura di Maria Maddalena.

Ma i riferimenti cristologici sono espliciti anche nelle parole del ragazzo, che rinnega più volte l’amore per la madre come Giuda fa con Gesù, oltre che nelle sequenze che aprono e chiudono Mamma Roma. Nella prima scena fa infatti bella mostra di sé una tavola apparecchiata e inquadrata da posizione frontale, che rimanda all’ultima cena e diventa di fatto anche presagio di sventura, nonostante il brio conferito alla sequenza dalla stessa Anna Magnani e dai suoi sfottò canori al protettore della protagonista. Poco prima di perire, vediamo Ettore esanime sul tavolo, in un’inquadratura che molti hanno associato al celeberrimo Cristo morto di Mantegna, nonostante la secca smentita in proposito dello stesso Pasolini.

Il finale di Mamma Roma

La pittura e la letteratura non sono le uniche arti che abitano Mamma Roma. I momenti di maggiore lirismo sono accompagnati dalle inconfondibili musiche di Antonio Vivaldi, mentre Violino tzigano costituisce il collante del rapporto fra madre e figlio, com’è evidente soprattutto nella scena del loro dolce e struggente ballo, uno dei pochi momenti felici prima di un’infinita serie di cadute e disgrazie.

L’atmosfera lugubre e mortuaria di Mamma Roma trova il proprio apice nel già accennato epilogo, in linea con quello di Accattone. Dopo un tentativo di furto in un ospedale in cui compare il Lamberto Maggiorani di Ladri di biciclette (altro manifesto omaggio al neorealismo), Ettore viene arrestato. In carcere le sue precarie condizioni di salute peggiorano velocemente e in breve tempo spira, dedicando i suoi ultimi pensieri alla madre. La precipitosa corsa in ospedale di Mamma Roma è tanto inutile quanto straziante. I presenti evitano che la donna si tolga la vita gettandosi dalla finestra; non le rimane quindi che un ultimo raggelante sguardo in direzione della Basilica di San Giovanni Bosco, allora in costruzione. L’emblema di un riscatto impossibile, il simulacro di una società che edifica monumenti sulle sue macerie spirituali e morali.

Il lascito di Mamma Roma

Mamma Roma

Non c’è né conforto né amore nello sguardo in lontananza della protagonista, ma solo la triste consapevolezza che ciò che le ha portato via suo figlio è sempre stato lì, intorno a lei. Non c’è possibilità di redenzione o resurrezione in questa sinistra periferia, in cui ogni persona è vittima e allo stesso tempo carnefice di se stessa. Restano solo lo sconforto e il dolore, che dopo più di 60 anni risuonano più forte che mai.

Mamma Roma

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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