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Amore e realtà virtuale: come reagisce il corpo umano alle carezze degli avatar?

Gli esiti di un approfondito studio della Sapienza svolto su donne e uomini di diverso orientamento sessuale

Gli esiti di uno studio dell’Università La Sapienza su sesso e realtà virtuale sono sorprendenti.

La ricerca, coordinata da Salvatore Maria Aglioti, è stata condotta su due gruppi di uomini e di donne con diverso orientamento sessuale. Dopo aver valutato le reazioni indotte dalle carezze virtuali, procurate cioè da avatar maschili e femminili, il risultato è chiaro: gli stimoli virtuali nelle zone intime provocano reazioni reali.

Sesso e realtà virtuale: lo studio della Sapienza

Hanno preso parte allo studio una serie di ricercatori, coordinati da Salvatore Maria Aglioti del Dipartimento di Psicologia dell’Università La Sapienza. Lo staff si è giovato della collaborazione dell’Istituto Italiano di Tecnologia e dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia.

I ricercatori hanno utilizzato la realtà virtuale immersiva, inducendo nei partecipanti (donne e uomini di diverso orientamento sessuale, divisi in due gruppi di settantaquattro e quarantadue persone) la sensazione che il corpo virtuale osservato in prima persona fosse il proprio corpo.

Una volta immersi in questa realtà, i partecipanti hanno osservato un avatar uomo e un avatar donna toccare il proprio corpo virtuale in svariati punti. Le parti del corpo sono state classificate in neutre (come ad esempio il ginocchio), sociali (per esempio le mani) e intime (tra queste ultime è stata compresa anche le zona genitale).

Dopo ogni carezza, i partecipanti avevano il compito di dare una valutazione considerando determinati parametri. Dovevano cioè dire cioè se il tocco fosse stato piacevole o spiacevole, opportuno o meno, eccetera.

Se il primo parametro preso in esame riguardava la sfera delle reazioni soggettive, i ricercatori hanno registrato anche la reattività fisiologica, un indice non controllabile.

sesso e realtà virtuale

Gli esiti dello studio

Lo studio è uscito lo scorso 26 gennaio su Nature. E ha fatto emergere che tutte le persone coinvolte – uomini e donne, omo ed eterosessuali – hanno percepito come maggiormente erogene le carezze ricevute sulle zone intime piuttosto che quelle sulle zone neutre o sociali.

Come ci si poteva attendere, i partecipanti eterosessuali hanno trovato più erogeni i tocchi dell’avatar di sesso opposto. Al contrario, i partecipanti gay e lesbiche quello dell’avatar dello stesso sesso.

Più curioso e significativo un altro dato dello studio. Quello secondo cui le carezze sono state valutate come più appropriate da parte degli uomini eterosessuali quando provenivano dall’avatar donna. Mentre per le donne eterosessuali non c’è stata differenza sul parametro dell’appropriatezza rispetto alla provenienza.

Gli uomini gay hanno considerato altrettanto appropriato il tocco dell’avatar uomo e di quello donna. Invece le donne lesbiche hanno ritenuto più appropriato il tocco nelle zone intime se dato da un avatar donna (mentre non hanno percepito in modo diverso il tocco nelle aree sociali e neutre a seconda della provenienza).

Ci sono poi i risultati della reattività fisiologica, ovvero della conduttanza cutanea. Che hanno indicato come le carezze hanno indotto nei partecipanti sensazioni differenti. In particolare, i tocchi provenienti dall’avatar donna hanno prodotto un maggior innalzamento della reattività quando rivolti alle zone intime.

Le dichiarazioni dei coordinatori

Martina Fusaro e Matteo Lisi, principali autori dello studio, hanno affermato che “i partecipanti hanno riportato l’illusione di incorporare l’avatar osservato in prima persona e quanto il tocco virtuale evocasse sensazioni simili a quelle suscitate da stimolazioni tattili nella vita reale.”

Lisi ha aggiunto: “Mentre la maggioranza degli studi presenti in letteratura si è focalizzata sulle differenze di sesso nelle reazioni ai tocchi, noi abbiamo voluto evidenziare che l’orientamento sessuale svolge un ruolo altrettanto rilevante e dovrebbe essere sempre preso in considerazione”.

 “I risultati di questo studio – conclude Fusaro – sono importanti poiché evidenziano come sia possibile, mediante la realtà virtuale immersiva, indurre sensazioni vicarie molto simili a quelle in indotte da situazioni della vita reale. Il paradigma sviluppato, e applicato per la prima volta in questo studio, potrebbe essere utile per indagare la sfera intima in alcune persone che per diversi motivi preferiscono non essere toccate (per esempio, alcune persone con disturbo dello spettro dell’autismo o persone che hanno subito violenze fisiche o sessuali)”.

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Il futuro del binomio sesso-realtà virtuale

Questo studio rivela come la realtà virtuale, e la creazione di avatar sempre più realistici, non debbano avere solo finalità ludiche.

Un altro (importante) ambito di applicazione della VR potrebbe essere proprio quello della sessualità. Sia perché la realtà virtuale sarebbe in grado di fornire un valido aiuto, come ha accennato Matteo Lisi, nell’affrontare problemi intimi… per interposta persona, se così vogliamo definire gli avatar.

Ma anche perché, contribuendo a disinibire e a far vivere la propria sfera emotiva e sessuale in modo consapevole e sereno, sgancerebbe il mondo virtuale dal ruolo – decisamente degradante – di produttore di contenuti pornografici. E di cattivo maestro, che insegna a vivere la sessualità in modo morboso o discriminatorio.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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