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Come è cambiato: la macchina da scrivere

Come è cambiata la macchina da scrivere nel corso dei secoli: dai prototipi rudimentali al successo di Olivetti

Torna la nostra rubrica “Come è cambiato” con un’ospite assolutamente d’eccezione, la macchina da scrivere. Un oggetto che ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nella scrittura, ma che oggi sembra essere relegato più al collezionismo che all’uso quotidiano. In fondo, la macchina da scrivere Olivetti ha fatto la sua storia, ma oramai è stata ampiamente sostituita da tablet, smartphone e PC. Ma chi ha inventato davvero questo oggetto? E cosa si usava per scrivere prima che Camillo Olivetti facesse la sua comparsa nella storia?

Cembalo Scrivano Ravizza

Chi ha inventato la macchina da scrivere?

La paternità dell’invenzione della macchina da scrivere è piuttosto nebulosa. Vi basti pensare che sono stati ben 52 gli inventori che, in tempi e luoghi diversi, hanno realizzato un prototipo di questo oggetto. Una cosa è certa, però: si tratta di un’invenzione italiana. Uno dei primissimi progetti, infatti, si deve a Francesco Rampazetto, un tipografo ed editore attivo a Venezia, che mise a punto un congegno meccanico che permettesse ai non vedenti di comunicare tra loro. Era il 1575, e Rampazeto ideò un dispositivo rudimentale, composto da cubi di legno con caratteri formati da puntine metalliche che andavano a forare il foglio lasciando così le lettere incise sulla carta.

Un oggetto progettato con uno scopo nobile, ma con un funzionamento lontano da quello che conosciamo noi oggi. Serviranno molti altri anni e prototipi, infatti, prima di arrivare a quella che alla prima macchina da scrivere della storia. La paternità dell’oggetto si attribuisce a Giuseppe Ravizza, un avvocato di Novara che cominciò a lavorare al suo “cembalo scrivano” attorno al 1837. Il nome è senza dubbio curioso, e rimanda all’aspetto della macchina di Ravizza, molto simile a quello di un clavicembalo. Un piccolo pianoforte per scrivere, per intenderci. Ma quello che conta non è tanto l’aspetto, quanto la funzionalità di questa macchina da scrivere, che riuscì ad ottenere un brevetto nel 1855.

Il congegno del Ravizza è una macchinetta con piccola tastiera simile a quella dei cembali, coi tasti inscritti in ordine alfabetico di tutte le lettere e interpunzioni; battendo i quali tasti successivamente e con celerità restano stampati su di una carta qualunque entro la macchina le lettere e i segni corrispondenti ai tasti toccati, con caratteri, ordine ed allineamento propri della stampa“. Così un giornale dell’epoca descrive l’invenzione dell’avvocato novarese. E per quanto possa sembrare incredibile, la macchina del Ravizza aveva un difetto non indifferente. Dato che il foglio su cui scrivere era inserito orizzontalmente, non permetteva allo scrittore di leggere mentre digitava il testo. Un dettaglio a cui lavorò per quasi 25 anni, finchè non riuscì a caricare  la carta verticalmente, rendendo così leggibile quello che si scriveva.

macchina da scrivere storia

L’industria americana e la tastiera Qwerty

Per decenni gli italiani si dilettarono nell’invenzione di prototipi di ogni genere, ma senza arrivare davvero ad un oggetto che potesse incontrare le esigenze del mercato. E così, prima ancora della macchina da scrivere Olivetti, furono gli Americani ad avere la giusta intuizione per rendere questo prodotto davvero commerciabile. In particolare, fu Christopher Latham Sholes – un editore del Wisconsin – a migliorare notevolmente il funzionamento delle macchine dell’epoca. A quanto pare, l’idea gli venne mentre cercava di realizzare una macchina che potesse numerare automaticamente le pagine dei libri. Ma Sholes volle spingersi oltre, e progettare qualcosa che potesse stampare non solo numeri, bensì tutte le lettere dell’alfabeto.

In particolare, si deve a questo editore americano una delle invenzioni più incredibili per la scrittura: la tastiera Qwerty. Il nome, per chi non lo sapesse, deriva dalle prime sei lettere disposte a sinistra della tastiera stessa. Provate per un secondo a togliere lo sguardo dallo schermo e a fissare quello che c’è sotto, e vedrete che leggerete Q W E R T Y nell’angolo in alto a sinistra. In ogni caso, Sholes inventò una disposizione delle lettere che evitasse i numerosi inceppamenti di cui soffrivano le macchine dell’epoca. L’ordine alfabetico, infatti, comportava una rapidità di scrittura che non potevano gestire, e così divenne necessario trovare una soluzione utile.

