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Cisitalia, esposte anche al MoMA | Auto for Dummies

Dalle prime vittorie con Nuvolari all'esposizione della splendida 202 al MOMA: Cisitalia rappresenta il sogno di Piero Dusio, l'antagonista degli Agnelli

Torino è solo FIAT e Lancia? Ora forse la città sabauda è ricordata per avere dato i natali “solo” a queste due Case automobilistiche, ma nel capoluogo piemontese l’automobile è di casa. Qui nacque infatti nel 1946 una Casa eclettica e folle, simile al suo leggendario fondatore, che in meno di 20 anni ha saputo realizzare auto e progetti ancora oggi incredibili ed impensabili. Quella Casa è la Cisitalia, e oggi qui ad Auto for Dummies ne scopriremo la storia. Pronti a saltare dal MoMA di New York a Porsche? Sul serio, parleremo di tutte queste cose oggi.

La nascita della Compagnia Industriale Sportiva Italia, la Cisitalia: Piero Dusio la fonda a Torino nel 1946

Per conoscere la storia della Cisitalia dobbiamo tornare indietro al 1899, dove nella piccola cittadina di Scurzolengo, in Provincia di Asti nel Monferrato. Qui nacque il fondatore della Cisitalia, Piero Dusio. Dusio, seppur nato nel piccolo borgo piemontese, si trasferì molto giovane a Torino, città a cui legò la sua vita. Arrivato nel capoluogo per tentare la carriera da calciatore, Dusio gioca tre partite nella Juventus tra il 1919 e il 1922, ma in queste poche presenze non convince la squadra del suo talento.

Appesi gli scarpini al chiodo, Dusio si getta a capofitto nell’imprenditoria, diventando rappresentante di tessuti. Dopo qualche anno di soddisfazioni, Dusio fa il grande passo: da dipendente, fonda la sua azienda tessile. Da lì, il giovane Piero arrivato dalla provincia diventa uno degli uomini più ricchi di Torino. All’epoca si diceva che se metà della città era in mano agli Agnelli, l’altra metà era in mano a Dusio. L’imprenditore astigiano si lanciò anche nella carriera da pilota, ottenendo nel 1938 la sua unica vittoria alla Corsa dello Stelvio al volante di una Alfa Romeo 2900 Botticella. Al contempo, però, Dusio fondò la Manifatture Bosco-Compagnia Industriale Sportiva Italia Cisitalia Società per Azioni in Cisitalia Società per Azioni, nota come Cisitalia.

Nata alla fine degli anni ’30 come società per la costruzione di impianti sportivi, era subito chiaro a tutti il vero intento di Dusio: l’automobile e le corse. Nei primi anni ’40 nacque infatti una piccola officina meccanica “Cisitalia” in Corso Peschiera, a Torino, dove un uomo di fiducia di Piero Dusio, il Signor Casalis, si occupava di realizzare telai su misura per facoltosi clienti e biciclette. L’obiettivo finale era quello dell’automobile, ma tra il sogno di Dusio e la sua realizzazione, però, si mise di mezzo la Seconda Guerra Mondiale.

L’esperienza da presidente della Juventus

In questo frangente, la Cisitalia di Dusio si convertì alla produzione bellica, e non solo: l’imprenditore piemontese rilevò infatti la presidenza della Juventus, squadra per cui giocò, nel 1941. Dusio si trovò ad essere il presidente della Juve in un momento critico per la squadra bianconera. Il rivale principale era infatti il Grande Torino, quel Grande Torino che dal 1944 al 1949 vinse 5 Scudetti consecutivi, ricordato ancora oggi come una delle squadre più forti della storia del calcio. Alla Juve, invece, Juve fu lasciata solo una Coppa Italia nel 1942.

Ma perché citiamo il calcio? Perchè la Cisitalia si legò alla Juve nel 1943 per un motivo molto semplice: la vita dei propri calciatori. Nonostante il conflitto mondiale non si fosse fermato, il calcio dopo un paio di anni di stop ripartì, sia per allietare le famiglie dilaniate dalla Guerra, sia per preservare la vita degli stessi calciatori. Questi infatti erano giovani, in forze e ben allenati: senza una scusa per rimanere non avrebbero scampato l’arruolamento nelle truppe italiane. Così diverse società italiane di calcio si legarono ad una grande azienda. Il motivo? Tesserare i giocatori come operai di un’azienda indispensabile per la produzione nazionale, in modo da evitargli di andare al fronte.

