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Le migliori Hot Hatch anni 2000: l’unione tra tecnologia ed emozioni di guida | Auto For Dummies

Le migliori Hot Hatch anni 2000: tecnologia, sicurezza ma tante emozioni

Bentrovati all’ultima puntata nel nostro emozionante viaggio tra le hot hatch, le compatte sportive più emozionanti degli ultimi decenni. Il nostro percorso arriva oggi al capolinea, con le migliori hot hatch anni 2000. Automobili tra i 12 e i 21 anni, che al loro interno uniscono il gusto per la guida analogica ed emozionante con le prestazioni, la qualità costruttiva e la sicurezza delle auto moderne. Come sempre, le nostre 5 scelte non vogliono formare una classifica, nè intendiamo dire che le auto che sono rimaste fuori non siano valide. Queste 5 secondo noi sono le più interessanti di questo decennio. Dopo aver placato eventuali rappresaglie, siamo pronti per mettere la prima e far sgommare le ruote per l’ultima volta. Pronti?

MINI Cooper S R53, piccola ma ribelle con il volumetrico

Partiamo dall’auto più piccola in lista, la più vecchia e anche l’unica in lista dotata di compressore volumetrico: MINI Cooper S. Per essere precisi, parliamo della prima serie del reboot della piccola inglesina dopo l’acquisizione del brand da parte del Gruppo BMW, conosciuta tra gli appassionati come R53. Il fenomeno MINI di inizio anni 2000 era trasversale. C’era chi la sceglieva per l’estetica, chi per le dimensioni, chi per la qualità da vera BMW. Il vero asso nella manica però, come per la MINI del 1959, era la guida. Divertente, agile, con uno sterzo precisissimo e un telaio rigido e comunicativo: a inizio anni 2000 non c’erano auto così piccole che sapessero divertire in questo modo.

La gamma di MINI “normale” però, detta R50 dagli addetti ai lavori, era un po’ fiacca, poco prestante. Il 1.4 diesel di origine Toyota della Yaris D4-4 da 75 (poi 88) CV non era prontissimo, e i due 1.6 aspirati da 90 CV della One e da 116 CV della Cooper erano fluidi e regolari, ma non sportivi. Il motore must-have, allora come oggi, è quello della MINI Cooper S, la R53. Si tratta infatti di un 1.6 4 cilindri Tritec-Chrysler, un motore che sulla carta non sembra eccezionale, e che infatti non fa gridare al miracolo sulle normali Cooper e One. Il trucco però si trova proprio sopra il motore: in BMW/MINI hanno infatti deciso di montare solo sulla Cooper S un compressore volumetrico. La presa d’aria sul cofano infatti non è estetica: è funzionale, e porta aria all’intercooler posizionato proprio sopra il motore.

Hot Hatch anni 2000 MINI Cooper SR53

Il compressore volumetrico (Supercharger in inglese) è un tipo di sovralimentazione di nicchia, soppiantata dal più efficiente e meno energivoro turbo. Il Supercharger, però, ha dalla sua un’erogazione regolare e continua fin dal minimo, un ritardo di risposta praticamente inesistente e una voglia di prendere giri entusiasmante. In più, il tipico fischio del volumetrico rende l’esperienza di MINI Cooper S unica, e i cavalli sono parecchi: sono 163 CV e 210 Nm di coppia, che salgono a 170 CV e 220 Nm con il restyling del 2005, che ha migliorato anche un difetto del cambio, piuttosto delicato e con marce lunghe.

Il motore è fluido, regolarissimo ma anche molto aggressivo e incisivo, con un’erogazione vigorosa ma prevedibile, e un sound unico. Il bello però è dato dal pacchetto sterzo-telaio-sospensioni, da vera Hot Hatch. Lo sterzo è infatti idraulico, piuttosto pesante e incredibilmente comunicativo e diretto, mentre il telaio rigido e preciso e le sospensioni rigide ma non troppo rendono MINI agile, reattiva, leggera nonostante il peso non sia bassissimo con i suoi 1200 kg. Non dovete poi pensare ad una scatoletta economica. Questa piccola hatchback lunga 3,63 metri al posteriore sfoggia delle sospensioni Multilink, totalmente inedite tra le auto sotto i 4 metri.

