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La recensione di Atomic Heart: tra fantascienza sovietica e BioShock

Sviluppato dallo studio russo Mundfish, Atomic Heart è essenzialmente uno sparatutto in prima persona con elementi rompicapo, che strizza l’occhio a diversi altri giochi del genere. Il titolo è ambientato in una versione alternativa dell’Unione Sovietica degli anni ‘50, in cui dopo la fine della seconda guerra mondiale il progresso tecnologico ha favorito la nascita di una società avanzata e militaresca, in cui i droidi coesistono con gli esseri umani. Con queste premesse ci avviamo alla nostra recensione di Atomic Heart, non senza qualche pregiudizio dettato dai numerosi clichè che fin dal primo trailer ci avevano fatto storcere il naso.

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Ricordiamo inoltre che Atomic Heart è incluso nel catalogo Xbox Game Pass, per cui potete provarlo senza costi aggiuntivi. Finite tutte le dovute premesse, catapultiamoci nel gioco.

Atomic Heart: la recensione del gioco

Siamo in Unione Sovietica, le auto volano (e non perchè dotate di sistemi di volo, ma perchè sollevate di peso da giganti droni) e proprio non si capisce perchè il nostro protagonista ci sembra una versione 3D di Doomguy. Ci eravamo ripromessi di non avere preconcetti, ma già dopo i primi interminabili tre minuti dall’avvio (nei quali saremo obbligati ad ammirare il paesaggio mentre il nostro personaggio galleggia su una zattera che naviga il fiume che attraversa la città) la voglia di disinstallare e dimenticare tutto è forte.

Nel mezzo di questo breve percorso in zattera assistiamo ad un robot incastrato su un albero. A questo punto abbiamo già smesso di porci domande, e il gioco non è ancora neanche iniziato! Insomma, fin dai primi minuti, ci appare chiaro che il grande problema dell’esperienza di gioco è il ritmo.

Nonostante ciò affrontiamo con cauto ottimismo la prima fase di trailer, nella speranza che il tutto migliori: non lo farà. Le interminabili cutscene rendono l’approccio stesso al titolo un’esperienza frustrante, e per buona parte dei primi 30 minuti di gameplay passeremo il tempo ad ammirare il paesaggio. Un po’ come a voler rimarcare l’incredibile lavoro, che effettivamente è encomiabile, nella realizzazione del mondo di gioco. Tuttavia un videogame dovrebbe anche e soprattutto essere divertente. 

La cifra stilistca di Atomic Heart: quali sono i punti di forza?

Una volta catapultati in Unione Sovietica ci troveremo nel bel mezzo di una rivolta dei robot. Una storia mai sentita prima, vero? Questi, proprio durante il nostro primo approdo alla base militare, decideranno di volerci far fuori. Avremo a disposizione pochissime armi ( ne sbloccheremo di altre col proseguire dell’avventura), ma anche un guanto intelligente, che potremo potenziare con diverse abilità.

La cifra stilistica di Atomic Heart, a questo punto, si muove su tre livelli. Da una parte avremo la narrazione, che però non ha assolutamente nulla di originale da offrire, se non l’inedita ambientazione sovietica. In seconda analisi c’è il contesto storico, che potrebbe essere l’unico vero punto di forza del gioco. Infine c’è l’aspetto ironico, in netto contrasto con ciò che viene narrato e che non risultà né esilarante né tantomeno interessante. Se proprio volevamo giocare ad uno sparatutto che non si prende sul serio con un guanto, allora avremmo decisamente optato per un ben più irresistibile High on Life (che anche è incluso sul Game Pass).

Il gameplay è una ridondanza di meccaniche di gioco usate e abusate

Per evitare di soccombere a quei simpaticoni dei robot che vogliono farci fuori, il nostro protagonista dovrà puntualmente creare e potenziare il proprio armamentario. Per farlo il gioco ci propone una soddisfacente meccanica di crafting, grazie al nostro guanto acchiappatutto che risucchierà tutti gli elementi necessari alla creazione di nuove armi. Gli oggetti possono essere tranquillamente presi a distanza dai corpi dei nemici e dai cassetti delle ambientazioni di gioco, con un’animazione che, lo ammettiamo, regala una certa soddisfazione.

Il vasto ambiente open world permette al giocatore di esplorare le aree in modo libero, ma bisognerà fare attenzione agli avamposti nemici e alle telecamere da disattivare (Watchdogs, sei tu?). Si potrà quindi decidere se approcciare agli ostacoli in modo stealth o combattendo. Difficile scegliere quale delle due sia meno appagante, dato che i combattimenti sono tutto meno che entusiasmanti e lo stealth è ancora peggio.

Infine ci sono gli elementi rompicapo, con enigmi da risolvere e oggetti da trovare e riposizionare. Anche qui nulla di nuovo e, ancora una volta, il confine tra rompicapo e frustrazione è fin troppo labile.

Tirando le somme: com’è Atomic Heart

Come avrete capito da questa nostra recensione Atomic Heart non ci ha entusiasmato per nulla. Una “copia di mille riassunti” come cantava Samuele Bersani in una bellissima canzone. Non tutto però è da buttare via. Le ambientazioni di gioco sono ben curate, come lo sono i dettagli che inneggiano ad un’ideale di Unione Sovietica che non si è mai realizzato. Tuttavia giocare ci è risultato frustrante, noioso e ripetitivo. Manca la caratterizzazione dei personaggi, dialoghi sono troppo e, in generale, manca il divertimento. E se in un videogioco manca il divertimento, probabilmente, manca tutto.

PRO

  • Ambientazioni
  • È disponibile su Xbox Game Pass
  • Sistema di crafting

CONTRO

  • Storia 
  • Combattimenti
  • Caratterizzazione dei nemici
  • Troppi dialoghi e cutscene
  • Vorrebbe non prendersi sul serio, ma non ci riesce
  • Approccio stealth disastroso
  • Abbiamo già BioShock e High on Life

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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