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La recensione di High on Life: un gioco assurdo che fa a pezzi la quarta parete videoludica

Caotico, volgare e nonsense. Ma ha anche dei difetti.

Oggi abbiamo un compito difficile: scrivere una recensione per High on Life. Già perchè il videogame sviluppato da Squanch Games è un qualcosa di assolutamente bizzarro, ed è solo prendendo atto che è figlio della mente di Justin Roiland, co-creatore di Rick and Morty, che tutto comincia ad assumere un minimo di senso.

Partiamo dall’inizio: High on Life è un gioco che si propone di rompere la quarta parete videoludica e ci riesce. Un’esperienza caotica e totalmente nonsense. Però ha anche dei difetti. Se non ci avete ancora giocato, e siete curiosi di capire perchè tutto ci sembra così surreale, vi basti dare uno sguardo la trama.

Un cartello di droga alieno chiamato G3 irrompe sulla Terra e comincia a sterminare gli umani. Non per dominare il mondo come nei più banali sci-fi, no: loro vogliono gli esseri umani perchè nell’universo questi sono una prelibata droga. Dopo averci preso e rollato per benino in una cartina, gli alieni ci fumano per puro scopo ricreativo. Per impedire che la Terra diventi la più grande fonte di stupefacenti dell’universo, starà a noi combattere il potente cartello della droga alieno. Come? Armati di una pistola parlante che non smetterà mai di commentare con sarcasmo le nostre azioni in-game.

La recensione di High on Life: tra citazionismo e nonsense

Disponibile per PC, Xbox Series X|S e Xbox One (anche su Game Pass dal day one), High on Life è essenzialmente uno sparatutto in prima persona per giocatore singolo in quello che potremmo considerare un open world (più world che open). Non mancano però anche alcuni elementi platform e puzzle, giusto per aggiungere un po’ di caos.

Il gioco comincia con una trovata decisamente innovativa per ovviare al problema tutorial: ci immergerà in uno scenario che è palesemente uno scimmiottamento di Doom per insegnarci i comandi base. Poi, finita questa parte in 2D, si rivelerà tutto per quello che è: stavamo in realtà solo giocando ad un videogame, con uno spettacolare zoom out dal televisore che ci porterà nel mezzo della storia: siamo a casa nostra, con nostra sorella, e sta per avvenire l’attacco alieno.

Già da questi primi minuti appare chiara l’assoluta eccentricità del titolo, che rompe la quarta parete videoludica con uno stile irrestibilmente irriverente. Come quando ci chiede, nel tutorial, di effettuare un doppio salto per superare un ostacolo, salvo scoprire in aria che “ops, scusa, in questo gioco non esiste il doppio salto”. Un altro esempio è invece quando il nostro protagonista indossa un visore VR che però è pieno di malware, ritrovandosi a girovagare con la vista disturbata da pop-up di pubblicità e siti hot che promettono incontri ravvicinati del terzo tipo con conturbanti aliene.

Tutto diventa ancor più assurdo quando scopriamo che la nostra compagna di avventure è una pistola parlante e logorroica, che criticherà puntualmente tutte le nostre azioni. E se tutto questo non vi sembra abbastanza strano aspettate di conoscere il coltello, una sadica lama affilata che vi inciterà ad infilzare senza pietà qualunque bestiolina capiti sul vostro cammino.

Il gameplay lascia molto a desiderare, ma poco importa

Per quanto possa essere divertente scoprire tutti i talenti nascosti delle nostre armi parlanti (e i loro personalissimi caratteri), le fasi di combattimento sono il punto debole di High on Life. Sembra quasi che gli sviluppatori abbiano voluto concentrarsi solo ed esclusivamente sull’aspetto comico del titolo, lesinando sul lato più competitivo e adrenalinico della battaglia. Una scelta che, trattandosi di uno sparatutto, risulta abbastanza assurda, ma ad essere sinceri abbiamo smesso di ricercare la normalità già dopo 5 minuti di gameplay.

Ciò che invece impressiona è la componente visiva, curata davvero bene e che ci dà l’impressione di essere davanti ad un titolo dal budget elevato. Se poi lo giocate su console new-gen (noi lo abbiamo provato su Xbox Series S), tutto vi sembrerà fuori dal mondo, letteralmente.

Le ambientazioni di gioco cyberpunk offrono diversi segreti e aree da esplorare, ognuna caratterizzata da una propria urbanistica. La presenza di negozi (dove acquistare oggetti), attività e NPC blateranti renderà l’esperienza di gioco gradevole anche per chi, invece di seguire la storia, volesse girovagare per il mondo alieno che caratterizza High on Life. Non stupitevi, ad esempio, se più di un NPC proverà a vendervi sostanze dalla provenienza ambigua, come liquido seminale alieno frutto di intensi atti di onanismo.

La recensione di High on Life: non un gioco per tutti

Lo diciamo chiaramente: High on Life non è un gioco per tutti. In primis c’è una barriera linguistica imponente: il gioco prevede i sottotitoli in italiano, ma solo per alcune cutscene e interfacce grafiche. Per il resto è in inglese, e dato che buona parte del divertimento consiste nelle armi che blaterano e prendono per i fondelli le nostre azioni, se non siete ferrati con la lingua anglofona vi perderete buona parte del divertimento.

Il tipo di comicità presentato è poi molto particolare. Se non apprezzate lo humour tipico di Rick & Morty, tra battute allusive, sboccate e spesso irriverenti, allora probabilmente non amerete nulla di High on Life. È bene notare infatti che il gioco fonda tutta la sua parte comica sui dialoghi. Tanti dialoghi. Troppi dialoghi: la nostra pistola logorroica non smetterà mai di parlare, quindi questo aspetto potrebbe stancare già dopo pochi minuti.

Se a ciò unite che il gameplay lascia a desiderare, le circa 10 ore necessarie per finire l’intero gioco vi sembreranno un vero incubo, e avrete la tentazione di darla vinta al cartello alieno mentre vi preparate a essere sniffati dalle loro narici marziane.

Per tutti gli altri, invece, High on Life è un gioco da provare e assolutamente da non prendere sul serio.

PRO

  • Divertente e irriverente
  • Grafica e ambientazioni
  • Componente open world
  • Dialoghi e storia
  • Disponibile su Xbox Game Pass
  • Non ha il minimo senso

CONTRO

  • Poca varietà di nemici da combattere
  • Poche armi (cinque totali)
  • Se non amate questa comicità lo odierete
  • Non adatto a chi non parla bene l’inglese
  • No multiplayer
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Autore

  • Marco Brunasso

    Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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