Sono stati 20 anni incredibilmente frenetici per l’industria discografica. Dalla pirateria dei primi anni 2000, alla nascita delle prime piattaforme di musica in streaming legale, si è arrivati nel 2022 ad una consapevolezza diversa, tanto negli utenti quanto in chi la musica la distribuisce.
Per fotografare lo stato di salute del settore nel 2022, IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) ha commissionato una ricerca. Questa, svolta da AudienceNet, ha coinvolto 44,000 persone di età compresa tra i 16 e 44 anni in 22 Paesi del mondo, tra cui anche l’Italia. Il risultato è un report chiamato Engaging with music che, come suggerisce il nome, indaga l’interazione tra l’ascoltatore e la musica stessa.
Nel Belpaese, in particolare, è FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) a riportarci i trend di mercato. I risultati sono incredibilmente incoraggianti, con una piccola ma sostanziale riscoperta anche per quanto riguarda il mercato delle copie fisiche.
Nel mondo: sempre più utenti disposti a sottoscrivere abbonamenti per musica in streaming
A livello mondiale il report conferma, che nel 2022, gli ascoltatori interagiscono con la musica principalmente attraverso le piattaforme streaming a pagamento. Il 24% degli intervistati riferisce di aver sottoscritto un abbonamento Premium, mentre solo l’8% afferma di utilizzare servizi gratuiti con pubblicità. Nel mezzo ci sono le piattaforme video, come YouTube, utilizzate per ascoltare e scorprire musica dal 19% degli utenti. Resiste con il 17% la radio, complice anche l’evoluzione digitale degli ultimi anni.
E sui social? Per il 5% dei rispondenti Facebook, Instagram e TikTok sono un mezzo importante per scoprire e ascoltare musica. Ma il vero trend social dell’ultimo anno sono stati sicuramente gli short video, nati su TikTok ed esplosi su Instagram (con i Reels) e YouTube (con YouTube Shorts). Un formato fluido e veloce che però riesce a coinvolgere anche la musica: l’8% degli utenti ha affermato di utilizzare gli short video per scoprire e ascoltare musica.
Resiste il formato fisico, che di certo assume un ruolo diverso nella vita dell’ascoltatore. Il 10% degli intervistati afferma di acquistare regolarmente musica fisica, in vinile o in CD. Si tratta sempre più un feticcio per fan di un artista, oltre che di un elemento imprescindibile per i collezionisti. Ad ogni modo il dato è lampante: il supporto fisico non è morto, anzi sembra destinato a restare.
Più in generale, sempre a livello globale rispetto al 2022, gli utenti ascoltano in media 20.1 ore di musica a settimana (nel 2021 la media settimanale era di 18.4 ore). Per il 69% degli ascoltatori la musica è un elemento fondamentale per il benessere mentale.
Sono i giovani a spendere di più per la musica digitale
Le motivazioni principali che spingono gli utenti a sottoscrivere abbonamenti per servizi musicali sono l’assenza di interruzioni pubblicitarie e la possibilità di fruire senza restrizioni di cataloghi illimitati. Resta quindi sottovalutata la questione qualità di riproduzione, che non sembra essere un elemento discriminante nella scelta tra piano gratuito e premium.
Dal punto di vista demografico sono i giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni (56%) a spendere di più per gli abbonamenti. Seguono le fasce 16/24 (54%), 35/44 (44%) e 45/54 (36%). Non stupisce che il dato sia relativamente basso per gli over 55: solo il 26% di ascoltatori tra i 55 e i 64 anni ha affermato di avere un abbonamento attivo ad una piattaforma di streaming.
A guidare la classifica dei Paesi con più sottoscrizioni è la Svezia che, non a caso, è la patria di Spotify. Il 56% degli intervistati svedesi afferma di avere almeno un abbonamento attivo ad una piattaforma di streaming. Poco dietro troviamo UK e USA, dove il mercato musicale ha un certo peso specifico, rispettivamente con il 52% e il 51%. Bene anche Germania (51%) e Messico (50%). Non rientra nella top 5 l’Italia, dove la percentuale è ferma al 39%.
E in Italia? Il 2022 della musica in streaming (e non)
Stando ai dati della ricerca condivisi da FIMI, nel 2022 anche gli italiani ascoltano più musica rispetto agli scorsi anni. La media settimanale è ora di 20.5 ore di riproduzione (+1.4 rispetto al 2021). Anche nel nostro Paese è elevato il dato relativo al benessere della fruizione musicale: il 61% degli ascoltatori ritiene che l’ascolto di musica sia fondamentale per la salute mentale.
Sono diversi però i trend di ascolto. In Italia gli utenti interagiscono con la musica principalmente attraverso le piattaforme video (20%) e radio (20%). Solo il 15% si avvicina alla musica attraverso abbonamenti per servizi streaming e ancor meno utilizzando piattaforme streaming con pubblicità (12%). L’acquisto di musica (sia fisica che digitale) è però al 12%, il che è un dato decisamente incoraggiante.
A proposito di acquisti: il 23% degli intervistati afferma di aver acquistato almeno un supporto fisico nell’ultimo mese. Di questi il 14% ha acquistato un CD e il 9% un vinile.
I giovani italiani amano la musica rap, gli over 55 i cantautori
Anche in Italia il trend di spesa è guidato dai giovani, con un’età media più bassa rispetto ai dati globali. A guidare la percentuale di utenti che sottoscrivono piani premium sono gli appartenenti alla fascia di età 16/24 anni (52%).
Cambiano le età e cambiano, oltre alle abitudini di ascolto, anche i gusti. Forse nel 2022 parlare di generi musicali non ha troppo senso, ma volendo stabilire dei confini più o meno mobili potremmo dire che è il Pop italiano a dominare nel Belpaese, anche più di quello internazionale. I generi più ascoltati in Italia sono:
- Pop Italiano (50%), con picchi nella fascia di età 55/64 (54%)
- Pop internazionale (48%), prediletto da ascoltatori tra i 25 e i 34 anni (55%)
- Rock (45%), amato dalla fascia 45/54 (51%)
- Cantautorato (33%), picco nella fascia 55/64 (44%) ma decisamente più basso tra i giovani tra i 16 e i 24 anni (23%)
- Dance music (25%), prediletta dagli ascoltatori tra i 25 e i 34 anni (34%)
- Rap Italiano (24%), preferito dalla fascia 16-24 (43%), che però ha poco appeal per gli ascoltatori tra 55 e 64 anni (12%)
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