Hot Hatch anni 2000 MINI Cooper S R53

Nonostante il passo corto è stabile e poco nervosa (se non la provocate), e l’aderenza è sempre tantissima, in ogni condizione, anche grazie alle già citate raffinate sospensioni indipendenti posteriori. L’estetica da auto carina e alla moda non deve ingannare: con uno 0-100 per la versione da 170 CV in 7,2 s e una velocità massima di 222 km/h, MINI Cooper S non scherza. L’esperienza di guida è da vera prima della classe, e tra le piccole hot hatch anni 2000 non ha rivali.

Difetti? I freni sono mediocri, lo spazio per i bagagli è risicato e i consumi sono i più alti tra tutte le auto in lista oggi, nell’ordine degli 8/9 km/l. Il rapporto qualità-prezzo-sorrisi è però incredibile. Nonostante i consumi da Concorde, con i suoi 3-4 mila euro MINI Cooper S R53 è un vero e proprio affare. ATTENZIONE a prendere un esemplare curato e ben manutenuto però: se curate, queste piccole MINI sono estremamente affidabili. Se neglette invece possono diventare un piccolo pozzo senza fondo…

BMW 130i, la bavarese 6 cilindri a trazione posteriore

Rimaniamo alll’interno del Gruppo BMW, che all’inizio degli anni 2000 si è buttato nei segmenti più piccoli. Con MINI l’attacco era diretto alle auto più piccine e dall’estetica retrò. BMW Serie 1 invece è la sfidante bavarese di Mercedes Classe A, Audi A3 e Volkswagen Golf. Rispetto a loro, però, BMW Serie 1 porta nel 2004 una novità tecnica, o meglio un ritorno dopo una lunga assenza. BMW Serie 1 è infatti basata sulla piattaforma della più grande Serie 3. Cosa significa? Che è la prima compatta a due volumi a trazione posteriore da decenni, come una vera BMW.

Hot Hatch anni '00 BMW 130i

Il successo della prima generazione di BMW Serie 1, nota agli appassionati come E87, è entusiasmante. Le linee di Chris Bangle, molto discusse all’epoca, sono moderne ancora oggi, e regalano un’estetica sportiva e originale alla compatta di Monaco. Le linee di Serie 1 sono chiaramente da auto a trazione posteriore: cofano lunghissimo, abitacolo arretrato e acquattato sull’asse posteriore, scarsa altezza da terra. Non manca poi la linea dei finestrini posteriori ascendente, il mitico Gomito di Hoffmeister.

Esteticamente quindi è una vera BMW, così come all’interno, che nonostante pecchi un po’ di abitabilità è rifinito con cura e molto accogliente. Le emozioni Serie 1 però le offre dietro al volante. La trazione posteriore, assente da questo segmento dalla Talbot Sunbeam uscita di produzione nella prima metà degli anni ’80, regala a Serie 1 E87 un comportamento dinamico impeccabile. La ripartizione dei pesi 50% davanti/50% dietro, lo sterzo preciso e cristallino e i motori pronti e potenti la rendono la compatta più piacevole da guidare. Il top di gamma è poi rappresentato dalla 130i. Si tratta di una Hot Hatch anni 2000 a dir poco atipica.

Hot Hatch anni 2000 BMW 130i

Non ha infatti particolari estetici che la rendono diversa da una 120d, nè fuori nè dentro. 130i punta tutto sulle sue qualità nascoste. E che qualità… Il motore è infatti una perla, il 3.0 sei cilindri in linea aspirato N52 da 265 CV e 315 Nm, accoppiato ad un cambio manuale a 6 marce e alla trazione ovviamente posteriore, priva però di differenziale autobloccante. Un difetto grave sulla carta, ma questa serie 1 non nasce per fare traversi e bruciare l’asfalto dei circuiti. BMW 130i non è infatti una hot hatch anni 2000 dura e pura. Fa parte di quella nicchia di compatte sportive ma comode ed eleganti, come la connazionale Audi A3 3,2. L’esperienza di guida è dominata dal motore 3.0. Pastoso, regolare, elastico, grazie ai suoi 265 CV spinge BMW 130i da 0 a 100 km/h in 6,1 secondi, per una velocità massima autolimitata a 250 km/h.

