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The Palace: la nostra intervista al cast del film di Roman Polanski

Abbiamo avuto l’occasione di parlare del film con Fanny Ardant, Oliver Masucci, Milan Peschel e Fortunato Cerlino che ci hanno raccontato com’è stato lavorare con Polanski e cosa significa aver vissuto la fine del secolo. 

Il nuovo film di Roman Polanski, The Palace, già nelle sale dal 28 settembre distribuito da 01 Distribution, è una commedia nera e grottesca ambientata in un hotel di lusso in Svizzera, dove si intrecciano le vicende di una serie di personaggi eccentrici e corrotti. Il film si ispira al cinema di Lubitsch e Polanski stesso, ma anche al trash più sfrenato.

La notte di Capodanno del 1999 è quella in cui il mondo teme il Millennium bug e la Russia cambia presidente. In questa notte storica, al Palace Hotel di Gstaad, si ritrovano ospiti illustri e influenti, che possono cambiare le sorti dell’economia mondiale. Ma sono anche ospiti ridicoli e depravati, che si comportano come dei veri e propri mostri.

Tra loro ci sono Bill Crush (Mickey Rourke), un americano senza scrupoli, Arthur William Dallas III (John Cleese), un anziano marito tradito dalla giovane moglie, La Marchesa (Fanny Ardant), una nobildonna con un cagnolino malato e Bongo (Luca Barbareschi, anche produttore), un attore famoso per le sue doti fisiche. Tutti questi personaggi si trovano coinvolti in una serie di situazioni esilaranti e assurde, che culminano con la mezzanotte del nuovo millennio.

Roman Polanski, a 88 anni e sempre perseguitato dai suoi problemi legali, realizza un film che è una satira feroce e ironica dei ricchi e dei potenti, che vivono in una bolla dorata e decadente, lontani dalla realtà. Con uno stile che richiama sia la commedia sofisticata di Ernst Lubitsch sia il grottesco politico di Ruben Östlund, ma anche il suo stesso cinema claustrofobico e horror (da Rosemary’s Baby a La morte e la fanciulla), Polanski dipinge un quadro impietoso dell’alta borghesia, che si rivela essere una collezione di carcasse umane, sfigurate dalla vecchiaia, dai vizi e dalla chirurgia estetica. Persone che non hanno alcun rispetto per la vita umana, che sono disposte a tutto per il denaro e il potere e che non si rendono conto del fallimento della loro esistenza.

Abbiamo avuto l’occasione di parlare del film (qui la nostra recensione da Venezia) con Fanny Ardant, Oliver Masucci, Milan Peschel e Fortunato Cerlino che ci hanno raccontato com’è stato lavorare con Polanski e cosa significa aver vissuto la fine del secolo. 

The Palace: la nuova commedia grottesca di Roman Polanski che si fa beffe dei ricchi e dei potenti

The Palace 2

The Palace: la nostra intervista al cast del film di Roman Polanski

Quanto è d’accordo con la visione di Polanski?

Fanny Ardant: “Io ho una visione pessimistica del mondo però non ho una visione pessimistica dell’uomo. Nella storia del mondo ci sono sempre state delle tragedie: la cosa che può rimanere intatta è che un essere umano può alzarsi e dire no. Mi piace che la libertà interiore dell’essere umano sia imbattibile. Nel film non c’è nessuna posizione politica. Per me era appassionante l’inizio del ventesimo secolo perché la gente pensava in un altro modo”. 

Qual è la cosa che le fa più paura? 

“L’avidità. La cupidità. Volere sempre di più. Il mondo si impoverisce e la parte ricca rimane la stessa”. 

Tu sei stata coraggiosa perché la tua famiglia non voleva che facessi l’attrice. 

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“No, non volevano perché mi amavano. Penso che i genitori vogliano proteggere i figli perché il mondo del cinema è un mondo che scivola, senza nessun punto sicuro. Mi ricordo che grazie a loro ho studiato all’università perché loro pensavano che fosse un capriccio. Come una persona che dice che vuole essere un astronauta o un presidente della repubblica. Niente mi aveva predisposto ad essere attrice perché nessuno era così nella mia famiglia”. 

In Italia molte attrici affermano che per loro è difficile ottenere dei ruoli importanti. È cosi anche in Francia? 

“No, Penso che la Francia abbia una tradizione in questo senso. Se tu guardi alla letteratura francese, i grandi registi francesi hanno sempre messo la donna al centro della storia, che sia per il dolore, per le ambizioni, come Madame de La Fayette. La gente ha sempre parlato delle donne, donne giovani, donne che invecchiano, donne che non hanno più amore, ambiziose. Mi ricordo della Marchesa de Merteuil: era rivoluzionario mostrare una donna come lei”. 

