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Plan 9 from Outer Space di Edward D. Wood Jr. – Il filo nascosto

Dopo il film di Tim Burton a lui dedicato, parliamo ancora di Ed Wood e del suo famigerato Plan 9 from Outer Space.

«Se pensi che una cosa sia brutta, guarda meglio. La bruttezza è solo un fallimento del vedere», scrive Matt Haig nel suo Gli umani. Un concetto che dovremmo tenere a mente nell’approcciarci a Edward D. Wood Jr. e al suo Plan 9 from Outer Space, noto per l’immeritata nomea di “peggior film di tutti i tempi”. Uno status guadagnato grazie soprattutto ai critici Michael e Harry Medved, che nel 1980 ne loro libro Golden Turkey Awards tributarono questo poco ambito riconoscimento proprio a Ed Wood (scomparso due anni prima) e alla sua opera più celebre, distribuita nelle sale cinematografiche nel 1959, al termine di un percorso produttivo decisamente complesso.

L’inizio di un percorso collettivo di riscoperta di un autore bizzarro e fuori dagli schemi, culminato nel 1994 con l’uscita del film di Tim Burton Ed Wood, a cui abbiamo dedicato il precedente appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto. Da cantore dei freak e degli emarginati, in quest’opera Burton dedica ampio spazio proprio all’ormai leggendaria lavorazione di Plan 9 from Outer Space, che ancora oggi è in grado di ipnotizzarci per il suo sfrontato dilettantismo, per le sue ridicole scenografie e per dialoghi al limite del demenziale, ma anche per una fanciullesca e sincera devozione alla fantasia e alle storie.

Plan 9 from Outer Space: il sublime disastro di Ed Wood

Plan 9 From Outer Space

Doveroso spendere qualche parola sulla genesi di Plan 9 from Outer Space, brillantemente narrata da Burton nel suo film. Dopo un fortuito incontro con l’ormai dimenticato e gravemente malato Bela Lugosi (indimenticabile interprete del primo Dracula sul grande schermo), Ed Wood riesce a coinvolgere colui che ai suoi occhi è un vero e proprio mito nella lavorazione dei film Glen or Glenda e La sposa del mostro, B-movie stroncati e derisi sia dal pubblico che dalla critica. Non pago di questi fiaschi, Ed Wood comincia a lavorare a un nuovo film a tema vampiresco, incentrato proprio sull’attore di origini ungheresi. A causa dei suoi problemi di droga e di una situazione economica catastrofica, che gli impedisce di accedere alle necessarie cure, Bela Lugosi riesce però a girare solo una manciata di sequenze prima di morire.

Un girato insufficiente per chiunque ma non per Ed Wood, che col fine di onorare la memoria dell’amico scomparso e di commercializzare il girato come “ultimo film di Bela Lugosi” si mette al lavoro sulla strampalata sceneggiatura di Grave Robbers from Outer Space, che per venire incontro alla rigida moralità dei finanziatori (i membri di una Chiesa Battista in cerca di incassi facili per una serie di film a tema ecclesiastico) diverrà poi Plan 9 from Outer Space. Per la folle e allo stesso tempo creativa mente di Ed Wood, neanche la morte di Lugosi è un problema insuperabile: per girare le scene aggiuntive viene infatti ingaggiato il chiropratico di sua moglie Tom Mason, che però non somiglia minimamente al celebre attore defunto.

Il regista è però un maestro delle soluzioni semplici a problemi complessi, così Mason recita per tutto il film nella parte di una sorta di vampiro-zombie, con un mantello a coprire il suo volto nel tragicomico tentativo di tenere nascosto l’inganno.

Plan 9 from Outer Space e i suoi spassosi protagonisti

Plan 9 from Outer Space

L’avvicendamento fra Mason e Lugosi è però solo l’elemento più lampante di un progetto adorabilmente sgangherato, che fonde con ammirevole nonchalance invasioni aliene, famelici zombie, suggestioni nucleari e materiali di archivio bellici recuperati chissà dove. L’irresistibile trama verte su un’imperscrutabile popolazione aliena che, nell’intento di evitare ai terrestri di autodistruggersi con le bombe atomiche, mettono in atto il cosiddetto Piano 9, incentrato sulla conquista del pianeta attraverso orde di morti opportunamente risorti dalle loro tombe. Con il passare dei minuti, tutto ciò diventa però solo un fragilissimo collante a una serie di situazioni involontariamente comiche, favorite dall’amatorialità e dalla sciatteria dell’intera operazione.

In un crescendo di assurdità e nonsense, sullo schermo scorrono inquadrature palesemente sbagliate, improvvisi salti dal giorno alla notte, microfoni in scena, sgabuzzini utilizzati come cabina di pilotaggio di un aereo, tende sfruttate per diversi fini scenografici e, dulcis in fundo, piatti trasformati in astronavi sospese nel vuoto grazie al plateale ausilio di un filo. Ad accentuare l’atmosfera dilettantesca ci sono poi dialoghi a dir poco sconclusionati (“Non ho mai sentito un metallo suonare in questo modo“), scenografie di cartapesta e la sfilata di personaggi folkloristici che contraddistingue ogni film di Ed Wood. Sullo schermo si avvicendano il wrestler Tor Johnson, la visibilmente disgustata Maila Nurmi (la celebre Vampira televisiva) e il sedicente sensitivo Criswell, a cui è affidato l’onore di aprire e chiudere Plan 9 from Outer Space con due stranianti discorsi rivolti direttamente al pubblico.

