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La tastiera elettronica. La macchina del tempo

Bontempi, Farfisa e altri nomi favolosi hanno contraddistinto la prima giovinezza di molti di noi

L’educazione musicale è fondamentale, e purtroppo in Italia è bistrattata. Eppure, pochi godimenti sono paragonabili a quello che dà la buona conoscenza di uno strumento. Sia per il piacere solitario di produrre musica, sia per quello di avere un gruppo musicale con cui sbizzarrirsi. Un buon interplay tra musicisti è infatti uno dei legami più profondi che si possano avere tra esseri umani: provare per credere.

Senza dimenticare il fatto che conoscere la musica da vicino, dunque produrla tramite uno strumento, ci rende anche ascoltatori migliori, più raffinati.

Tutto questo per dire che cosa? Che priorità di ogni genitore dovrebbe essere quella di indirizzare (indirizzare, non costringere) i propri figli a suonare almeno uno strumento musicale e a conoscere i rudimenti della grammatica della musica.

tastiera

La tastiera elettronica, la cugina minore del pianoforte

Non c’è uno strumento migliore di un altro, va da sé. Ma certamente, per capire meglio l’armonia musicale è necessario posare le mani su una tastiera. Non a caso, i migliori musicisti – a prescindere da ciò che suonano – sanno almeno strimpellare il pianoforte.

E mentre le nostre case erano piene di chitarre scordate che provenivano da genitori ex hippy ora impiegati in qualche ufficio del personale, ecco che all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso è accaduto qualcosa.

Hanno iniziato a essere messe in commercio (dalla fine degli anni Settanta, in realtà) le tastiere elettroniche.

È stata una rivoluzione. Non tutti, anzi quasi nessuno, possedeva in casa un pianoforte Steinway a coda, ma nemmeno un più modesto piano verticale. Chiunque avesse voluto inoltrarsi nella magia dei tasti bianchi e neri, avrebbe dovuto prendere lezioni da un maestro. E sperare che prima o poi, se si fosse ravvisato un sufficiente talento, i genitori si sarebbero decisi a dilapidare parte del patrimonio familiare.

Invece, con la tastiera elettronica il pianoforte (o quasi) poteva finalmente entrare nelle case a prezzi accessibili.

Tutti futuri pianisti?

Ed ecco così che torme di potenziali pianisti frustrati avrebbero potuto finalmente coronare i propri sogni di gloria.

Devoti di Glenn Gould (o più probabilmente di Schroeder, il personaggio dei Peanuts) si sono messi a pregare in ginocchio mamma e papà. E, visti i costi non inarrivabili delle tastiere musicali, ecco che chi non la riceveva per il proprio compleanno la otteneva per il successivo Natale, o viceversa.

Quindi, vogliamo dire che gli anni Ottanta del Novecento sono stati scanditi dal tic tac del metronomo, e che i giovani di allora sono adesso tutti dei provetti pianisti che riempiono le sale da concerto?

La tastiera elettronica: il cazzeggio di un’intera generazione

Temiamo che la risposta sia no. Chiariamo: non si esclude il fatto che dai tasti plasticosi di una tastiera musicale Roland, Farfisa o Bontempi possa essere nato un talento della musica classica, jazz o pop.

Ma la tastiera elettronica aveva troppi pulsanti e pulsantini per non invitare a un approccio – perdonate la battuta – scanzonato allo strumento.

Vale un po’ quanto abbiamo raccontato la scorsa settimana, sempre in questa rubrica, per il Commodore 64. Che, per quanto sia stato presentato come lo strumento che avrebbe educato (oltre che divertito) una generazione, è stato usato dal novantacinque per cento degli utenti per i suoi giochi.

Lo stesso è accaduto per la tastiera elettronica. Come mai?

La tastiera elettronica e la pubblicità della pasta Barilla

Un legame indissolubile lega le tastiere elettroniche degli anni Ottanta del secolo scorso e la musichetta più che elementare della pubblicità della pasta Barilla (sì, lei, quella del Dove c’è Barilla c’è casa).

Perché? Perché la stragrande maggioranza dei giovani pseudomusicisti ha arrestato lì la propria conoscenza di armonia e melodia.

Ma certo: era troppo divertente esplorare i tasti a disposizione, trasformare il suono del piano in quello di un violino, di un oboe o di una chitarra. Per non parlare poi dei ritmi che si potevano inserire come tappeto, o ancora dei tamburi e timpani che potevano essere suonati (in modo del tutto casuale, naturalmente).

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Tecnologia e ingenuità

La tastiera elettronica ci sembra un ottimo esempio di ubriacatura generalizzata degli anni Ottanta, epoca d’oro del consumismo.

Chiariamo: esistono tastiere e sintetizzatori di livello elevatissimo, e la musica elettronica ha dato al mondo capolavori immortali.

Le tastiere elettroniche domestiche, tuttavia, erano oggetti spesso di qualità modesta. Ma la tecnologia era arrivata fin lì, e come si poteva lasciarla fuori dalle nostre case?

E a chi si stupisse e guardasse con una certa misericordia l’ingenuità di quegli anni, ricordiamo che oggi frotte di podisti (e di altre tipologie di sportivi) allacciano fieramente al polso orologi di cui ignorano il novanta per cento delle funzioni, con GPS, rilevatori cardio al polso e calcolatori della qualità del sonno spesso più che approssimativi.

Ma è la tecnologia, che quasi sempre non si adopera perché serve, bensì perché c’è.

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