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Videogiochi: quando il realismo è troppo

La strana storia di Desert Bus, un videogioco che si limita a ripetere la realtà.

Spesso quando si parla di videogiochi si tiene in grande considerazione il loro realismo. Quanto più la simulazione è vicina al mondo che ci circonda al di fuori dello schermo, tanto più restiamo a bocca aperta. Ci sono casi in cui però questo desiderio di aderenza alla realtà raggiunge livelli estremi. Questa è la storia di Desert Bus, uno dei videogiochi più realistici di tutti i tempi. E non è una cosa buona.

Il viaggio nei videogiochi di Penn & Teller che non è mai avvenuto

realismo videogiochi desert bus penn telelrPartiamo con il dire che questo titolo ha una storia decisamente particolare. Innanzitutto perché è parte di un’antologia di videogiochi chiamata Penn & Teller’s Smoke and Mirrors, un prodotto curioso di cui parleremo a breve. Secondariamente perché non è mai davvero arrivato sugli scaffali. La Absolute Entertainment che era incaricata di distribuirlo è fallita prima di poterlo fare. Questo gioco quindi ha iniziato a circolare solo una decina di anni dopo, in una copia trapelata sul web.

A curare il titolo sono stati Penn & Teller, una delle coppie più famose del mondo dell’illusionismo. Due vere e proprie icone dell’intrattenimento americano che hanno conquistato tantissimi fan in tutto il mondo grazie a uno stile unico. Questa antologia di videogiochi si proponeva di trasporre il loro approccio scanzonato su Sega CD, attraverso una serie minigame originali.

La maggior parte di questi sono semplicemente degli scherzi da fare ad altre persone presenti nella stanza. Ad esempio What’s Your Sign? promette di indovinare data di nascita e segno zodiacale di un individuo solo sulla base delle risposte a domande casuali. In realtà è il padrone del gioco che fornisce l’informazione tramite combinazioni di tasti dando vita all’illusione mentre Penn & Teller smontano la validità scientifica dell’astrologia, come spesso hanno fatto nella propria attività di divulgatori.

Fra tutte le diverse proposte però una spicca per originalità, ovvero Desert Bus. Questo era il preferito di Penn ed è il vero soggetto di questo pezzo.

Il realismo nei videogiochi portato al limite

realismo videogiochi desert bus

In questo minigame i giocatori devono guidare un pullman attraverso il deserto, per andare da Tucson in Arizona fino a Las Vegas. Una missione relativamente semplice e non troppo originale a prima vista, ma che nasconde in realtà molto di più. Non c’è infatti alcuna contrazione temporale o spaziale: tutto il gioco (e quindi il viaggio) avviene in tempo reale.

Il bus accelera fino ad arrivare alla sua massima velocità intorno ai 70 km/h e da lì la strada procede dritta fino a Las Vegas. Servono otto ore di guida ininterrotta per riuscire ad arrivare a destinazione, sempre sotto l’attento sguardo del giocatore. Questo perché prima di tutto non c’è la possibilità di mettere in pausa e secondariamente perché non si possono utilizzare facili trucchetti.

Se infatti avete pensato di bloccare in qualche modo il controller di modo da poter lasciare il gioco e fare proseguire il veicolo da solo, sappiate che non funziona. Il bus infatti ha un piccolo problema e tende verso destra: se non si è pronti a correggere la rotta quando necessario, finisce nel fosso. A quel punto non si può più proseguire e bisogna attendere l’arrivo di un carro attrezzi che riporti il veicolo a Tucson. Anche questo viaggio avviene in tempo reale.

I giocatori armati di sufficiente pazienza e che sono riusciti a stare per otto ore alla guida del bus hanno assistito all’arrivo a Las Vegas. A quel punto il contatore del punteggio passa da 0 a 1 e il gioco propone di proseguire. È il momento di fare il viaggio di ritorno, con altre otto ore alla guida (stavolta al tramonto) per riportare tutto a Tucson e da lì ripartire di nuovo.

Ma perché?

realismo videogiochi desert bus

Pur essendo in apparenza piuttosto diverso dagli altri titoli della collection, è evidente lo spirito burlone di Desert Bus. L’idea di giocare con il concetto di realismo nei videogiochi portandolo a questi estremi (grafica a parte, ma erano pur sempre gli anni ’90) è in linea con la goliardia dell’intera antologia. È affascinante poi pensare come la sfida che propone sia al contempo facilissima e impossibile: l’unico vero ostacolo è la noia.

C’è in realtà un’altra spiegazione per questo concept così curioso. L’idea infatti era di creare il titolo più moralmente irreprensibile possibile, in contrasto con l’emersione di polemiche legate alla violenza nei videogiochi e similari. In più nei programmi originali c’era addirittura un premio per chi fosse riuscito a ottenere il punteggio più alto. Il giocatore migliore avrebbe ottenuto un viaggio da Tucson a Las Vegas a bordo di un grande party bus per otto ore di viaggio piene di intrattenimento. Una volta giunto a destinazione non sarebbe tornato indietro ma si sarebbe goduto un lussuoso soggiorno nella città del Nevada. Tutto il progetto però saltato con l’annullamento dell’uscita del gioco.

Nonostante tutto questo minigioco ha ottenuto un seguito di culto dopo che è trapelato sul web. È nata ad esempio la maratona di beneficenza Desert Bus For Hope. Alcuni giocatori continuano a ‘guidare’ avanti e indietro tra Tucson e Las Vegas, fino a quando ci sono donazioni. Nel corso degli anni si sono raccolti più di 6 milioni di dollari e la cifra cresce sempre di più.

Se per qualche motivo siete incuriositi da questo concept e volete provarlo, trovate su Steam una versione tutta nuova e aggiornata con il supporto della realtà virtuale. Insomma, proprio come guidare un bus vero!

E voi conoscevate questo titolo così curioso? E quali sono altre bizzarre storie dal mondo dei videogiochi che ricordate?

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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