Così, mentre il Torino diventò il FIAT Torino, trasgredendo l’ormai quarantennale legame tra gli Agnelli, la Juventus e la FIAT, nel 1942 anche la Juventus cambiò il proprio nome in Juventus Cisitalia. Con questi nomi le due compagini torinesi parteciparono al primo (e unico) Campionato di Alta Italia organizzato dalla Repubblica Sociale Italiana, lo Stato-fantoccio della Germania nazista nato dopo l’8 settembre 1943. La Juventus Cisitalia non ebbe gran fortuna, sconfitta con un rotondo 5-0 proprio dal FIAT Torino, tornando alla denominazione classica già dal 1945. Nonostante questa particolare storia, dopo la guerra Dusio cedette nuovamente la Juventus all’Avvocato Gianni Agnelli nel 1947, non prima di aver acquistato nel 1946 un giovane calciatore che si sarebbe poi rivelato una bandiera della Juventus, Giampiero Boniperti. Sempre nel 1946, dalla Manufatture Bosco-Cisitalia nacque la Compagnia Industriale Sportiva Italia, la nostra vera Cisitalia.

La prima Cisitalia, la D46, che con Dusio e Nuvolari diventa leggenda nel Gran Premio di Torino

Dalla fondazione alla vera trasformazione della Cisitalia da azienda poliedrica a Casa automobilistica abbiamo dovuto aspettare parecchio, ma alla fine della Guerra, con un’Italia repubblicana pronta a ripartire, la piccola Cisitalia puntava in alto. Già dai primi passi della Cisitalia, Dusio potè contare su uno dei più grandi progettisti italiani mai esistiti, Dante Giacosa. Conosciuto tramite il Signor Casalis nel 1944, Giacosa è l’uomo dietro ai più grandi progetti di FIAT tra gli anni ’30 e gli anni ’70. Papà di auto leggendarie come FIAT 500, 600, 124, 128, Autobianchi A112 e le sportive FIAT 2300, Dino e 8V, Giacosa accettò la sfida di Dusio di progettare un’auto da corsa leggera, facile da guidare e relativamente economica.

Pur continuando a lavorare per FIAT, Giacosa lavorò al progetto Cisitalia nel tempo libero. Per convincerlo, Dusio offrì al progettista la possibilità di soggiornare gratis nella sua villa di Corso Galileo Ferraris, bombardata durante la Guerra ma perfettamente abitabile. In soli 8 mesi, Giacosa realizza un’automobile tanto semplice quanto rivoluzionaria: la Cisitalia D46. Se tutte le automobili dei primi anni ’40 erano sostanzialmente auto pre-belliche potenziate e modificate, Giacosa conservò solo la meccanica delle FIAT 500 Topolino e 508B/1100 Balilla, le due auto più diffuse dell’epoca in Italia e progettate dallo stesso Giacosa. I freni e il blocco motore erano della Balilla, mentre le sospensioni anteriori della Topolino. Il motore, un quattro cilindri a valvole in testa da 1.100 cm3, fu elaborato pesantemente, passando da 32 CV a ben 62 CV a 5.500 giri, ma era il telaio la vera novità.

Cisitalia D46

Giacosa utilizzò infatti un innovativo telaio a traliccio tubolare, sfruttando la sua esperienza come saldatore di telai per biciclette. Questo telaio così leggero e compatto rendeva le Cisitalia D46 piccole, leggerissime e molto agili: perfette per combattere contro le pesanti vetture pre-belliche. E infatti, il debutto non si fa attendere molto. Nel 1946, la Cisitalia D46 è pronta a prendere parte alla sua prima gara. E quale luogo migliore per il debutto se non il Circuito del Valentino, situato nell’omonimo Parco nel centro di Torino? Alla fine di agosto del 1946 si disputò la Coppa Brezzi, e Cisitalia portò ben 7 vetture.

