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Basta etichette “bio” e “green”: ecco cosa cambierà

L'UE ha raggiunto un nuovo accordo che vieta il greenwashing e le etichette ingannevoli.

Green, bio, sostenibile, naturale: quante volte al giorno ci capita di imbatterci in questi termini? La loro presenza nei beni di consumo e nei servizi si è insidiata nel tempo creando una sorta di legge e anche molta confusione. Ma un nuovo accordo UE potrebbe cambiare le cose, con normative formulate per contrastare il fenomeno del greenwashing.

Accordo UE sul greenwashing: niente più etichette fuorvianti

Oggi possiamo dire, senza girarci troppo intorno, che la sostenibilità è un tema caldo quanto controverso. Protagonista sugli scaffali dei supermercati e nelle vetrine dei negozi, sulle etichette dei cosmetici e dei prodotti di igiene per la casa, sulla carta igienica, insomma: la parola green è praticamente ovunque

Contornate quasi sempre da packaging che simulano i colori della natura e da grafiche accattivanti sui rigorosi toni del verde o beige, le etichette “green” e “bio” possono celare un messaggio fuorviante. E se la pubblicità è fuorviante, figuriamoci il prodotto. 

eco etichette

L’associazione del colore o di una certa terminologia ad un concetto è qualcosa che ci è un po’ sfuggito di mano, diciamolo. Sì, siamo solo dei consumatori che vanno a fare la spesa o vogliono comprare un paio di jeans. A volte siamo pigri, non abbiamo tempo di leggere le etichette, ma soprattutto non sempre capiamo ciò che stiamo leggendo. Purtroppo, però, saper leggere le etichette è fondamentale. In generale nella vita, ma in particolare se si è orientati alla scelta di un prodotto sostenibile, che si tratti di cibo o di vestiti. Dunque, in questo caso è bene considerare che, il più delle volte, sostenibile vuol dire certificato.

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Certificazioni Eco e Bio: un mondo ancora poco conosciuto

Esistono diverse attestazioni che un prodotto può avere in base a specifici requisiti. Qualità che vengono verificate e certificate da organi competenti. Non basta segnalare che per qualche ragione un prodotto è green o bio, ma deve effettivamente rispettare alcune normative che lo definiscono tale. In particolare, nell’ultimo decennio la definizione di bio ha raggiunto livelli quasi esasperati, con cambiamenti radicali nel packaging e nella pubblicità. Soprattutto per quanto riguarda il settore alimentare, quando il “biologico” si è affacciato sul mercato, abbiamo visto una buona fetta di questo comparto abbracciare la causa del fake bio

È vero, alcuni marchi hanno effettivamente apportato delle modifiche agli ingredienti. Ma ciò a cui abbiamo assistito più spesso è lo sviluppo di una linea parallela “bio” o “eco-green”. Lo hanno fatto i grandi marchi di prodotti alimentari come quelli di casalinghi, conquistando anche una grossa fetta di consumatori.

Talvolta, scegliere l’opzione “bio” o “green” in termini di prodotti industriali può significare optare per il meno peggio. Ma resta il fatto che per essere bio e/o green servono le certificazioni. Diversamente, le manovre per rendere accattivanti i prodotti agli occhi dei consumatori di oggi si traducono in una parola: greenwashing

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Plastica, riciclo e messaggi ambigui

Avete mai fatto caso alle diciture sulle confezioni di bottiglie d’acqua in plastica? Alcuni brand, per farsi notare – perché il colore verde non basta – hanno adottato la strategia del “riciclo”, ma solo a parole, in una sorta di mea culpa per tutti quegli imballaggi. C’è una differenza sostanziale, però, tra plastica riciclata e plastica riciclabile. Ad una prima occhiata, potremmo scegliere la nostra acqua in bottiglia perché ha il 98% di plastica PET riciclabile, ad esempio. Peccato che, per fare quelle bottiglie sia stato utilizzato, se non diversamente indicato sull’etichetta, il 100% di plastica vergine e quindi da combustibili fossili.

In generale, c’è parecchia confusione quando si parla di riciclabile, biodegradabile, bio-compostabile. Vale la pena tenere a mente che se si acquista un prodotto riciclabile non significa che sia anche realizzato con materiali riciclati o da fonti rinnovabili. Probabilmente avete acquistato quel prodotto in PET riciclabile convinti di fare la scelta più green, mentre c’erano altre opzioni meno appariscenti ma più sostenibili. Chissà quante volte sarà capitato di sottostare alla legge del fake eco-bio perché semplicemente non avevate tempo.

Per non parlare dell’abbigliamento, altro settore permeato da messaggi di sostenibilità e “consapevolezza”. Qui forse incappiamo in un tasto particolarmente dolente: ai brand leader del fast fashion mancavano solo i messaggi sull’impegno ambientale per annebbiarci ancora di più la mente.

etichette bio eco green

Greenwashing: l’UE vuole vietarlo con una legge

Il greenwashing è un problema serio che va affrontato e, non a caso, l’UE ne sta effettivamente discutendo. Proprio in questi giorni, il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio per vietare l’uso di etichette fuorvianti. L’accordo potrebbe ridisegnare le regole del marketing ormai costellato da termini e da messaggi che impugnano la causa dell’ambientalismo favorendo una maggiore “sincerità”.

