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Barbie: la storia della bambola, la nascita del mito. La macchina del tempo

Sempre alla moda, mai banale

Come qualcuno di voi lettori si sarà accorto, al cinema è uscito il film su Barbie.

Scherzi a parte, la pellicola che vede come protagonista la bambola di culto creata da Mattel è stata accompagnata da un cospicuo battage pubblicitario. Ed è stata favorita anche dall’uscita pressoché contemporanea con un film di atmosfera decisamente diversa, Oppenheimer (con tanto di curiosi incidenti), che ha generato meme e tormentoni infiniti.

Ma il fatto stesso che nel 2023 esca nelle sale, e stia avendo successo, un film sulla bambola Barbie, ne testimonia l’attualità. Per questo oggi ci permettiamo un piccolo strappo alla regola. E dedicheremo questo articolo della rubrica La macchina del tempo non a un oggetto di culto di qualche decennio fa oggi scomparso o diventato materia vintage, bensì a un oggetto che di culto era e di culto continua a essere.

E la domanda è proprio questa: perché la bambola Barbie è un’icona da decenni? Ma prima ancora: chi era, e chi è, Barbie?

Barbie

Quando nasce Barbie

La bambola Barbie è stata inventata da Mattel nel 1959 (è stata commercializzata precisamente il 9 marzo). Il suo vero nome – ebbene sì – sarebbe Barbara Millicent Roberts, e il suo luogo di nascita Willows, nel Wisconsin. Tralasciamo la composizione della sua famiglia, che pure esiste.

Ma soprattutto, le sue fattezze sono ricalcate da quelle un po’ stereotipate della ragazza bianca americana di quegli anni. E questo, forse, può avere ingenerato un equivoco: in molti, fermandosi all’esteriorità della Barbie più famosa, l’hanno interpretata come icona yankee. Nulla di più sbagliato: ci torneremo.

Il successo di Barbie

Serve davvero parlare del successo di un giocattolo che ha talmente riempito l’immaginario di generazioni, da essere diventato il protagonista di un film uscito 64 anni dopo il lancio del personaggio?

Si tratta della bambola più venduta al mondo, che ha uno dei motivi di successo già nella sua esteriorità. Vi siete accorti che Barbie è una delle poche bambole che rappresentano una donna adulta? L’intuizione è venuta a Ruth Andler, cofondatrice di Mattel. Che, guardando giocare sua figlia, si è accorta di come i bambini affibbino spesso alle bambole ruoli, appunto, da adulta.

Intuizione ben ripagata: basti pensare che, primo giocattolo che ha sfruttato in modo massiccio la pubblicità televisiva, Barbie è stata venduta in circa 150 miliardi di esemplari, in oltre 150 Paesi.

Nel mondo esistono oltre 100.000 collezionisti del giocattolo, e la sua penetrazione nella cultura è dimostrata dalle numerose citazioni in opere artistiche, musicali, cinematografiche e televisive.

La bambola Barbie nel corso dei decenni

Con una formula forse un po’ semplificatoria ma non troppo distante dal vero, si potrebbe dire che la Barbie è cambiata nel tempo così come, socialmente ed esteticamente, è cambiata la donna.

Già il primissimo modello era fasciato da un costume zebrato per quei tempi audace, e da sandali con tacchi vertiginosi (è lei la prima bambola con le scarpe rigorosamente calzabili e scalzabili).

Di lì a pochi anni viene confermata l’autonomia di Barbara Millicent Roberts, che nel 1962 mostra al pubblico la sua prima casa. E il fidanzato, Ken, rimarrà sempre un personaggio di secondo piano.

Negli anni si avranno la versione snodabile, quella che approda sulla Luna (quattro anni prima di Armstrong!), la candidata alla Casa Bianca… Le sue declinazioni sono troppe per essere qui citate. Sino ad arrivare alle Barbie inclusive di cui parleremo nell’ultimo paragrafo.

Forse fare di un giocattolo di diffusione globale un’icona del femminismo è eccessivo. Ma di certo, al di là dell’estetica che risponde a un certo tipo di bellezza caucasica, Barbie ha dimostrato negli anni, anzi nei decenni, di saper intercettare e amplificare il desiderio di emancipazione delle donne e l’anelito alla parità di genere.

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Le Barbie inclusive

Che Barbie sia una bambola progressista lo si sapeva già, ma negli ultimi tempi se n’è avuta conferma.

Le Barbie inclusive sono forse nate anche per abbattere il luogo comune che vede nella versione originaria, così alta, magra e impettita, una bellezza irreale e irraggiungibile.

Ecco dunque che sono nate non solo le Barbie con sette diverse tonalità di pelle, ma anche in tre differenti silhouette: curvy, petite e tall. Oltre alle versioni con disabilità, tra cui un modello sulla sedia a rotelle.

Il messaggio complessivo è chiaro: Barbie non solo mostra a grandi e piccini tutto ciò che le donne possono essere, ma anche tutto ciò che le donne sono.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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