Il debutto al Parco del Valentino: un trionfo

Al volante delle piccole D46 c’erano i migliori piloti dell’epoca: il monegasco Louis Chiron, unico portacolori del Principato ad andare a podio in Formula 1 oltre a Charles Leclerc; Franco Cortese, primo pilota della storia della Scuderia Ferrari e 14 volte partecipante alla 1000 Miglia; Piero Dusio, il fondatore di Cisitalia; e infine, il grandissimo Tazio Nuvolari. Nivola, all’epoca già 54enne, era uno dei più famosi e amati piloti al mondo, e scelse la neonata Cisitalia incuriosito dalla novità del telaio e dalle piccole dimensioni. In pochi giri, le Cisitalia si dimostrarono quasi imbattibili. Leggere, agili e scattanti, nonostante il piccolo 1.100 conquistarono la testa della corsa. A pochi giri dalla fine, Nuvolari sembrava destinato alla vittoria. A causa del suo stile di guida aggressivo e violento e del volante ribaltabile della sua Cisitalia non montato correttamente, però, percorse oltre due giri con il volante… in mano!

Agendo direttamente sul piantone e agitando in aria il volante sui rettilinei per aizzare il pubblico, Nuvolari regalò quel giorno una delle immagini più celebri del mondo dell’automobilismo, ma si dovette ritirare poco dopo. Al suo posto però trionfò proprio Dusio, seguito dai compagni di marca Cortese e Chiron. Si trattò di un debutto col botto per la piccola Cisitalia, che in pochi giorni di vita si fece notare immediatamente dal mondo delle corse.

La Cisitalia 202, l’auto che l’ha resa leggenda

Dusio, dopo la sua vittoria in prima persona al Valentino, era sicuro: ora poteva nascere una vera rivale di Lancia. Giacosa non era però convinto: il suo legame con la FIAT non gli permetteva di impegnarsi nel progetto Cisitalia, e per il progettista piemontese il momento storico non sembrava propizio. Giacosa però non girò definitivamente le spalle all’amico Dusio, anzi: il progettista decise infatti di partecipare allo sviluppo della nuova vettura Cisitalia, una sportiva chiusa da costruire sia in versione stradale che da corsa.

Progettata dall’ingegnere Giovanni Savonuzzi, affiancato da Dante Giacosa, nacque così nel 1947 la Cisitalia 202, l’unica automobile stradale mai costruita da Cisitalia, ma anche una delle più memorabili sportive italiane mai create. Dusio decise infatti di creare due vetture distinte derivate dalla riuscita D46: una sportiva da corsa, sia berlinetta che barchetta, per le gare di durata come la Mille Miglia, e una sportiva stradale, raffinata e rifinita. La ricetta rimase pressoché la stessa: motore e freni, ponte rigido posteriore e cambio derivati dalla FIAT 1100, sospensioni anteriori e sterzo della FIAT 500 Topolino.

Come per la D46, però, il vero pregio dell’auto era il telaio a traliccio, realizzato con tubi aeronautici al cromo-molibdeno, condiviso sia dalla 202 da gara che da quella stradale. Per questo, la Cisitala 202 ha il primato per la prima automobile di serie dotata di telaio a traliccio. Questa soluzione rendeva l’auto estremamente leggera, per un peso di circa 780 kg. Presentata al Salone di Torino, la Cisitalia 202 colpì tutti per le prestazioni (con soli 55 CV superava i 175 km/h), ma soprattutto per la sua linea totalmente rivoluzionaria.

Tra i campi di gara e l’estetica, ora Cisitalia 202 è l’unica auto esposta al MOMA di New York

Cisitalia 202 è infatti, semplicemente, di una bellezza sconvolgente. Elegante, semplice ma rivoluzionaria nelle linee, è la prima automobile disegnata con criteri moderni. Con la 202 il mondo dell’auto disse addio alle enormi, alte e pesanti automobili pre-belliche. La 202 era bassa, compatta, elegante, e dotata di una linea senza tempo. Il frontale è semplice, delicato e quasi giocoso. La calandra ovale è segnata da 23 listelli cromati verticali, mentre i fari circolari danno vita a due parafanghi bombati e ad un cofano molto lungo. L’abitacolo è appollaiato sulle ruote posteriori, mentre la coda sfoggia un accenno di Ponton, di “Codine” all’americana. Dietro poi spicca, per la prima volta, il logo della Casa, una dicitura Cisitalia in corsivo.

