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Mixed by Erry: una storia di ribellione, gioventù pirata e mixtape

Il più grande talento di Sydney Sibilia è scrivere personaggi a cui vuoi bene fin dalle prime scene. Se si guarda alla sua filmografia, i protagonisti che sceglie di mettere in scena sono spesso persone che non conoscono fissità, non sopportano la prevaricazione, sono anarchici, nell’accezione più ideologica e meno socialmente capovolgente.

Edoardo Leo in Smetto quando voglio arranca in un lavoro sottopagato, tentando di affrancarsi in una realtà che non gli permette di realizzarsi in alcun modo e, in tutti e tre gli atti, esprime la volontà di autodeterminarsi facendo gruppo, di essere forti insieme, senza mai tendere all’uno. E ancora possiamo osservare questo sentimento anche nell’Incredibile storia dell’Isola delle Rose, in cui il regista mette in scena la nascita di una micronazione, uno stato autodeterminato e libero.

E questa tensione è percepibile anche nel progetto più recente di Sydney SibiliaMixed by Erry, che racconta la storia di Enrico Frattasio, Erry DJ di Forcella, che tra gli anni ’80 e ’90 ha creato un impero grazie al suo talento nel mixare musicassette contraffatte vendute in seguito in tutta Italia. La sua attività, Mixed By Erry, diventa a sua insaputa una delle prime etichette discografiche in Italia.

Mixed by Erry: la recensione del film di Sydney Sibilia

Mixed by Erry recensione

Napoli. Anni ’80. I fratelli Frattasio (Luigi D’OrianoGiuseppe Arena e Emanuele Palumbo) crescono tra i vicoli di Forcella. Il padre (interpretato da Adriano Pantaleo) per campare vende tè spacciandolo per whisky che poi vende ai turisti in Piazza Garibaldi. Enrico sogna di fare il dj, intanto lavora in un negozio di elettrodomestici e per gli amici realizza delle compilation su musicassette per arrotondare. Una passione che diventa un successo, prima a Napoli e poi ovunque. I tre fratelli costruiscono un impero basato sui mixtape, un impero che porterà poi la legge a colmare il suo vuoto normativo e a prendere provvedimenti seri contro la pirateria, reato allora ancora sconosciuto.

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Inutile dire che Mixed by Erry, al cinema dal 2 marzo 2023 e prossimamente su Netflix, è un progetto supportato da una colonna sonora che va in ogni direzione, c’è veramente di tutto: Jackson 5, Eurythmics, Frankie Goes to Hollywood, Run-DMC, Peppino di Capri, Fiorella Mannoia (addirittura Liberato). E la New Romantic, tanto citata nel film. C’è il meglio degli anni ’80, una compilation degna dei Guardiani della Galassia, che non a caso è il film che più lo riguarda (alcune scene sono speculari, come il momento in cui Erry prende le cuffie e le lascia indossare alla ragazza della compilation mai pervenuta).

Mixed by Erry è un’opera che gioca con i generi, a volte è un gangster movie, poi è noir, una dramedy, e poi diventa quasi un musical a tutti gli effetti, non si danza è vero, ma in realtà si balla tantissimo. Sydney Sibilia fotografa spazi meravigliosi, ed è difficile non legarsi sentimentalmente a quei luoghi, da Piazza Garibaldi, a Forcella, ai vicoli senza fine, e fotografa soprattutto un tempo cristallizzato, quello che cingeva una realtà, quella di Napoli che usciva dal contrabbando, il tramonto delle musicassette, l’arrivo dei primi CD, l’analogico, il digitale.

E ancora fotografa soprattutto un modo di stare al mondo, un modo di riempire i silenzi e di scegliere di affidare alla musica, o meglio alle compilation, l’arduo compito di pronunciare cose impossibile da dire. L’atto di regalare un mixtape è andato perduto. Oggi la musica forse è più cattiva, perché vuole essere vissuta, frequentata. Solo che è dura frequentare un’assenza.

Il meglio degli anni ’80, una compilation degna dei Guardiani della Galassia

Mixed by Erry recensione

Ci sono almeno tre cose da dire sulla scrittura di Sydney Sibilia. La prima è che i suoi film sono storie di ribellione. I personaggi partono da una condizione di disagio, marginalità, condizioni sociali ed economiche infelici. Riuscendo a superare, spesso con grandi risultati, le difficoltà, esercitano una certa onnipotenza. Elemento che ci porta nella seconda cosa da dire sulla scrittura di Sibilia. Nessuno è onnipotente ma tutti possono credere di esserlo. Anche solo per un istante. Spesso compaiono personaggi che ricreano contesti familiari, stati sociali, gruppi uniti, in cui c’è fratellanza, c’è familiarità con la fiducia, con la prossimità dell’altro: c’è amore ma è un atto politico che misura la distanza e la presenza.

E poi c’è una terza cosa da dire: lo sguardo di Sibilia, pur cercando la cronologia delle cose, in realtà procede per analogia. Ci sono cose e persone che vengono evocate, riportate in vita, suggerite, ma il tessuto che le lega non è temporale ma è spaziale: Sydney Sibilia sceglie di raccontare un tempo piccolo in uno spazio sconfinato, in cui la realtà procede per sospensione e interrompe la sua cronologia per ridestarsi nei riti, come quelli familiari in cui si produce whisky di contrabbando, ed è proprio lì che viene evocata una delle battute più belle del film: “Papà ma noi guadagniamo miliardi e dobbiamo ancora andare al mercato?”.

Oppure come quelli della creazione della musica, che viene inquadrata ossessivamente, l’atto della creazione, la scelta del mixer, di un duplicatore adatto, le cassette, lo stoccaggio, la dura ricerca di fondi, legittimi e illegittimi, un rito costante, perpetuo che diventa tono e ritmo, metodo e pratica, è rito e mito che si incontrano, perché il rito presuppone una comunità attorno al quale debba prendere forma, e la consapevolezza che attorno a noi ci sia qualcuno con cui condividerlo.

Che è poi la lettura più inclita del lavoro di un DJ. Enrico Frattasio, Erry DJ, voleva solo fare il DJ. Che è un lavoro rituale, e il rito presuppone conoscenza, attenzione, comunità, presuppone l’amore per la musica, e quella non la ferma nessuno. I DJ possono nascere pure a Forcella.

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Lucia Tedesco

Giornalista, femminista, critica cinematografica e soprattutto direttrice di TechPrincess, con passione ed entusiasmo. È la storia, non chi la racconta.

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