Il differenziale aperto non la rende un’arma da pista, ma l’unione tra la trazione posteriore, uno sterzo eccellente, un telaio rigido, le sospensioni dure ma non rigide e infine un motore eccezionale rendono BMW 130i un’auto polivalente, divertente in ogni situazione. La bavarese è adatta a chi vuole prestazioni ma senza scomodità, mentre con qualche modifica può diventare una vera lama. Visto il successo dei motori diesel all’epoca, tra cui l’eccellente 123d biturbo da 204 CV, non ne sono state vendute molte. Trovare una 130i non è facile, e con i suoi 265 CV paga anche qualcosina di superbollo. Con delle quotazioni tra i 10 e i 15 mila euro, però, 130i è un’auto davvero allettante, capace di soddisfare anche gli appassionati più puri.

Volkswagen Golf GTI V, il ritorno in grande stile dell’icon

Restiamo ancora in Germania per la ottima Volkswagen Golf GTI V, la quinta serie del mito tedesco. Abbiamo parlato della Golf GTI di prima e seconda generazione, saltando negli anni ’90 e primi 2000 le GTI Mk3 e Mk4. Le Golf di partenza, soprattutto l’eccezionale Mk4, erano ottime auto. Le versioni GTI però avevano perso quella verve, quella gioia, quel divertimento di guida che le rendeva così speciali. Sulla Golf IV, poi, GTI era diventato il nome di un allestimento: era disponibile con tre diversi motori benzina e persino un turbodiesel.

Hot Hatch anni 2000 Volkswagen Golf GTI

Con la quinta generazione del 2003, Volkswagen doveva azzeccare ogni particolare della versione GTI, altrimenti si sarebbe rischiato il crollo di un mito. E per fortuna, nel 2005 la Casa di Wolfsburg riuscì nell’intento. La Golf GTI V, la quinta generazione, ha segnato il ritorno al vertice di una Golf ad alte prestazioni. Non era infatti solo curata, fatta con grande cura, spaziosa e versatile come tutte le Golf. Riprendeva dalle mitiche Mk1 e Mk2 quel divertimento di guida, quella gioia e quell’agilità che si era persa nel corso degli ultimi anni.

Il merito va anche al motore: il 2.0 TFSI da 200 CV e 280 Nm di coppia è alla prima applicazione su Golf, e da allora questo motore, seppur sempre modificato e aggiornato, è ancora su Golf GTI nell’odierna ottava generazione. Un motore che ha dato qualche grattacapo di affidabilità se non manutenuto con cura, ma che offre prestazioni eccellenti (0-100 km/h in 6,9 s e 234 km/h), un’erogazione piena, corposa e con poco turbo lag, il tutto ottenendo consumi e costi di gestione piuttosto bassi. Lo sterzo poi è preciso anche se non incredibilmente diretto, il telaio è rigido e molto divertente e le sospensioni combinano benissimo confort e sportività. Se poi volete qualcosa in più, le rare Edition 30 con 230 offrono prestazioni davvero eccellenti con un valore collezionistico molto alto.

Hot Hatch anni 2000 Golf GTI Mk5

Una Golf GTI in tutto e per tutto, il ritorno di una Grande GTI. Combina infatti praticità, spazio, qualità costruttiva, immagine e tutte le qualità di Golf con l’esperienza di guida divertente, spensierata ma incredibilmente competente di una vera GTI, senza dimenticare i più iconici dettagli estetici. Non mancano infatti la leva del cambio a forma di palla da golf, i sedili in tartan e la mascherina con il bordino rosso, dettagli da vera GTI. Nonostante la sua polivalenza, Golf GTI V è ancora relativamente economica. Parliamo infatti di prezzi compresi tra i 5.000 euro per un’esemplare vissuto agli 8/9/10 mila euro per una GTI perfetta. La versione speciale Edition 30 invece, nata per festeggiare il trentesimo anniversario della GTI, supera facilmente i 15.000 euro se in perfette condizioni.

Honda Civic Type R EP3, la giapponese da 8.500 giri

Stiamo per arrivare alla fine di questo incredibile viaggio, e abbiamo lasciato due vere e proprie bombe per ultime. L’auto di cui parliamo adesso arriva dal Giappone, ha una linea un po’ goffa ed è forse la prima auto che viene in mente agli appassionati quando si parla di hot hatch anni 2000. Sto parlando della incredibile, leggendaria Honda Civic Type R EP3.

