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Gli orsi non esistono: com’è il film di Jafar Panahi

Gli orsi non esistono (Khers Nist), è un film di Jafar Panahi presentato in Concorso alla 79a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Gli orsi non esistono ritrae due storie d’amore parallele. In entrambe, gli innamorati sono tormentati da ostacoli nascosti e ineluttabili: la forza della superstizione e le dinamiche del potere.

Gli orsi non esistono: la recensione del film di Jafar Panahi

Gli orsi non esistono

Panahi è uno dei più celebri e apprezzati cineasti iraniani, ed è stato insignito durante la sua carriera di numerosi premi tra cui l’Orso d’oro per Taxi Teheran, il Pardo d’oro al Festival di Locarno per Lo specchio, il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia per Il cerchio.

Panahi è stato arrestato nel marzo 2010 insieme alla moglie, la figlia e 15 amici, accusato di propaganda contro il governo. Nel dicembre 2010 è stato poi condannato a sei anni di prigione e per 20 anni gli è stato vietato di dirigere film o scrivere sceneggiature e di lasciare il paese. Nonostante ciò ha diretto nel 2011 This Is Not a Film, docu-film che venne portato al di fuori dell’Iran tramite un hard disk e presentato al Festival di Cannes, mentre nel 2015 si aggiudica l’Orso d’oro al Festival Berlino per il suo Taxi Tehran, girato in clandestinità a causa delle sanzioni del governo iraniano. L’11 luglio 2022 viene nuovamente arrestato.

Gli orsi non esistono ci porta nella vita di Zara, una cameriera che lavora in un bar di una città turca. Zara incontra Bakhtiar che ha buone notizie per lei: dopo anni di attesa è riuscito a mettere le mani su un passaporto rubato grazie al quale potrà viaggiare in Europa. Zara però si rifiuta di andarsene senza di lui. La scena poi si sposta in un remoto villaggio iraniano dove Panahi guarda il filmato sul suo laptop, tentando di trovare una connessione di internet stabile. Panahi si è trasferito in un piccolo villaggio al confine turco, affittando un cottage da Ghanbar. Le persone del villaggio lo osservano con curiosità, ma anche con sospetto quando un uomo accusa il regista di aver scattato una foto in cui la sua donna promessa in sposa scambia effusioni con un altro uomo.

Gli orsi non esistono: il film di Jafar Panahi tra realtà e finzione

Gli orsi non esistono

Panahi è un regista che ha sempre unito realtà e finzione, e anche nel caso de Gli orsi non esistono non è esattamente chiaro cosa sia messo in scena e cosa sia reale. Si potrebbe sostenere che si tratti di una strategia, ovvero creare un’opera di cinema quasi elusiva nel suo rapporto con la realtà. Quel che è certo è che resta la necessità del regista iraniano di esprimersi giocando anche con il linguaggio filmico, mischiando metacinema e autofiction, raccontando le privazioni della libertà, e anche quell’umanità al confine con uno sguardo clandestino, rispettoso e incuriosito delle tradizioni.

Quel che appare in maniera persistente è la sua immagine, il suo corpo che diventa non solo esempio di resistenza, ma è una presenza centrale nei film che fa, unito al fatto che sta realizzando e dirigendo film contro ogni aspettativa: tutto questo diventa parte della storia, filmica e reale. Come la sua immagine e la sua presenza, è la stessa cinepresa a diventare provocazione, che ci mostra in maniera intermittente quel che lui osserva e fotografa e allo stesso modo i suoi gesti che concretizzano la sua arte.

Tutto è visibile, in primo piano, forse ingannevole. Quel che è certo è che le sue immagini sono l’atto creativo che conferisce al regista il suo veicolo per l’affermazione di sé, e la sua presenza in scena è il risultato inclito e necessario di questa affermazione: un regista che racconta sé stesso, l’annichilimento della sua libertà e il rifiuto di essere messo a tacere.

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Lucia Tedesco

Giornalista, femminista, critica cinematografica e soprattutto direttrice di TechPrincess, con passione ed entusiasmo. È la storia, non chi la racconta.

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