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Il Digital Markets Act è entrato in vigore. Cosa cambia per le Big tech

Cos’è, come funziona

In diversi articoli vi abbiamo raccontato di come gli organismi di controllo nazionali o sovranazionali periodicamente multino le cosiddette Big tech. Le quali, non si sa quanto per distrazione o quanto volontariamente, tendono ad abusare del loro potere, soprattutto mostrandosi disattente verso la privacy degli utenti.

Le cose, almeno in Europa, dovrebbero cambiare, dal momento che da novembre è entrato in vigore il Digital Markets Act.

Scopriamo cos’è il Digital Markets Act e in che modo intende limitare lo strapotere delle Big tech.

Il Digital Markets Act

È entrato in vigore il Dma (Digital Markets Act), una direttiva europea pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue il 12 ottobre scorso e diventata operativa da martedì 1 novembre. Ma la sua applicazione effettiva avverrà tra sei mesi, a partire dal 2 maggio 2023.

Si tratta di un “regolamento sui mercati digitali”, ovvero di un concreto argine a eventuali condotte sleali dei giganti del Web. Che con l’entrata in vigore del Digital Markets Act potrebbero incorrere in sanzioni sino al 10% del fatturato mondiale totale annuo.

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Dopo il Digital Services Act

Il Digital Markets Act segue di pochi mesi un provvedimento simile, il Digital Services Act, entrato in vigore lo scorso luglio. Secondo cui, in sintesi, ciò che è illegale offline lo è anche online.

I due provvedimenti assieme, Dma e Dsa, compongono il Digital Services Package.

I gatekeeper

Il Digital Markets Act rinomina le Bigh tech “gatekeeper”, ovvero “guardiani”, “custodi”. Perché in effetti sono loro che in un certo senso regolano gli accessi alla Rete di milioni di utenti privati e aziendali.

Ma chi sono questi gatekeeper, e dunque chi riguarda il Digital Markets Act?

I destinatari del Dma

Sono tre i criteri per stabilire se una società sia considerabile un “gatekeeper”.

Il primo è la dimensione: l’azienda in questione deve avere un effettivo impatto sul mercato interno, e realizzare un certo fatturato annuo nello Spazio economico europeo. Deve inoltre fornire un servizio “di piattaforma principale” in almeno tre Paesi membri dell’Ue.

Il secondo criterio sta proprio nella definizione di “piattaforma principale”: si considera tale una piattaforma con almeno 45 milioni di utenti finali attivi al mese residenti nell’Ue. E su base annua deve poter contare su un minimo 10.000 utenti commerciali attivi.

Il terzo criterio è semplicemente dato dalla somma dei primi due, che devono essere stati presenti entrambi negli ultimi tre anni.

I tempi di applicazione

L’applicazione effettiva del Dma, dicevamo, avverrà a partire dal 2 maggio 2023.

Non oltre il 3 luglio 2023 i potenziali gatekeeper dovranno notificare alla Commissione numeri e dati. Dopo di che la Commissione avrà 45 giorni lavorativi per valutare se l’impresa raggiunge le soglie e identificarla come gatekeeper. I gatekeeper avranno infine sei mesi di tempo per conformarsi ai requisiti della nuova legge sui mercati digitali, e comunque non oltre il 6 marzo 2024.

Obblighi e divieti del Digital Markets Act

Il Dma prevede una serie di obblighi e divieti che le Big tech, o gatekeeper che dir si voglia, dovranno rispettare.

Uno degli obblighi sarà ad esempio quello dell’interoperabilità dei servizi in determinate situazioni, e l’accesso dei dati a terze parti. Oltre a un rapido accesso da parte degli utenti commerciali ai dati generati utilizzando la piattaforma stessa.

Tra i divieti c’è quello di impedire che gli utenti possano mettersi in contatto con altre aziende al di fuori della piattaforma, o che disinstallino i software preinstallati.

Più in generale, il Digital Market Acts impedirà ai colossi del tech di limitare la concorrenza, e con ciò di frenare l’innovazione e la qualità. O di alzare i costi, come quando un gatekeeper impone condizioni inique di accesso al proprio negozio online, oppure impedisce l’installazione di applicazioni provenienti da altre fonti.

Il riferimento, non esplicitato ma chiaro, è al sistema chiuso di Apple.

Le multe

Chi disattenderà le norme del Dma rischia ammende sino al 10% del fatturato mondiale totale annuo dell’impresa, che potrebbero arrivare al 20% in caso di violazioni ripetute. Oltre alla penalità di mora fino al 5% del fatturato medio giornaliero.

E nel caso si verificassero violazioni ripetute, alle aziende potrebbero anche essere imposte sanzioni non finanziarie, come l’obbligo di vendere un’attività o parti di essa.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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