Honda Civic Type R EP3

Siamo all’inizio del nuovo millennio. Honda sta cominciando la sua nuova offensiva in Formula 1, è sempre più conosciuta e apprezzata in Europa e in America. La Honda Integra Type R e la successiva eccellente Honda S2000 hanno fatto conoscere e amare le sportive giapponesi in tutto il mondo. È però arrivato il momento di colpire tra le hot hatch anni 2000, come Golf GTI, e altre. Honda allora prende l’ottima base di partenza della sesta serie di Civic, e decide di installare sotto il cofano il motore 2.0 aspirato della Honda S2000, rivisto per la trazione anteriore.

Il risultato è la Honda Civic Type R nome in codice EP3, non solo una delle migliori hot hatch anni 2000, ma anche una delle migliori auto a trazione anteriore mai prodotte. Esteticamente non è proprio un… fiorellino. C’è a chi piace, come al sottoscritto, ma il frontale corto e appuntito con i grossi fari triangolari, la coda da furgoncino del pane, o Breadvan com’è nota nei Paesi angolofoni e il tetto un po’ più alto del normale non la rendono la più sportiva Segmento C degli ultimi anni. Chi ha l’occhio allenato però noterà subito l’alettone posteriore, il doppio scarico, i grandi cerchi da 17 pollici e i badge Type R.

Honda Civic Type R

Sotto quella goffa compatta giapponese si nasconde infatti un segreto. Il telaio dell’auto, realizzata a Swindon in Inghilterra, è incredibilmente rigido e leggero, mentre al posteriore Honda Civic sfoggia delle sofisticate sospensioni posteriori Multilink. Questo le regala una stabilità eccellente e tanta agilità tra le curve, e grazie al passo relativamente lungo si innescano dei divertenti e prevedibili sovrasterzi in rilascio che permettono di giocare con la EP3.

Abbiamo però lasciato la star per ultima: il motore 2.0 VTEC K20. Un propulsore aspirato 4 cilindri capace raggiungere poco meno di 8.500 giri. Un propulsore, come da tradizione VTEC, piuttosto vuoto in basso, ma che arrivato a circa 5.500 giri cambia completamente carattere. VTEC Kicked In, Yo! I 200 CV esplodono, così come il sound, ora molto più cupo e cattivo, e le prestazioni sono eccellenti anche per oggi, con uno 0-100 km/h in 6,4 secondi e 227 km/h di velocità massima. Bellissimi e iconici infine gli interni, con i sedili sportivi rossi e la leva del cambio “a ombrello”, montata sulla plancia e vicinissima al volante.

Motore VTEC honda Civic Type R EP3

Honda Civic Type R EP3 regala un’esperienza di guida eccellente, senza eguali, con un divertimento pazzesco e un motore che non finisce mai. Certo, non è bella come BMW 130i, Alfa Brera o MINI Cooper S, e il suo motore VTEC va tirato fino al collo per andare forte. Se amate guidare e i motori aspirati da quasi 9000 giri, allora Honda Civic Type R EP3 fa al caso vostro. Non siamo però gli unici ad essercene accorti. In Italia, dove le Civic Type R sono tradizionalmente poche, è difficile trovarne una sotto i 7.000 euro, con le più belle inserzionate anche a 20.000 euro.

Renault Clio RS 182, la francese più pepata degli ultimi 20 anni

Chiudiamo il nostro viaggio con una francesina terribile, l’erede della stirpe di hot hatch francesi: piccole, compatte, leggere e cattivissime. Stiamo parlando di Renault Clio RS di seconda generazione “e mezza”, conosciuta anche come RenaultSport Clio 182. Siamo nel 2004: Renault Clio è una delle Hot Hatch anni 2000 più gettonate, ma le versioni 169, con un estetica mai troppo capita, e 172 non hanno convinto fino in fondo.

Hot Hatch anni 2000 Renault Clio 182

Ed è qui che Clio, forte ormai di una nuova estetica molto più riuscita e personale, diventa 182. Dal punto di vista estetico, i grossi cercci in lega e il paraurti anteriore sportivo sobrio la fanno riconoscere ad un’occhio attento. Come distinguere però una Clio RS 182 da una precedente 172, molto molto simili tra loro? La 182, prodotta tra il 2004 e il 2005, ha un bellissimo doppio scarico centrale, inconfondibile.

