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Ho provato BeReal ma sono ancora confuso

Dovrebbe essere la Next Big Thing dei social network ma mi sfugge il fascino

BeReal è il nuovo social network emergente, destinato a sconfiggere i colossi che oggi ottenebrano la nostra mente immergendola in un oceano di falsità e durata minima dell’attenzione. Le generazioni più giovani che stanno fuggendo da Facebook (anzi, neanche ci sono entrate) sono già tutte qui secondo la narrativa che circonda l’app. Da amante del mondo dei social e della tecnologia, nonché un curioso di natura non potevo non tuffarmi in questo mondo. Eppure dopo settimane di attività, ancora ho tutti i miei dubbi.

BeReal è un social network a dimensione ridotta

Prima di partire, un attimo di recap per chi non sa esattamente di cosa si tratti. BeReal è un social network estremamente semplice ed essenziale, che ha nella sua “unità centrale” delle foto, scattate in contemporanea tra fotocamera frontale e posteriore. In pratica si vede ciò che hai davanti a te e il tuo volto, a meno che non opti per soluzioni particolarmente creative.

A differenza degli altri social però non puoi postare quanto vuoi e quando vuoi. Una sola volta al giorno riceverai una notifica che ti dirà che è tempo di postare il tuo BeReal e da lì avrai solamente due minuti per scattare la foto e caricarla. In contemporanea lo faranno tutti gli altri utenti – o almeno quelli della tua stessa macroarea geografica – e potrai vedere i loro contenuti solo dopo aver pubblicato anche il tuo. Poi finita la giornata si cancellano tutti (come per le Stories di Instagram, le può rivedere solo il suo autore originale) e si ricomincia da capo.

E diciamo che la storia finisce abbastanza qui. C’è un sistema di richieste di amicizia per tenere traccia dei nostri contatti più stretti. Non c’è per ora una chat interna. Ci sono due Feed dove vedere i contenuti: uno è quello degli Amici appunto, l’altro è il Discovery, con un flusso continuo di scatti da tutto il mondo. Possiamo aggiungere una didascalia alle foto e commentarle.

Possiamo anche mettere una RealMoji, che è una caratteristica dell’app molto carina: a ogni emoji delle reaction possiamo associare una nostra foto. Quindi in pratica un like invece di essere un pollice giallo diventa il nostro faccione sorridente. Non rivoluzionario, ma simpatico.

E questo credo sia davvero tutto.

Sì, ma io cosa ci dovrei fare?

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Tutto il discorso alla base di BeReal è anche interessante: i social network sono diventati ormai un’ossessione, coacervo di contenuti fasulli, stili di vita irreali e dannosi, la quintessenza della società della performance. Torniamo quindi a una versione più spontanea e libera di questi servizi, senza contenuti preparati, senza ragionamenti sulla frequenza dei post e dell’orario, senza social media manager e magari anche senza influencer.

E c’è qualcosa di interessante in tutto questo, perché effettivamente abbiamo bisogno di un momento di riflessione sul nostro rapporto con questi servizi. Rimodulare la loro importanza, imparare a usarli meglio per premiare chi effettivamente apporta qualcosa, superare pregiudizi come “su TikTok ci stanno solo i balletti” e così via. Magari evitando di partire da una prospettiva da “Eh signora mia cosa ci vuol fare, si stava meglio quando si stava peggio“, ecco.

Tutto questo per dire che c’è un fondo di verità nel ragionamento alla base di questa Next Big Thing dei social network. Ma esattamente come può BeReal essere la risposta? Come possiamo pensare che la vacuità di questi servizi sia da contrastare con contenuti ancora più vuoti?

Quando dico che ho provato a usare questo social, non intendo solo che ci ho postato qualche volta. Mi sono sforzato di controllarlo con frequenza, di essere attivo, di fare qualche passo in più per entrare nello spirito. Ma ogni volta che lo aprivo e scorrevo il mio feed, il pensiero era del tipo: “Wow, il mio amico stava guardando la TV due ore fa, mentre cinque minuti fa una ragazza che non conosco in Croazia era al supermercato. Ora sì che la mia vita è completa“.

BeReal è il social network delle contraddizioni…

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C’è un punto poi che mi sembra davvero far crollare il castello di carte costruito intorno a BeReal. Se l’obiettivo di questa piattaforma è quello di creare un rapporto più equilibrato con i social, la vita online e quella offline, “essere reali” appunto, l’idea del timer per pubblicare va totalmente nella direzione opposta.

Dal momento in cui arriva la notifica ogni utente ha appunto solo due minuti per scattare la sua foto e postarla. Che sì, è senza dubbio un modo efficace per avere il più possibile contenuti non preparati sulla piattaforma, ma d’altro canto “costringe” a essere sempre con il telefono in mano, per essere pronti a scattare (letteralmente e metaforicamente) non appena il social ha deciso che è il momento.

Che poi, anche su questo, esattamente cosa si rischia se non si posta entro l’orario prestabilito? Niente, se non la dicitura “tot min/h in ritardo” sopra la propria foto. Nulla di particolarmente scomodo, ma soprattutto nulla che mi impedisca di preparare con calma il mio Be Real quotidiano nel momento in cui arriva la notifica. Con tanti saluti all’idea di evitare i contenuti poco spontanei.

…ma viviamo in una società costruita sulle contraddizioni

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Comunque anche su BeReal è vera la regola che il web ama i gatti

Alla luce di tutti i miei dubbi su BeReal quindi, continuerò a usare questo social network? La risposta è – contro ogni logica – . Da una parte perché l’idea di essere in questo inner circle di “persone illuminate” che sono già attive nel prossimo step evolutivo del web è pane per l’ego. Dall’altra perché la sensazione di “aver fatto il mio dovere” per la mia presenza social con una foto scattata rapidamente, senza pensarla, senza impegno, è altrettanto soddisfacente. Anzi, se siete curiosi, potete seguirmi qui.

Però resto comunque confuso. E convinto che l’utilità maggiore di BeReal non sia come social network in sé, ma come feature. Una parte simpatica di un’altra piattaforma che al suo interno offre molto di più. Ed è molto probabile che sarà questo il futuro a cui andrà incontro l’idea…

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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