
Una caccia all’uomo ambientata nel passato, ma con lo sguardo fisso al presente e ai cicli della storia. C’è questo e molto altro in Manhunt, nuova serie Apple TV+ in 7 episodi (i primi 2 disponibili dal 15 marzo e gli altri pubblicati a cadenza settimanale) incentrata sull’assassinio del 16º Presidente degli Stati Uniti d’America Abraham Lincoln. Un evento tragico e fondamentale per la storia americana, arrivato proprio sul finire della sanguinosa guerra di secessione ed emblematico di una nazione perennemente in bilico fra unione e cospirazione, spinte progressiste e opposizioni reazionarie.
Al centro della vicenda c’è ovviamente la sera del 14 aprile 1865, in cui l’attore di teatro John Wilkes Booth sparò a bruciapelo a Lincoln, impegnato nella visione dello spettacolo Our American Cousin al Ford’s Theatre di Washington, ponendo fine alla sua vita dopo diverse ore di agonia. L’assassino (interpretato da Anthony Boyle) iniziò poi una fuga lunga ben 12 giorni insieme ai suoi cospiratori, braccato dai soldati e dal Segretario alla Guerra Edwin Stanton (Tobias Menzies), il primo a intuire che dietro alle azioni di Booth ci fosse un disegno più ampio. Manhunt si concentra su questo lungo inseguimento, non mancando però di dare spazio al pensiero politico di Lincoln (Hamish Linklater) con diversi flashback, soffermandosi inoltre sulle azioni ambigue del nuovo Presidente Andrew Johnson (Glenn Morshower), particolarmente tollerante nei confronti dei confederati e in aperto contrasto al processo di liberazione ed emancipazione della popolazione afroamericana.
Manhunt: premesse e conseguenze dell’assassinio di Abraham Lincoln nella nuova serie Apple TV+
La serie è creata da Monica Beletsky e basata sul libro di James L. Swanson Manhunt: The 12-Day Chase for Lincoln’s Killer, uno dei più approfonditi e dettagliati saggi su questo avvenimento. Anche stavolta, Apple mette a disposizione dei propri abbonati uno show ambizioso e dal livello produttivo ben sopra alla media, che cerca di riflettere sul presente attraverso il passato. È evidente infatti che le personalità dei protagonisti di questa triste vicenda riverberano nella società contemporanea, apparentemente progredita ed evoluta ma in realtà ancora attraversata da problemi ben radicati all’interno di essa. Emergono così sia la figura di Booth, folle egocentrico sospeso fra la frustrazione per il confronto con il padre e il fratello e la mitomania di chi pensa di cambiare il mondo con la violenza, sia quella di Stanton, al contrario portatore di valori sani e dell’eredità politica e morale di Lincoln.
I due diventano i protagonisti di un duello a distanza dal sapore western, genere che non a caso ha ambientato alcune delle sue migliori pagine durante la guerra di secessione. Con il passare degli episodi, Manhunt vira poi in direzione del thriller e del legal drama, documentando con dovizia di particolari la fuga dei cospiratori e il conseguente processo. Nei vari salti temporali, figli di una narrazione non lineare, si producono diversi cali di ritmo, che penalizzano il racconto. Il maggior pregio di Manhunt, ovvero lo sguardo sull’assassinio di Lincoln filtrato dai problemi del presente, si trasforma inoltre in un boomerang, in particolare per quanto riguarda il razzismo, affrontato con una consapevolezza tutta odierna, straniante quando messa in bocca a persone dell’800.
Un brillante affresco storico
Nonostante questi difetti, Manhunt si rivela un brillante affresco storico, brillante sia nei momenti di vera e propria investigazione su una trama politica decisamente complessa, sia nei passaggi più concitati della fuga di Booth, che deflagrano in scariche di violenza. Nonostante l’ampio ricorso alla figura del Presidente assassinato, lo show riesce inoltre a evitare il pericolo del già visto, addentrandosi in territori e in sfumature diverse rispetto a quelle esplorate da Steven Spielberg nel suo Lincoln.
Manhunt è disponibile dal 15 marzo su Apple TV+.