Il tratto che unisce l’intera auto, un tocco incredibilmente moderno per il 1947, è la linea che unisce i parafanghi bombati anteriori a quelli posteriori, in un unica, morbida forma che rende l’auto compatta e armoniosa. Anche all’interno Cisitalia 202 colpisce, con dettagli moderni che hanno segnato le auto sportive successive. Un esempio? Il quadro strumenti con tachimetro e contagiri circolari, la console centrale con accendisigari, posacenere e radio. O ancora il vano portaguanti davanti al passeggero, la moquette su tutto il pavimento e dettagli in bachelite bianca. Il merito di questo design senza tempo è di Battista Pinin Farina, il designer fondatore degli Stabilimenti Farina, oggi celebri come Pininfarina.

Ma ad aiutarlo in questo capolavoro ci furono anche il progettista Savonuzzi e il capo battilastra di Pinin Farina, un tal Alfredo Vignale. Vi dice niente il nome? Si, è proprio quel Vignale che, anni dopo, fonderà la sua istrionica e unica carrozzeria. La Cisitalia 202 fu la prima automobile moderna del Dopoguerra, un’icona di stile che ha segnato tutte le auto successive. Ancora oggi, la rarissima 202 (prodotta in soli 188 esemplari) è considerata una delle automobili più belle del mondo. E infatti, nel 1951 il MoMA, il celebre Museo di Arte Moderna di New York, organizzò una mostra dedicata all’automobile, e inserì la splendida Cisitalia 202. L’auto piacque così tanto al pubblico e al direttore di allora, Arthur Drexler, che rimase permanentemente nella collezione del MoMA. Ancora oggi, Cisitalia 202 è l’unica automobile esposta permanentemente al MoMA con questa descrizione: “una scultura in movimento”.

La (quasi) vittoria nella Mille Miglia del 1947: Nuvolari arriva secondo con la Cisitalia 202 MM

Ma la Cisitalia 202 non conquistò solo per strada e nel museo di arte moderna più prestigioso del mondo. Il vero punto focale delle operazioni della Casa torinese erano infatti le corse. E, per quanto bella ed elegante, la Cisitalia 202 era una piccola auto da corsa prestata alla strada. Per questo, ancor prima della versione stradale Cisitalia lanciò la 202 SMM, Sport Mille Miglia. Il suo obiettivo è chiaro fin dal nome: vincere la mitica gara di durata di 1.600 km da Brescia a Roma e ritorno.

Per farlo, i tecnici Cisitalia non stravolsero il progetto 202. Il peso ridotto (che sulla versione da gara non superava i 730 kg) permise alla 202 SMM (nota anche come MM) di utilizzare il “classico” 1.100 modificato da circa 60 CV, e l’affidabile meccanica FIAT. Cisitalia realizzò due carrozzerie: una berlinetta chiusa, realizzata da Vignale sfruttando la galleria del vento del Politecnico di Torino, e una due posti scoperta, la Spyder. Cisitalia portò ben 5 esemplari della 202 MM tra berlinette e spyder alla Mille Miglia 1947, per dare ogni possibilità alle 202 di ambire alla vittoria finale. Tra le berlinette, spiccava il nome di Piero Taruffi, co-fondatore di Cisitalia e celebre pilota romano, mentre la Spyder venne scelta da Dusio e dal mitico Tazio Nuvolari.

E fu proprio Nuvolari, che scelse la Spyder per i sempre più gravi problemi ai polmoni che lo colpivano, che si avvicinò alla vittoria. Anzi, grazie all’agilità e alla guidabilità della piccola 202 MM, dopo Roma Nuvolari si portò in testa, davanti a vetture molto più potenti. Dalla Capitale, Nuvolari mantenne la testa della corsa fino a Torino, dove prima un piccolo guasto a causa della pioggia e poi la tappa autostradale costrinsero il Mantovano Volante a soccombere alla Alfa Romeo 8C 2300 di Biondetti. Per la cronaca, fu proprio in autostrada che la 8 cilindri Alfa, con cilindrata più che doppia e quasi tre volte i CV della 202, riuscì a portarsi in testa. Nuvolari, comunque, portò a casa un incredibile secondo posto assoluto, miglior risultato per la Casa nella sua storia.

