SanPa, la docu-serie italiana firmata Netflix che parla della più grande comunità di recupero per tossicodipendenti in Europa, ha fatto molto discutere fin dal giorno di lancio. Tra le critiche subite vi è quella da parte dei figli di Vincenzo Muccioli, Andrea e Giacomo.
Ricordiamo che Vincenzo Muccioli era il fondatore della comunità di San Patrignano, alle porte di Rimini. I figli hanno ricorso alla denuncia verso Netflix per diffamazione nei confronti del padre. Affermano che la sua presunta omosessualità e la vita dissoluta che pareva che facesse, erano solo pettegolezzi.
SanPa e la denuncia dei figli di Muccioli
Secondo i figli di Vincenzo Muccioli, Andrea e Giacomo, la docu-serie di Netflix “SanPa. Luci e tenebre di San Patrignano” racconta una realtà che non esiste. Questo ha messo in cattiva luce il fondatore della comunità, Vincenzo, e la famiglia intera. Infatti, spiegano i figli Muccioli che da quando è stata messa in onda la serie su Netflix, non hanno più alcuna privacy.
Inoltre, sono i familiari e gli amici dello stesso Vincenzo Muccioli a chiedere spiegazioni ad Andrea e Giacomo sulla veridicità della vicenda. Ed è così che è scattata la denuncia verso Netflix per diffamazione aggravata, querelando i produttori, gli autori e il regista di “SanPa”. Il motivo è proprio quello di aver inserito fatti e allusioni non veritieri e di aver mentito riguardo alla morte di Vincenzo, secondo loro di Aids.
Cosa hanno risposto gli autori di SanPa
Fin dal primo giorno di messa in onda della docu-serie Sanpa, gli autori hanno ricevuto fiumi di critiche riguardo al modo in cui s è parlato della comunità. Hanno però messo sempre in chiaro il fatto che il loro intento era quello di mettere in risalto, come dice il titolo stesso, le luci e le ombre di quella realtà, senza alcun intento di compiacere né di denigrare nessuno. Spiegazione non del tutto convincente perché questa battaglia continuerà in tribunale in seguito alla denuncia a Netflix.
Il parere della comunità di SanPa
I diretti interessati chiamati in causa della docu-serie “SanPa. Luci e tenebre di San Patrignano” si ritrovano contrariati da ciò che il prodotto firmato Netflix vuole comunicare. Infatti, spiegano, il racconto che emerge è parziale e a tratti non veritiero.
La comunità stessa ha ospitato per diversi giorni la regista Cosima Spender, la quale è stata libera di fare domande e di parlare con chiunque lì dentro. I responsabili della comunità hanno fornito tutti i documenti necessari per una ricostruzione oggettiva e informata della storia della struttura di San Patrignano.
Ma, continuano ad affermare i responsabili della comunità, questi dati sono stati stravolti a favore di una visione preconcetta della realtà circa la situazione dei tossicodipendenti. Infatti, find all’inizio, la comunità aveva espresso perplessità nei confronti della realizzazione di un prodotto televisivo avente un tema così delicato e con un impatto mediatico così potente.
Il prodotto finale è stato dunque spettacolarizzato e semplificato. Lo scopo principale è stato quello di intrattenimento commerciale più che di seria ricostruzione documentaria che rispetti i canoni di oggettività.
Meno luci e più tenebre a San Patrignano?
La comunità per tossicodipendenti di San Patrignano fondata da Vincenzo Muccioli ha salvato il 70% delle persone andate lì a chiedere aiuto. E l’aiuto lo hanno effettivamente trovato, sia con le buone che con le cattive. A tal proposito, il titolo della docu-serie di Netflix è emblematico proprio perché vuole mettere in risalto gli aspetti negativi e positivi del posto.
Testimonianze affermano quando sia stato d’aiuto il centro di recupero, almeno fino all’omicidio di uno degli ospiti, Roberto Maranzano. A parlarne è il figlio Giuseppe, al quale la ferita per la perdita del padre nella comunità di San Patrignano si è riaperta dopo la messa in onda del prodotto Netflix.
Perdita spacciata inizialmente per una rissa tra malviventi per questioni di droga finita in tragedia. Ci son voluti ben 30 anni per venire all’amara conclusione: Maranzano è stato ucciso a suon di percosse violente da uno dei responsabili della comunità.
Altra verità emersa da quello che sembra più un covo che un centro di riabilitazione per tossicodipendenti, è la testimonianza di Nicolò Licata, inizialmente ospite della comunità e poi assunto per dei lavori interni. L’uomo afferma che le violenze da parte dei responsabili e di Vincenzo Muccioli non sono mai mancate, anche se non nei suoi confronti. Però ci è andato vicino: al secondo tentativo di fuga, Muccioli lo aveva minacciato di chiuderlo per sei mesi nel bunker, luogo chiamato anche “cassaforte”.
SanPa, la docu-serie Netflix: di cosa parla
SanPa è divisa in cinque episodi i cui titoli sono: Nascita, Crescita, Fama, Declino e Caduta. La serie è stata realizzata con immagini tratte da 51 archivi, 180 ore di interviste e 25 testimonianze differenti. Attraverso di esse ci si lascia immergere nella storia della comunità di recupero di San Patrignano fondata da Vincenzo Muccioli nel 1978, a Coriano, in provincia di Rimini.
Attraverso il racconto di alcuni ex ospiti della Comunità, tra cui spicca Fabio Cantelli, vengono ricostruiti i primi anni di vita. La serie si sofferma sulla figura del suo fondatore, Vincenzo Muccioli, sulle accuse che gli vennero imputate. E non solo, anche l’opinione pubblica che decise di sostenerlo strenuamente, la fama e il potere che Muccioli ebbe nelle sue mani, e ancora l’epidemia di AIDS, la morte di Natalia Berla, le accuse di Walter Delogu, l’autista di Muccioli. E infine, processi per l’omicidio di Roberto Maranzano.
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