Era il 1998 quando Max e Douglas si sono conosciuti durante gli studi di fotografia allo IED di Milano. Da quel momento ne è passata di acqua sotto i ponti e soprattutto abbiamo ed hanno vissuto diversi stravolgimenti nel mondo della fotografia e dell’editoria. Insieme con il nome max&douglas, tanto semplice quanto ormai iconico, hanno vissuto i cambiamenti di tecniche e tecnologie ma non solo, riuscendo sempre ad adattarsi ai diversi contesti sia della fotografia commerciale che di quella editoriale. Oggi, max&douglas sono Hasselblad Ambassador.
Il loro inizio è stato segnato dalla tecnica della luce pennellata, una tecnica utilizzata in diversi generi ma non tanto per la ritrattistica. È stato proprio la realizzazione di un portfolio con dei ritratti realizzati con questa tecnica ha lanciare max&douglas. Sono riusciti a crearsi un proprio stile riconoscibile e innovativo, che ha attratto sin da subito le più importanti agenzie. La loro capacità di leggere le evoluzioni di questo mondo, gli ha permesso di rimanere sulla cresta dell’onda in questi venti anni, portando a casa sempre più campagne pubblicitarie, copertine ed editoriali per le più importanti riviste italiane ma non solo.
Il vostro inizio è stato caratterizzato dalla tecnica della luce pennellata, ma che cos’è esattamente e perché vi ha incuriosito così tanto?
Il light Painting è una tecnica che consiste nello scattare completamente al buio con l’otturatore aperto ed illuminando soggetti e scena con torce e piccoli flash portatili, letteralmente dipingendo con la luce. Era (ed è tutt’ora) magica; riporta alla definizione letterale di foto-grafia, scrivere con la luce.
Cosa ha significato per voi l’avvento della fotografia digitale?
È stato tutto molto veloce e sinceramente ha portato anche molte difficoltà. Ci ha costretti a reinventarci dal punto di vista tecnico per cercare di avere una continuità stilistica.
Cosa c’è dietro ogni ritratto e come preparate uno shooting? È cambiato qualcosa nel vostro modo di approcciare ad uno scatto nel corso degli anni?
Si, è cambiato molto. Perché all’inizio la nostra priorità era la “scenografia”, l’ambiente con l’illuminazione spettacolare data dalla pennellata; il soggetto era quasi secondario. Ora la cosa è completamente stravolta: il focus è sulla persona ritratta, sull’espressività, la gestualità. lo sguardo. La preparazione prevede sempre uno studio del personaggio (soprattutto nel caso fosse a noi sconosciuto) soprattutto per capire che tipo di immagini ci sono in giro ed il confronto delle idee tra noi.
La fotografia è fatta di storia, di canoni e di regole, a volte anche da infrangere, ma fondamentali per raggiungere determinati obiettivi. Voi avete avuto dei modelli che vi hanno ispirato? E quanta ricerca c’è ancora oggi nel vostro quotidiano?
Una base di ciò che è successo in passato è FONDAMENTALE, come in tutte le cose. Conoscere i grandi ritrattisti come Richard Avedon, Anton Corbijn, Platon, Annie Leibovitz, per citarne solo alcuni e tra i più noti, analizzare i loro scatti e, perché no, farsi anche influenzare. Serve a capire cosa è più affine a noi e ad iniziare a definire il proprio modo di vedere il mondo e raccontare storie. Per quanto riguarda noi, ci teniamo comunque aggiornati costantemente su quanto succede nel mondo dell’immagine. E ogni tanto “rispulciare” il passato aiuta ancora.
Siete partiti che eravate degli studenti dello IED di Milano e oggi insegnate lì: cosa è importante riuscire a trasmettere ai giovani aspiranti fotografi, oltre alla tecnica?
Nei nostri corsi non affrontiamo mai la tecnica. Diamo per scontato che sia una cosa acquisita; in fin dei conti si tratta di 4 cose che si imparano in una settimana. La differenza la fa la pratica. Per questo insistiamo sempre con gli alunni sul fatto che bisogna scattare migliaia e migliaia di immagini per acquisire quella consapevolezza che (purtroppo o fortunatamente) è la cosa che manca nella maggior parte dei nuovi “photographers”…
Oggi la comunicazione si basa sulle immagini e i social network, Instagram su tutti, veicolano ogni tipo di messaggio sotto forma di fotografia. Cosa significa questo per un fotografo? E come state vivendo questa nuova epoca per la fotografia?
Stiamo vivendo un epoca paradossale: la fotografia è il mezzo più utilizzato da chiunque, in ogni paese, in ogni strato sociale. Si potrebbe definire quasi un’epoca “d’oro” per la fotografia che è diventata iper-democratica. Peccato, però, che la qualità non sia andata e non vada ancora di pari passo con questa produzione impressionante. Il risultato è che la gente (e purtroppo anche i clienti) ha imparato ad accontentarsi e questo è un male per tutti. Però confidiamo nel futuro. I segnali ci sono.
Il nostro incontro di oggi con max&douglas non è solo per parlare di loro e del loro lavoro, ma anche per parlare di futuro. E di un futuro insieme, tra l’altro. Infatti, saranno sempre più coinvolti sulle pagine di Tech Princess.
Cosa potete offrire ai nostri lettori e cosa pensate possa portare a voi questa nuova sfida?
Questa nuova collaborazione ha tutte le premesse per dimostrarsi vantaggiosa. Per un semplice motivo: l’aspetto tecnologico è inscindibile dalla fotografia come mezzo espressivo. È sempre stato così. Anche nell’era analogica pensate a quanto si siano evolute le macchine fotografiche. Ora il mondo produttivo punta sugli smartphone, che sono diventati più delle “fotocamere che telefonano” che viceversa. In questo contesto vogliamo portare quella consapevolezza di cui si parlava prima, avvicinare le persone che li utilizzeranno alla cultura dell’immagine e, perché no, dimostrare che “il miglior smartphone per fare foto è quello usato da chi conosce la fotografia” (cit.).
E il futuro con noi di TechPrincess inizia da domani (16 marzo), quando partirà il nostro gioco fotografico che ci farà compagnia fino alla fine di questo periodo di quarantena. Nelle prossime tre settimane, infatti, vi chiederemo di mettervi alla prova su 4 diversi temi con delle immagini da scattare tra le mura di casa. Ma non voglio svelare troppo, quindi dovrete attendere domani mattina per tutti i dettagli.
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