L’amicizia tra Ferry Porsche e Piero Dusio: nasce la Cisitalia 360 da Gran Premio

Il 1947 è un anno pieno di novità per la Cisitalia. A fianco dei successi su strada e nelle corse, Piero Dusio instaura un rapporto di profonda amicizia con Ferry Porsche, il figlio di Ferdinand Porsche. Il fondatore dell’omonima Casa automobilistica e padre del Maggiolino fu infatti imprigionato in Francia insieme al genero Anton Piech con l’accusa di criminale di guerra. Dusio, per aiutare l’amico Ferry, si impegnò a versare un’importante somma di denaro per pagare la cauzione e scarcerare i due uomini.

Un gesto di estrema amicizia e gratitudine, che portò i Porsche a sdebitarsi con l’amico piemontese. Come? Accettando la sua proposta di realizzare una monoposto per la sua Cisitalia, in grado di partecipare ai Gran Premi e alla futura Formula 1. La base di partenza per questo ambizioso progetto fu una Auto Union da Gran Premio di fine anni ’30, progettata all’epoca proprio da Ferdinand Porsche.

Dotata di stilemi estetici piuttosto antiquati, che la fanno assomigliare molto ad una Auto Union da gara, sotto il cofano questa Cisitalia-Porsche sfoggiava tecnologie all’avanguardia e tratti distintivi della produzione Porsche degli anni successivi. Nel 1947, infatti, non esisteva ancora la Porsche che conosciamo oggi: la Cisitalia-Porsche fu la prima a sfoggiare senza paura il nome Porsche sulla carrozzeria. E la meccanica è indiscutibilmente figlia di Ferdinand e Ferry Porsche. Il motore infatti è un 12 cilindri boxer, un’architettura quella a cilindri contrapposti che ancora oggi caratterizza le auto di Zuffenhausen. Dotato di una cilindrata di 1.500 cm3, com’era da regolamento in quegli anni, è sovralimentato tramite compressore volumetrico, ed è in grado di erogare più di 300 CV, per una velocità massima di 300 km/h.

Il vero colpo di genio fu però l’installazione di un innovativo sistema di trazione integrale. Il cambio era posteriore transaxle a 5 marce (un altro segno distintivo della produzione Porsche dei decenni successivi), e da questo partiva un mentre un albero di trasmissione collegato a un differenziale anteriore. Questo, che all’occorrenza poteva essere disinserito, trasferiva il moto alle ruote anteriori, rendendola di fatto una trazione integrale. L’auto era davvero complessa, e per questo ci lavorarono diverse menti geniali dell’epoca. Oltre a Rudolf Hruska, braccio destro di Porsche, collaborarono al progetto anche Savonuzzi e Carlo Abarth. Si, proprio quel Karl Abarth che poi fondò a Torino la sua Casa automobilistica.

La vettura, battezzata 360, era davvero innovativa e all’avanguardia, e si proponeva come un’avversaria temibile nei Gran Premi. Tra la Cisitalia 360 e il successo c’era però un enorme, insormontabile ostacolo: i problemi economici. Cisitalia sottovalutò infatti i costi del progetto 360, finendo in amministrazione controllata nel 1949, ad un solo anno dalla nascita della Formula 1. Chissà cosa sarebbe successo se Cisitalia avesse resistito ancora qualche mese…

Il trasferimento in Argentina e poi a Racconigi con Carlo Dusio: nasce la Cisitalia Autocostruzioni

Orfani della 360 e con la 202 che andava in contro ad un calo drastico delle vendite, Cisitalia si ritrovò sommersa dai debiti. Fu così che nel 1949 la Cisitalia chiese l’amministrazione controllata, concessa il 28 febbraio di quell’anno. Piero Dusio si trasferì in Argentina con i progetti della 360, fondando una nuova Casa, la AutoAr. In Italia, invece, nacque la Società d’Esercizio Cisitalia, con Piero Dusio ancora presente come azionista.