Più nello specifico, l’accordo prevede il divieto di dichiarazioni ambientali generiche e altri “trucchi” di marketing fuorvianti. Saranno invece consentite esclusivamente le etichette di sostenibilità basate su precisi standard, ovvero certificazioni approvate o stabilite dalle autorità pubbliche.

Certificazioni ambientali approvate: quali sono

Per capire di cosa stiamo parlando, ecco alcuni esempi di certificazioni ambientali approvate:

  • Ecolabel UE: la troviamo su prodotti e servizi che hanno un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita. Per ottenere quest’etichetta ecologica europea, i prodotti devono soddisfare dei criteri rigorosi e verificabili da organismi indipendenti.
  • Emas: questa etichetta indica l’impegno a migliorare le proprie prestazioni ambientali e la comunicazione pubblica e volontaria dei risultati. Le organizzazioni che vi aderiscono devono redigere una dichiarazione ambientale verificata da un ente accreditato.
  • Etichette ambientali Tipo I: attestano il rispetto di determinati requisiti ambientali per una specifica categoria di prodotti. Ad esempio Nordic Swan, Blue Angel, Green Seal, Eco Mark.
  • Dichiarazioni ambientali Tipo III: riportano le informazioni sull’impatto ambientale di un prodotto o servizio durante l’intero ciclo di vita. Si basano su uno studio di analisi del ciclo di vita (LCA) e devono essere verificate da un organismo terzo. Le troviamo ad esempio nelle sigle EPD o PEF.
accordo UE greenwashing

Attualmente, sono consentite anche le autodichiarazioni ambientali (Tipo II), che non richiedono la verifica da parte di terzi. I produttori o i fornitori indicano i benefici ambientali dei propri prodotti o servizi autonomamente. Ad esempio indicando “riciclabile”, “biodegradabile”, “ricaricabile” e via dicendo.

Cosa cambia con l’accordo UE

Per proteggere i consumatori dalla pubblicità ingannevole e aiutarli a compiere scelte di acquisto più consapevoli e oggettive, l’UE ha deciso di vietare diverse pratiche. Innanzitutto le indicazioni ambientali generiche, come “rispettoso dell’ambiente”, “naturale”, “carbon neutral” o “ecologico”, senza prestazioni ambientali riconosciute. Anche le dichiarazioni sulla compensazione delle emissioni – “neutro”, “positivo”, “ridotto” – dovranno essere verificate. Ugualmente, nessuna accezione di sostenibilità non approvata da autorità pubbliche sarà consentita.

L’accordo UE sul greenwashing riguarda anche la durabilità dei beni, che dovrà essere indicata secondo informazioni veritiere e dimostrate. Sulla stessa scia, saranno vietate anche le comunicazioni commerciali finalizzate alla sostituzione precoce di batterie o materiali, rispetto alle reali prestazioni. Persino gli aggiornamenti software non saranno più “necessari” se in realtà migliorano solamente le caratteristiche funzionali.

Nell’ottica di preservare i beni nel tempo, l’accordo prevede anche di rendere più visibili le informazioni sulla garanzia. Molti consumatori, infatti, non sono a conoscenza della lunghezza della garanzia UE per i prodotti.

Abbiamo raggiunto un ottimo accordo per i consumatori. Il 60% dei consumatori europei non sa nemmeno che una garanzia legale viene fornita con tutti i prodotti. Oggi la situazione cambia, ricordando la presenza in tutti i negozi dell’UE e in alcuni casi anche sulle confezioni. Inoltre, una nuova etichetta di garanzia estesa mostrerà chiaramente quali prodotti durano più a lungo, quindi sarà più facile acquistare prodotti più durevoli.

Abbiamo anche negoziato una posizione forte sull’obsolescenza precoce. Non dovremmo pubblicizzare prodotti che falliscono troppo presto. Inoltre, stiamo eliminando il caos delle affermazioni ambientali, che ora dovranno essere comprovate, e le affermazioni basate sulla compensazione delle emissioni saranno vietate.

Biljiana Borzan (S&D, HR), relatrice del Parlamento Europeo.

Cosa succede se l’accordo UE diventa legge

Affinché l’accordo dell’UE sul greenwashing diventi legge, deve ottenere l’ok definitivo sia dal Parlamento che dal Consiglio. I deputati potrebbero essere chiamati a votare già il prossimo novembre. Se la direttiva entrerà in vigore, gli Stati membri avranno 24 mesi per adeguarsi e recepire le nuove norme nella propria legislazione.

Potremmo quindi assistere ad un importante cambiamento nel mercato e migliorare effettivamente le nostre scelte di consumo in base a dati verificati. Speriamo solo che le aziende non trovino l’ennesima scappatoia per abbindolarci – del resto è il loro scopo, nell’attesa di un nuovo virale fenomeno come il bio o il green non certificato.

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