Qual è il personaggio a cui sei rimasta più legata nella tua carriera? 

“Ho amato quasi tutte le donne che ho recitato. Sono stata molto influenzata dalle grandi eroine greche, erano degli esempi per me, nel bene e nel male. Non mi è mai interessata Madame perfetta, ho sempre amato le donne come Medea, come Cassandra, come Clitennestra. Le donne che forse non piacevano agli uomini, erano pericolose, intelligenti, arrabbiate. I greci hanno scritto delle personagge incredibili”. 

Che consigli le ha dato Polanski? Si è ispirata a una persona in particolare per interpretare il suo ruolo? 

“No, sempre partendo da questo gruppo sociale, di persone perbeniste e ricche: il mio personaggio era proprio dell’aristocrazia francese, non era una nuova ricca, una marchesa, però con la sua follia dolce. La cosa che amavo di Roman è che si attaccava a dei particolari, quei particolari che facevano funzionare tutto il resto, un particolare nel vestito, un particolare nel pronunciare una parola, un sorriso, e lui amava molto anche quando una scena veniva improvvisata. 

Ho conosciuto Roman perché anni fa mi aveva diretta sul palcoscenico, in teatro, conoscevo benissimo il suo modo di fare, diretto, attivo, vivo, categorico. Poteva curare una cosa del vestito, poteva curare un gesto, lui aveva fatto tutti i mestieri del teatro, dall’elettricista, attrezzista, conosceva tutto del set: è un uomo veramente appassionato. Si interessa su tutto, non ha mai paura di essere esagerato, si butta, per questo ha un grande fascino. Anche perché quando ti parla parte dal punto di vista che tu sei intelligente. Anche di Franco Zeffirelli ho amato la sua grande intelligenza: quando ho recitato Maria Callas mi dicevo, “posso essere ridicola”, ma mi affidavo alla sua visione, perché era come lui l’aveva conosciuta e l’aveva diretta. Mi sentivo protetta”. 

The Palace 4

The Palace: “Un film che ama la complessità”

Come avete vissuto la fine del secolo? Pensate che ci troviamo in una situazione analoga a quella dei personaggi che avete interpretato? 

Oliver Masucci: “In realtà quando c’è stato il passaggio della fine del secolo io mi trovato ad Amburgo in quel momento ci sono state talmente tante esplosioni, fuochi d’artificio, razzi, quindi ho pensato “ok allora torno a casa e mi metto a dormire”. Ed è cosi che ho vissuto la mia fine del secolo. Certo, come diciamo in questo film c’è la fine, la fine in certo senso delle vecchie generazioni però non è la fine del mondo”. 

Milan Peschel: “Se mi chiedi cosa ho fatto quando è caduto il Muro di Berlino mi ricordo perfettamente quel momento del 1989, mentre il capodanno del 1999 non lo so, molto probabilmente sono stato a casa anche perché era nato il mio primo figlio”.

Fortunato Cerlino: “In questo film Polanski è stato attento a rappresentare tutti i livelli della società: dà attenzioni ai camerieri, a tutti i vari livelli, da quelli popolari, a quelli che avrebbero creato il destino del mondo. Tutto parte da lì, dalla fine del millennio ed è un po’ come se fosse deflagrato dal quel momento: all’inizio del film viene rimarcato come in quell’albergo c’era proprio le persone che avrebbe condizionato il destino del mondo. Per questo confondere questo film con una semplice commedia significa non avere la capacità di leggerlo. Polanski ha inserito Putin nel film quando ancora non era scoppiata la guerra, anche perché la sceneggiatura è stata scritta molti anni fa, quindi Polanski ha visto quello che stava accadendo. 

Il mio personaggio è un uomo che sta nel mezzo, è sulla porta, è un personaggio di soglia. Anche io ho lavorato come cameriere negli alberghi quando ero ragazzino, ed è tutto vero quello che succede. Un uomo che si rapporta con questi mostri deve avere una grande personalità e capacità di interloquire con diverse persone, e una grande sensibilità.

È un film che ama la complessità. Polanski riesce a leggere in maniera semplice la complessità e questo è il segno dei grandi maestri“. 

The palace è al cinema dal 28 settembre distribuito da 01 Distribution.

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Lucia Tedesco

Giornalista, femminista, critica cinematografica e soprattutto direttrice di TechPrincess, con passione ed entusiasmo. È la storia, non chi la racconta.

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