La 202, però, stentava a convincere i clienti, amanti di Ferrari, Lancia e di auto con motori più nobili del 1100 FIAT della Cisitalia. Per riportare in auge il nome della azienda, Piero Dusio e il figlio Carlo parteciparono alla Mille Miglia 1952 con una particolare 202. Raggiunto un accordo con la società di motori nautici BPM, montarono un 2.8 litri, sempre 4 cilindri, da circa 160 CV sotto il cofano della 202. Con l’iniezione di potenza, la 202 ottenne ottimi risultati ma finì per ritirarsi, chiudendo definitivamente i sogni di gloria di Cisitalia.

Dopo quell’ultima delusione, Dusio decise di lasciare la sua azienda al figlio Carlo, e di ritirarsi in affari lontani dal mondo dell’auto. Carlo, dal canto suo, non si diede mai per vinto. La rinnovata Cisitalia Autocostruzioni spostò la propria sede a Racconigi, in provincia di Cuneo. All’ombra dello splendido Castello, dal 1953 Carlo Dusio si occupò della trasformazione di veicoli di serie, un po’ come facevano tante carrozzerie e preparatori dell’epoca come Abarth, Giannini, Vignale o Pininfarina.

L’albero motore nel Po: nel 1963 si chiude la storia della Cisitalia

Negli anni ’60, però, l’industria dell’automobile stava inesorabilmente cambiando. Le piccole carrozzerie indipendenti divennero sempre più anacronistiche, e le loro creazioni erano sempre meno desiderate. Così, dopo diversi anni di magre soddisfazioni, nel 1963 Carlo Dusio decise di chiudere la gloriosa azienda di famiglia. Dopo poco più di 15 anni si chiuse così la storia di Cisitalia, e non senza far parlare di sé. Carlo Dusio, infatti, diede tutto se stesso all’azienda di famiglia, e rimase estremamente scosso e colpito dalla chiusura. Per suggellare la fine della Cisitalia, per annunciare la chiusura della Cisitalia Carlo tornò a Torino, e lanciò nel Po un albero motore della sua creazione incompiuta, la 360 Porsche Grand Prix. L’eredità di Cisitalia, però, continuò anche dopo la sua caduta.

Ferry Porsche, ad esempio, non abbandonò mai il suo amico Dusio, e nel 1953 dedicò a lui la sua nuova vettura sport, la 550. La piccola berlinetta, celebre per aver causato la morte dell’attore James Dean, venne infatti battezzata 550 Spyder, come la 202 MM Spyder di Cisitalia. Un legame che continua ancora oggi: i modelli più sportivi e iconici di Porsche vengono chiamati così ancora adesso, dalla 918 Spyder appunto all’adrenalinica Boxster Spyder.

Nonostante una storia di pochi anni, Cisitalia ha cambiato il mondo dell’auto nel Dopoguerra. Ha dimostrato un nuovo modo di fare l’automobile, una nuova tecnologia poi diventata diffusissima e un nuovo stile, ancora oggi indimenticato e celebrato in tutto il mondo. Se le auto sportive che ci piacciono tanto hanno questa linea così affusolata e sportiva, lo dobbiamo alla mitica Cisitalia 202. Nonostante la sua fine, Cisitalia ha rappresentato un piccolo sogno torinese, italiano, che con genio e capacità ha saputo imporsi, seppur per poco. Con questa storia poco nota che merita però di essere conosciuta chiudiamo anche oggi la puntata di Auto for Dummies. E voi? Conoscevate già la storia di Cisitalia? Cosa vorreste leggere venerdì prossimo? L’importante è che vi sintonizziate di nuovo su questi schermi per la prossima puntata, sempre qui su techprincess. Ciaoo!

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Giulio Verdiraimo

Ho 22 anni, studio Ingegneria e sono malato di auto. Di ogni tipo, forma, dimensione. Basta che abbia quattro ruote e riesce ad emozionarmi, meglio se analogiche! Al contempo, amo molto la tecnologia, la musica rock e i viaggi, soprattutto culinari!

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