Money Shot: la storia di Pornhub, com’è il documentario Netflix

Come tutte le trasgressioni, anche il porno nel giro di pochi anni si è trasformato da depravazione intollerabile a pratica sempre più comune e accettata, diventando inoltre uno strumento di reddito e sostentamento per un numero crescente di sex worker. Un cammino irto di ostacoli, in cui ha giocato un ruolo fondamentale la crescente diffusione di Internet, far west capace di demolire regole e schemi consolidati e di creare al tempo stesso nuovi equilibri. I sistemi peer-to-peer hanno così ceduto progressivamente spazio e utenti a portali ben strutturati e organizzati, come il celeberrimo Pornhub, di proprietà dell’azienda canadese MindGeek. Proprio a quest’ultimo è dedicato Money Shot: la storia di Pornhub, documentario di Suzanne Hillinger disponibile da oggi su Netflix.

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Una storia fatta di prodigiose ascese e di brusche battute d’arresto, di travolgenti successi e di rovinosi scandali. Contraddizioni causate dalla stessa natura dalla pornografia, che si differenzia dall’abuso e dallo sfruttamento sessuale per una semplice ma fondamentale parola, ovvero consenso. Money Shot: la storia di Pornhub si prefigge il non facile obiettivo di essere al tempo stesso esplicativo e riflessivo, progressista e moralizzatore, mostrando sia le luci che le tante ombre di un portale capace di guadagnare miliardi di dollari con un business costantemente in bilico sulla legalità. Come pregevolmente descritto nell’articolo del New York Times The Children of Pornhub, fra i tanti video che quotidianamente vengono caricati su Pornhub si celano infatti anche stupri, pedopornografia e prestazioni sessuali ottenute attraverso pesanti coercizioni, che si trasformano in fonte di intrattenimento per milioni di utenti più o meno inconsapevoli e in strumento di profitto per il portale.

Money Shot: la storia di Pornhub, cronaca di un problema difficilmente risolvibile

Money Shot: la storia di Pornhub analizza nel dettaglio la repentina crescita di Pornhub, soffermandosi sul complesso e sfaccettato percorso dell’azienda e sul cangiante panorama della pornografia. Suzanne Hillinger si ritrova così ben presto circondata da diversi fuochi, come ex dipendenti pronti a raccontare con dovizia di particolari le pratiche di indicizzazione e ottimizzazione per i motori di ricerca, o personalità del calibro di Asa Akira, Siri Dahl, Natassia Dreams e Gwen Adora, interessate invece a spiegare come la pornografia per loro si sia trasformata in fonte del tutto legittima e legale di reddito. La parola passa inoltre alle vittime del sistema anarchico ed eccessivamente deregolamentato di Pornhub, che consente a chiunque di condividere con estrema facilità video pornografici, costringendo le vittime di abusi sessuali a una vera e propria odissea amministrativa e burocratica per la rimozione del materiale illecito.

Nonostante gli sforzi, Money Shot: la storia di Pornhub finisce per scontrarsi con le stesse problematiche dei vari portali pornografici, difficilmente risolvibili. Il documentario mostra infatti come una politica volta a tutelare totalmente le persone protagoniste dei video sia difficilmente attuabile dai portali, in quanto economicamente non sostenibile. Allo stesso tempo, Suzanne Hillinger mostra senza indugi o tentennamenti gli ingenti danni psicologici e sociali causati a migliaia di persone, vittime di abusi o di divulgazione illecita di filmati intimi e privati. In mezzo, le diverse tipologie di sex worker e performer, in cerca solo di una piattaforma legale ed efficace su cui svolgere il loro lavoro. Punti di vista difficilmente conciliabili, che evidenziano l’incertezza alla base di Money Shot: la storia di Pornhub, incapace di prendere una posizione netta sugli eventi, soprattutto dal punto di vista morale.

Il presente e il futuro della pornografia online

«Se pensi che Pornhub sia cattivo, odierai DAVVERO dove andranno le persone se verrà chiuso», si legge in un tweet nel corso del documentario. Una considerazione troppo indulgente nei confronti del portale al centro del documentario, ma che ha comunque il merito di evidenziare le criticità di un sistema lontano da un accettabile equilibrio etico ed economico.

Dopo le polemiche scaturite dal già citato articolo del New York Times, Pornhub ha subito un’ondata di sdegno generale, che ha portato alla chiusura delle collaborazioni con diversi sistemi di pagamento, al ban più o meno esplicito da diversi social network e alla migrazione di sex worker verso altre piattaforme, come OnlyFans. Una reazione forte a pratiche commerciali ciniche e poco rispettose, che tuttavia non ha arrestato la condivisione di materiale illecito e non consensuale, favorendo anzi i bigotti rigurgiti dei gruppi religiosi più estremisti, sempre pronti a limitare la libertà altrui in nome di anacronistici codici morali.

Resta quindi la sensazione che la pornografia online, come i social network e tanti altri risvolti della nostra vita digitale, debba ancora fare molta strada prima di diventare un ambiente sano, libero ed economicamente sostenibile per i creatori e le creatrici di contenuti. Un cammino su cui Money Shot: la storia di Pornhub cerca di fare luce, lasciandoci però con molte più domande che risposte.

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