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MediaWorld boicotta i droni di DJI: perché?

La decisione dopo la richiesta di aiuto di Kyiv

MediaWorld ha deciso di interrompere la vendita di droni DJI nei propri negozi, dopo che la compagnia ha rifiutato una richiesta da parte del governo ucraino. Un rifiuto che tuttavia DJI ha motivato. Cosa sta succedendo esattamente?

MediaWorld boicotta i droni di DJI dopo le richieste rifiutate di Kyiv

La decisione arriva prima dalla case madre tedesca, ma subito anche MediaWorld Italia l’ha recepita. Online e nei negozi non trovate prodotti di DJI, che negli ultimi anni ha reso i droni fotografici alla portata di tutti, con tantissime vendite in Italia e non solo. La decisione non è economica ma politica: si tratta di un boicottaggio legato al conflitto in Ucraina.

Il governo di Kyiv infatti negli ultimi giorni ha chiesto a DJI, compagnia cinese, di bloccare i droni da parte dell’esercito russo. Infatti secondo quanto riportava il vice premier ucraino Mykhailo Fedorov, Mosca starebbe guidando gli attacchi missilistici utilizzando i droni costruiti da DJI. E lo fatto con toni forti: “In 21 giorni di guerra, le truppe russe hanno già ucciso 100 bambini ucraini. Stanno usando prodotti DJI per guidare i loro missili. DJI vuoi davvero essere partner di questi assassini? Blocca i prodotti che stanno aiutando la Russia a uccidere gli ucraini”.

Fedorov ha anche scritto una lettera direttamente a Frank Wang, il fondatore e CEO di DJI. Nella lettera chiede aiuto al fondatore dell’azienda per disinnescare i droni russi. Ma anche per evitare che succeda lo stesso ai droni DJI che anche l’esercito ucraino sta utilizzando. Proprio perché sono meno costosi rispetto ai droni militari.

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La risposta di MediaWorld

Dopo queste dichiarazioni, molti utenti sui social hanno contestato l’azienda cinese. Cosa che ha spinto anche MediaWorld ha prendere una decisione drastica.

MediaWorld allora ha comunicato: “Negli ultimi giorni abbiamo appreso da varie fonti l’informazione che l’esercito russo sta utilizzando prodotti e dati del fornitore cinese di droni DJI per attività militari in Ucraina. In qualità di azienda responsabile, abbiamo intrapreso un’azione immediata e rimosso il produttore dalla nostra gamma di prodotti a livello di gruppo fino a nuovo avviso. Seguiremo da vicino ulteriori sviluppi. Con questa azione, noi come azienda inviamo un chiaro segnale in merito ai valori che per noi hanno la massima priorità e che vediamo essere attaccati in modo inaccettabile dalla guerra aggressiva della Russia contro l’Ucraina.”

Droni per video privati usati con scopi bellici

DJI non produce prodotti militari, non ha alimentato direttamente l’esercito russo o quello ucraino. Ma entrambi trovano conveniente utilizzare i droni per le ricognizioni a corto raggio, utilizzando le videocamere in 4K per identificare i bersagli e le coordinate del GPS per colpire gli obiettivi militari.

Sono meno costosi e ingombranti rispetto la maggior parte dei droni militari, hanno quindi un vantaggio strategico prezioso. Tanto che diverse associazioni (fra cui l’azienda di fotoritocco Skylum) ha chiesto aiuto a chi possiede i droni DJI, affinché li donino all’esercito ucraino.

Fedorov ha chiesto a DJI di bloccare i droni comprati in Russia, Libano e Siria. Qualcosa che sarebbe tecnicamente possibile con il servizio di Aeroscope, il sistema di navigazione proprietario dei droni DJI. Sul sito del produttore si legge: “A rendere unico il sistema Aeroscope è la possibilità di identificare la posizione del pilota ai controlli del drone identificato. Questo dato fondamentale, permette di concentrare le indagini e l’intervento direttamente lì dove abbiamo il controllo del drone. Si aprono quindi moltissime possibilità, anche solo di accertamento e controllo.”

La risposta di DJI

Sempre utilizzando Twitter, DJI ha risposto al vice premier ucraino dicendo che proprio perché i droni hanno usi esclusivamente civili, non dovrebbe porre un pericolo strategico. Non sono dotati di modalità stealth, quindi l’esercito ucraino può identificarli usando AeroScope. Inoltre ha spiegato che il sistema non può essere spento: AeroScope permette solo di individuare i droni, non di spegnerli o renderli inutilizzabili. Non ha quel tipo di accesso, secondo l’azienda.

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DJI ha anche dichiarato la disponibilità a creare una no-flight-zone sopra l’Ucraina, anche se il sistema di geofencing che potrebbe bloccare i droni deve essere scaricato come aggiornamento e resta improbabile che i russi lo facciano.

Il rapporto fra MediaWorld e DJI

Nelle scorse ore, per reagire al boicottaggio di MediaWorld, DJI ha diramato una nota stampa che spiega la situazione, ancora in sviluppo. Spiega che la campagna social contro DJI era basata su “false accuse”. E chiarisce, pur senza nominare Mediaworld, che: “Per precauzione, uno dei nostri partner ha sospeso tutte le vendite di prodotti DJI mentre valuta la situazione in stretta collaborazione con DJI. Le accuse fatte contro di noi non sono basate su fatti e sono assolutamente false.

L’azienda spiega di aver già pubblicato la risposta alle richieste di Fedorov il 13, 17 e 25 marzo. Non forniamo supporto tecnico quando viene identificato un uso militare dei nostri prodotti”.

E spiega di agire in conformità alle sanzioni contro la Russia. “Ci impegniamo ad agire in conformità alle sanzioni, ai controlli sulle esportazioni e ad altre leggi e regolamenti applicabili. Abbiamo un team interno dedicato alla conformità e consulenti esterni esperti negli Stati Uniti e in Europa, per garantire che le nostre pratiche commerciali generali e le transazioni siano in piena conformità con le norme e i regolamenti applicabili.

Quindi il nocciolo della questione sta nel fatto che questi droni sono stati utilizzati da entrambi li schieramenti. Non perché abbiano utilità militari dirette, ma perché gli eserciti trovano utili gli strumenti che anche fotografi e videomaker di tutto il mondo apprezzano. Aeroscope a quanto riporta DJI non può spegnere attivamente o allontanare i droni.

Dal comunicato del produttore di droni, sempre che stia già lavorando per dialogare con MediaWorld sulla situazione. Vi terremo aggiornati per ulteriori sviluppi.

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Source
DDay

Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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