Ma nonostante questa intuizione geniale, c’era ancora qualche difetto nella macchina di Sholes. Poteva stampare soltanto lettere maiuscole, anzitutto. E poi non permetteva al dattilografo di sapere davvero cosa stesse scrivendo, dato che i martelletti stampavano sul retro del foglio. Dettagli che non interessarono alla E. Remington and Sons, una società di armi che rilevò il prototipo brevettato e cominciò a distibuirlo sul mercato dopo aver apportato qualche piccola modifica. Era il 1874, ben quasi 300 anni dopo l’intuizione dell’italiano Rampazetto. In fondo, il funzionamento non era troppo diverso: pigiando un tasto, il martelletto corrispondente trasferiva l’inchiostro da un nastro alla carta.

macchina da scrivere Olivetti

La macchina da scrivere Olivetti

Tutti conosciamo più o meno bene l’Ingegner Camillo Olivetti, divenuto celebre per la produzione industriale di macchine da scrivere in Italia. Ma quanti di noi sanno davvero che l’industriale italiano divenne celebre per aver portato nel Bel Paese un prodotto che già da anni aveva riscosso successo in America? Forse pochi, lasciatecelo dire. Anche perchè la macchina da scrivere ha fatto davvero un bel giro prima di diventare a tutti gli effetti un dispositivo commerciabile. È partita dal’Italia, poi è stata perfezionata negli Stati Uniti e poi è tornata qui per essere ufficialmente venduta su larga scala.

Il Signor Olivetti, infatti, ebbe l’occasione di vedere da vicino i progetti americani durante un viaggio al seguito del suo insegnante e mentore Galileo Ferraris. Era il 1894 e due anni nel ruolo di assistente nel reparto di Ingegneria Elettrica dell’Università di Stanford servirono al giovane ad acquisire competenze nel settore. Ma fu un secondo viaggio in America, nel 1904, a fornirgli conoscenze ancora più specifiche nella produzione delle macchine da scrivere. Al suo ritorno, infatti, il giovane ingegnere lavorò sodo ai suoi progetti personali e, nel 1911, presentò ben due macchine “Olivetti M1” all’Esposizione Universale di Torino. Si tratta di prodotti innovativi, che aggiungono interessanti miglioramenti ai modelli americani per quanto riguarda l’inversione automatica del nastro e il meccanismo del margine.

Fu l’inizio di un grande successo per l’ingegnere-imprenditore. Per tutto il Novecento, o quasi, la macchina da scrivere Olivetti quasi monopolizzò il mercato. Tra i modelli più noti si ricordano la Lettera 22 e la Valentine, la prima macchina portatile. A differenza dei modelli precedenti, questa era stata pensata per essere la sua stessa custodia. Un vero e proprio gioiello di design, che permetteva alla custodia di trasformarsi nella macchina da scrivere.

macchina da scrivere elettronica IBM

Anche la macchina da scrivere diventa elettrica

Vi sembrerà strano, ma le prime macchine da scrivere elettriche cominciarono ad essere ideate già sul finire del 1800. Chiaramente, si trattava di prototipi rudimentali che non trovarono una vera e propria produzione industriale, ma comunque ebbero una loro rilevanza nell’evoluzione di questo prodotto. Vi basterà sapere che uno dei primi ad avere questa intuizione fu Thomas Edison – il celebre inventore della lampadina – nel 1870. Soltanto dopo trent’anni e decine di brevetti, si cominciò a produrre in serie la prima macchina da scrivere elettrica, la Cahill.

Ma la vera e propria evoluzione in questo senso si deve a James Field Smathers, un dattilografo che si rese conto della necessità di aumentare la velocità della scrittura, diminuendo però l’affaticamento. La soluzione era soltanto una: l’energia elettrica. Cominciò così a lavorare senza sosta al suo progetto, fin quando non rese la sua macchina da scrivere pressochè perfetta, tanto che riuscì a stipulare un contratto con la Northeast Electric Company, interessata a trovare un nuovo mercato per i suoi motori elettrici. Da quel momento, il progetto di Smathers venne acquisito da più aziende consecutivamente, tanto da finire poi nella produzione di IBM, a cui si deve la commercializzazione della celebre Electromatic.

Per chi non la conoscesse, stiamo parlando della prima macchina da scrivere divenuta davvero celebre negli Stati Uniti. Durante le diverse acquisizioni aziendali, IBM è riuscita a riprogettare il prototipo di Smathers, rendendolo così un prodotto di successo incredibile. A partire dagli anni Trenta, e fino agli anni Sessanta, l’azienda produsse modelli diversi e ottimizzati della Electromatic, fino a renderla addirittura interfacciabile con un computer. Era il primo passo verso la digitalizzazione della scrittura. Quella che, sfortunatamente, ha reso la macchina da scrivere Olivetti un oggetto vintage e obsoleto.

Olivetti Linea 101 - Macchina da scrivere elettrica con...
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Chiara Crescenzi

Editor compulsiva, amante delle serie tv e del cibo spazzatura. Condivido la mia vita con un Bulldog Inglese, fonte di ispirazione delle cose che scrivo.

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