Schegge impazzite all’interno di una narrazione che si fa beffe di qualsiasi regola di scrittura e buon gusto, saltando ripetutamente di palo in frasca con la scriteriata mente di Ed Wood a fare da unico filo conduttore.

Incapacità e passione

Anche se si è visto e si continuerà a vedere ben di peggio, dal punto di vista squisitamente tecnico Plan 9 from Outer Space rispetta pienamente la sua pessima fama, sfruttando nella maniera peggiore possibile un budget sufficiente a malapena per una recita parrocchiale e un comparto attoriale non esattamente in stato di grazie. Non siamo certo qui per rivalutare la competenza tecnica di Ed Wood, ma come critici o semplici appassionati abbiamo comunque il dovere morale di provare a spingerci oltre e di guardare da un’altra prospettiva questo sghembo e bislacco esperimento cinematografico, in modo da non cadere nel fallimento del vedere a cui abbiamo accennato in apertura.

Nell’approccio sovversivo e fieramente libero di Ed Wood risiede una qualità sempre più rara nel panorama dell’intrattenimento contemporaneo, ovvero una sfrenata ambizione, scevra da qualsiasi compromesso tecnico e narrativo. Sulla carta, Plan 9 from Outer Space è un film pressoché irrealizzabile persino oggi, anche con un ampio budget. Da artista ben lontano dalla perfezione, ma fieramente anti-sistema, Ed Wood è ancora oggi uno dei più apprezzabili esempi di vera e propria ribellione alla macchina dei sogni hollywoodiana. Un uomo capace di sacrificare letteralmente la sua intera vita all’inseguimento di opere totalmente in contrasto con qualsiasi canone estetico e con le mutevoli mode del momento, fra le cui pieghe riusciamo però a scorgere spunti queer autobiografici (il travestitismo e la transessualità alla base di Glen or Glenda) e appassionati quanto imperfetti omaggi alla storia del cinema di genere (il Dr. Eric Vornoff di Bela Lugosi ne La sposa del mostro).

Plan 9 from Outer Space e l’omaggio a Bela Lugosi

Plan 9 from Outer Space

Abituati alla standardizzazione e dalla mancanza di rischio nell’audiovisivo odierno, è facile rimanere ammaliati da una messa in scena così concettualmente sbagliata da diventare sorprendentemente suggestiva, nonché alimentata da alcuni spunti tematici tanto triviali quanto in anticipo sui tempi (si pensi ai ripetuti accenni alle cospirazioni governative legate agli UFO, più di 30 anni prima di X-Files).

Plan 9 from Outer Space contiene inoltre una delle più toccanti e appassionate riflessioni sulla decadenza delle icone hollywoodiane, sapientemente sottolineata anche da Burton nel suo Ed Wood. Ci riferiamo ovviamente alla breve apparizione di Bela Lugosi, che ormai claudicante viene rappresentato dal regista impegnato in un gesto semplice come quello di ammirare un fiore, con la voce narrante intenta a sottolineare la malinconia di questa situazione.

«Il dolore per la morte di sua moglie divenne un’agonia sempre più grande. La casa che avevano così a lungo condiviso divenne una tomba. Un dolce ricordo della loro vita felice. Il cielo che lei guardava un tempo era ora solo una coperta sul suo corpo morto. I fiori bellissimi che aveva piantato con le sue stesse mani divennero nient’altro che le rose perdute delle sue guance. Confuso per questa grande perdita, il vecchio lasciò quella casa, per non tornare mai più». Sono queste le parole che accompagnano l’uscita di scena dal cinema e della vita di un vero e proprio gigante di Hollywood, cinicamente dimenticato e messo ai margini dallo stesso sistema che aveva contribuito a rendere grande.

Un momento straziante, che seppur nato dalla casualità e dall’opportunità è più vicino a Billy Wilder e al suo Viale del tramonto che a quanto ci si aspetterebbe di vedere nel famigerato peggior film di tutti i tempi.

Il lascito di Ed Wood

Plan 9 From Outer Space

Se il cinema è riuscito a entrare nelle nostre vite e a migliorarle, è grazie alla fantasia e all’estro di persone genuinamente ossessionate dall’idea di dare vita ai loro i sogni e alle loro utopie, rincorrendo l’impossibile e l’irrealizzabile. A volte con risultati eccelsi, come accaduto a John Ford, Steven Spielberg e altri grandi maestri; in altri casi con esiti catastrofici, come ci insegna Ed Wood. Ma gli artisti e i sognatori rimangono tali a prescindere dai loro frutti. Dobbiamo quindi volere bene anche a Plan 9 from Outer Space, ai suoi mezzi insufficienti e ai suoi errori di continuità, perché nella ribellione di questo maestro dell’incapacità alla logica e alla coerenza, e nella voglia di sfidare ogni convenzione, arde la fiamma che alimenta i più grandi artisti. Ed è insieme a loro, seppur dal lato opposto del palco, che Ed Wood sarà per sempre ricordato.

“Forse mentre torni a casa, qualcuno ti sorpasserà nell’oscurità, e non lo saprai mai, perché proverrà dallo spazio profondo. Molti scienziati credono che un altro mondo ci stia guardando in questo momento. Un tempo ridevamo della carrozza senza cavalli, dell’aeroplano, del telefono, della luce elettrica, delle vitamine, della radio, anche della televisione! E ora alcuni di noi ridono dello spazio profondo.

Dio ci aiuti… nel futuro.”

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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