Per cosa stanno le sigle 169, 172 e 182? Questi numeri definisco la potenza del motore: un 2.0 aspirato 4 cilindri ,derivato dal mitico F7R della Clio Williams di un decennio prima. Questo motore offre dopo il terzo restyling del modello 182 CV e 200 Nm, e ha un caratterino molto vivace. Come su Civic Type R, bisogna tirargli il collo per trovare tutte le sue prestazioni, ma allo stesso tempo la coppia in basso generosa lo rende un motore elastico e adatto anche alla vita di tutti i giorni. Il suo habitat naturale sono però i giri sui passi di montagna o in pista.

Renault Clio RS ha infatti un telaio eccezionale, rigido, comunicativo e reattivissimo, il migliore tra le Hot Hatch anni 2000. Lo sterzo è preciso e diretto, le sospensioni sono sorprendentemente morbide, o meglio “non-dure”, e tutta l’auto è agile, reattiva, felice. Le prestazioni ci sono, con uno 0-100 km/h in meno di 7 secondi e una velocità massima di circa 225 km/h, ma non sono tutto. Renault Clio RS 182 è divertente come poche, capace di sovrasterzare se provocata o di aggrapparsi all’asfalto e tenere un ritmo tra le curve indemoniato, dando fastidio a fior di sportive ben più costose. Clio RS 182 è un’eccellente Hot Hatch, anni 2000 ma anche a livello assoluto. Peccato per la posizione di guida, alta e poco sportiva.

Renault Clio RS 182

Cosa le manca? Non è proprio comodissima, ed è fatta al risparmio sia fuori che dentro. Nonostante esteticamente sia la più carina delle tre serie di RS di quegli anni, non è proprio alla moda, e spesso erano mantenute con pochi soldi. Grazie all’inesperienza e alla scarsa liquidità di diversi proprietari, trovare una Clio RS, soprattutto una 182, sta diventando davvero difficile. Per le precedenti 172 o 169 si può puntare a 5, 6.000 euro, mentre una 182 supera agilmente i 7.000 euro, con le migliori offerte a circa 10.000 euro.

Correrete ad acquistarne una Hot Hatch anni 2000?

Con un’altra hot hatch anni 2000 davvero leggendaria chiudiamo il nostro viaggio all’interno del mondo delle compatte sportive. Come abbiamo potuto vedere, da fuori queste auto sembrano la solita piccola auto modificata, tamarra, da sborone come si dice dalle mie parti.

Le Hot Hatch però sono molto più di questo. Sono auto complete, versatili, facili da usare e mantenere. Vetture che hanno costi di gestione e manutenzione adeguati, sono piccole per essere usate anche in città e hanno un grande pregio: regalarvi sempre un sorriso. Una compatta sportiva coi fiocchi è in grado di renderti felice anche nel tragitto casa-lavoro, spesso senza superare i limiti di velocità e di rendere speciale qualsiasi viaggio. Automobili adatte a giovani, vecchi, appassionati puri e neofiti dell’auto, che vogliono qualcosa in più dalla loro auto, qualcosa di speciale. Una capacità, quella di divertire 365 giorni all’anno, che conservano gelosamente fin dagli albori, e che speriamo non sparisca mai.

Speriamo che questo viaggio vi sia piaciuto, e vi abbia avvicinato e incuriosito al mondo straordinario delle hot hatch. Cosa ne pensate? Vi abbiamo convinti a dare una chance alle compatte sportive? O siete ancora tipi da sportive senza compromessi? Fatecelo sapere nei commenti e sui nostri canali social. Noi ci vediamo al prossimo appuntamento con Auto for Dummies, la settimana prossima. Ciaoo!

Non perderti le puntate di questa mini serie sulle hot hatch!

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Giulio Verdiraimo

Ho 22 anni, studio Ingegneria e sono malato di auto. Di ogni tipo, forma, dimensione. Basta che abbia quattro ruote e riesce ad emozionarmi, meglio se analogiche! Al contempo, amo molto la tecnologia, la musica rock e i viaggi, soprattutto culinari!

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