Ah quella favolosa giornata di diciassette anni fa, quando scattammo le foto a Giorgio Armani…
Calma. Andiamo con ordine. Era il 16 settembre 2004. Una data che ricorderemo come cruciale per la nostra carriera, perché siamo stati chiamati da SportWeek per fotografare Lui. Si, proprio Lui, con la L maiuscola: Re Giorgio.
Per chi, come noi, è ancora all’inizio del percorso professionale, avere una possibilità del genere, quella di fotografare un personaggio del calibro di Giorgio Armani, significa moltissimo. Significa essere riusciti in poco tempo a conquistare la fiducia della più importante photo editor in Italia, Giovanna Calvenzi.
Riassumendo: convocati da Giovanna Calvenzi per ritrarre Armani. Cosa mai potrebbe andare storto?
Semplicissimo: tutto.
Ma procediamo un passo alla volta. Lo spunto del servizio era la cover di SportWeek, che sarebbe stata dedicata alla squadra di basket Olimpia Milano, allora sponsorizzata da Armani Jeans. Tra parentesi, nel 2008 Giorgio Armani sarebbe diventato il proprietario della squadra.
Torniamo a noi. Arriviamo alla sede dell’impero di Giorgio, in via Bergognone, con un doppio timore: quello di non riuscire a soddisfare in pieno le aspettative di Armani, e quello che ci incute l’edifico, la cui struttura imponente ci fa subito capire… chi comanda.
Noi, però, siamo concentrati sull’obiettivo (che detto da due fotografi sembra una battuta): scattare la cover e un paio di foto per l’interno.
Già: si fa presto a dire “un paio di foto”. Ma quando scopri che Re Giorgio sarebbe arrivato sul set solo dopo che avremmo fatto tutti i test possibili di inquadratura e luci, e ha intenzione di concederci solo pochissimi minuti, beh… A quel punto una parte di te deve concentrarsi per tenere il livello di stress sotto i limiti di guardia.
La struttura dell’edificio, dicevamo: schiacciante ma decisamente scenografica. Decidiamo di sfruttare questo elemento a nostro vantaggio, piazzando un tron… ehm, una sedia nell’atrio. L’idea è quella di dedicarci al ritratto di Giorgio Armani da solo: nella foto avremmo poi inserito i giocatori, alle sue spalle. Era l’unico modo per non trattenerlo troppo.
Ehi, sta arrivando Armani. Fermi tutti, un attimo di pausa.
Chi è Giorgio Armani
La parola Armani, da sola, suscita tante di quelle emozioni che non varrebbe nemmeno la pena di aggiungere altro. Giorgio Armani, piacentino classe 1934, non è solo uno dei più grandi stilisti del pianeta, ma è anche a capo dell’azienda omonima, uno dei maggiori imperi mondiali della moda.
Chi non conosce il suo marchio, il suo stile, le sue boutique? Con Armani hanno collaborato le più grandi star dello spettacolo, i suoi abiti hanno vestito diversi grandi attori in pellicole immortali. Insomma: da decenni, dire Armani significa dire moda.
Così, giusto per rilassarci.
Le foto a Giorgio Armani: imprevisto e gran finale
Ma ecco che Giorgio Armani arriva, si guarda intorno, vede lo schema luci e silenziosamente, con appena un cenno del capo verso il suo assistente, approva.
Si siede, si mette in posa (ovviamente, la sua posa: a poco valgono i nostri timidi suggerimenti) e dà il via alle danze. Che le foto a Giorgio Armani abbiano inizio!
Dopo ogni colpo di flash Armani cerca con lo sguardo il suo assistente, che si è posizionato dietro la nostra macchina a osservare il display, per approvare o meno quanto viene visualizzato. E noi sempre più sciolti, come potrete immaginare.
Dopo pochissimi scatti viene dichiarato ufficialmente chiuso lo shooting con Giorgio Armani.
Augurandoci che tutto sia andato bene, lo ringraziamo e lui, con estrema gentilezza e professionalità, ci saluta per tornare al lavoro.
Da qui in poi è tutto in discesa.
Realizziamo le immagini che ci occorrono con l’allenatore e i giocatori dell’Olimpia Milano: facciamo scatti singoli e in gruppo, e abbiamo bene in mente i montaggi che andremo poi a realizzare:
Oltre, naturalmente, a qualche foto singola ai due top player di allora:
Beh, tutto sommato non è stata neanche così drammatica, direte voi.
Certo: fino a che, una volta consegnate le foto, non sono andate in stampa…
Facciamo una premessa: tutte le nostre immagini, da quando abbiamo iniziato a scattare in digitale, sono sempre state caratterizzate da una forte estetica, sottolineata da una post produzione di un certo tipo. La maggior parte del lavoro viene realizzato utilizzando delle cromie particolari (la “color correction”, direbbero quelli che lavorano nel video) e nel 2004 questo tipo di intervento era piuttosto innovativo nell’editoria.
Fatto sta che i file, finalizzati esattamente come volevamo noi, finiscono nelle mani dello stampatore. Il quale, vedendo delle tonalità della pelle non propriamente “normali”, decide di intervenire sui livelli cromatici modificandoli in autonomia, sino a ottenere quello che secondo lui era il setting corretto.
Peccato che il risultato fu tremendo: Giorgio Armani venne fuori come una maschera totalmente bianca, dove si percepivano appena i buchi neri degli occhi e della bocca.
Panico.
Cosa potevamo fare? Telefonare e dire: “Ciao, Giorgio. Scusa, è successo un gran casino. Però è colpa della rivista, noi non c’entriamo.”? No, naturalmente.
Decidiamo quindi di realizzare una stampa fine art della foto di cover nel minor tempo possibile, autografarla e fargliela consegnare con le nostre scuse, nella speranza che la vedesse prima dell’uscita in edicola.
Volete sapere il finale della storia? Beh, ha funzionato. Al punto che quel ritratto è poi finito nel suo libro monografico.
Pericolo scampato.
Perché si sa che fine facevano i giullari se non piacevano al Re…
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