Uno chatbot Microsoft farà in un certo senso rivivere le persone dopo la morte. Con un brevetto depositato nei giorni scorsi, l’azienda di Redmond ha ideato un’intelligenza artificiale conversazionale (chatbot) capace di elaborare i dati di un utente presenti in rete. Ciò porterebbe a una replica della sua personalità, e alla possibilità di mettere in dialogo lo chatbot con gli altri individui.
L’impressionante notizia apre a scenari inediti, come quello di creare artificialmente una versione più giovane di sé, o di mettersi virtualmente in comunicazione con le persone morte.
Cos’è uno chatbot
Prima di entrare più nel dettaglio nel brevetto Microsoft, occorre ricordare cosa sia uno chatbot. Si tratta, come già detto, di un’intelligenza artificiale conversazionale, ovvero di un software che simula una conversazione con un essere umano.
I suoi ambiti di utilizzo sono svariati, dal customer service alle guide in linea, col duplice vantaggio di fornire assistenza immediata e personalizzata. Oggi abbiamo addirittura lo chatbot che aiuta a individuare il proprio partner ideale, e l’assistente virtuale per gli aggiornamenti sul Covid-19.
La tecnologia dello chatbot Microsoft
Il brevetto per l’ideazione di uno chatbot è stato concesso a Microsoft nei giorni scorsi. Non ci sarebbe ancora il permesso di iniziare con i lavori, e da quello che trapela il documento consegnato allo United States Patent and Trademark Office parla della “Creazione di un chatbot conversazionale riferito a una persona specifica”.
Il progetto dovrebbe poggiare su due basi. La prima consiste nell’archivio delle conversazioni della persona da simulare, attingibili in rete (messaggi privati, interazioni sui social, registrazioni vocali e video e ogni altro elemento di interazione). La seconda dovrebbe essere un algoritmo capace di tradurre l’insieme delle informazioni in una personalità digitale interattiva.
Un’eventuale lacuna nella raccolta dei dati potrebbe essere colmata da Microsoft utilizzando materiale proveniente da individui con personalità affine a quella della persona da simulare.
A chi è rivolto il progetto
Lo chatbot Microsoft potrebbe essere applicabile a chiunque: persone più o meno famose o addirittura personaggi storici, purché il materiale reperibile che li riguarda sia sufficiente a creare un doppio virtuale. Oppure, ed ecco il punto più affascinante e sconvolgente, a parenti e amici deceduti, nell’illusione di riaverli in qualche modo con sé dopo la loro morte.
Lo chatbot Microsoft e il sogno della vita eterna
La notizia riecheggia il tentativo, fallito, di Tay. Era un account di Twitter creato nel 2016, comandato da un software di intelligenza artificiale, programmato per rispondere in modo automatico (e chiuso in breve, dopo che Tay aveva iniziato a scrivere frasi razziste e negazioniste).
Ma con lo chatbot Microsoft che sarebbe in grado di ridare la parola ai defunti siamo più dalle parti della serie televisiva Black Mirror: nel primo episodio della seconda stagione Marta continua a comunicare col compagno Ash, morto in un’incidente d’auto, grazie a una sua versione creata con l’intelligenza artificiale.
L’uomo culla da sempre il sogno dell’immortalità, ed era ovvio che l’affinarsi delle tecnologie avrebbe alimentato ancor più il sogno della vita eterna.
Nel 1998 Ray Rurzweil, uno degli ideologi del movimento transumanista, ha pubblicato The age of spiritual machines. In cui leggiamo frasi come la seguente: “Diventeremo sempre più non biologici fino al punto in cui la parte non biologica dominerà e la parte biologica non sarà più importante”. Oppure: “Avremo anche corpi non biologici: possiamo creare corpi con la nanotecnologia, possiamo creare corpi virtuali e realtà virtuale in cui la realtà virtuale sarà realistica come la realtà vera. I corpi virtuali saranno dettagliati e convincenti quanto i corpi reali ”
- Used Book in Good Condition
- Kurzweil, Ray (Autore)
Chatbot Microsoft: speranze e dubbi
Se da un lato la possibilità di riaprire un dialogo con i propri cari defunti potrebbe in qualche modo alleviare il dolore della loro perdita, dall’altro i dubbi intorno a questa operazione sono forti. Dov’è il confine tra lecito e illecito, da un punto di vista tecnologico e – ancor prima – etico? Se è vero, come è vero, che i social stanno creando una finta solidarietà collettiva basata invece sulle solitudini individuali, dove condurrebbe un esperimento simile? Non ultimo c’è poi il problema della privacy: come replicare la personalità di un individuo deceduto che non ha mai dato il proprio assenso?
Vedremo come Microsoft saprà farsi carico di questi aspetti non secondari. Va detto, infine, che la richiesta del brevetto è anteriore all’introduzione, in Microsoft, di una serie di linee guida sull’utilizzo etico dell’intelligenza artificiale, che negano la possibilità di mettere a punto un prodotto capace di simulare altre persone esistite o esistenti.
Di certo, nei prossimi anni i problemi etici legati alla tecnologia saranno sempre più urgenti. E bisognosi di norme.
Aggiornamento: la smentita dei vertici Microsoft
Attraverso un tweet Tim O’Brien, General Manager AI Programs di Microsoft, ha smentito la notizia. Nella nota che solo oggi ha fatto il giro del mondo, O’Brien non solo afferma che non esiste nessun progetto di uno chatbot Microsoft che consentirebbe di comunicare con i defunti, ma si è anche concesso una battuta. “Se mai trovassi un lavoro come scrittore per Black Mirror, saprò di dover andare sul sito web dell’USPTO (United States Patent and Trademark Office) per trovare qualche buona idea”.
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