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Microfono degli smartphone sempre acceso: l’indagine del Garante

L’intervento dopo un servizio di Striscia la notizia

Tutti ci siamo trovati almeno una volta nella situazione che segue. Al bar o al ristorante tra amici, qualcuno se ne esce dicendo che sembrerà impossibile ma il telefono ci spia. Perché? Perché, continua l’amico, dopo aver parlato di un determinato prodotto, navigando sui social si è trovato una percentuale non casuale di inserti pubblicitari che spingevano all’acquisto proprio di quel tipo di prodotto.

A quel punto, un altro amico ha bonariamente spiegato che si tratta di una delle leggende metropolitane sulla tecnologia. Siccome una volta spento lo smartphone, anche la funzione del microfono viene disattivata, quindi nessuno è in grado di carpire ciò che diciamo.

A prescindere da quale sia stato il nostro ruolo nella discussione, se quello di chi giura di essere stato spiato o quello di chi minimizza, ora le cose sembrano non essere così distanti da quelle raccontate nell’aneddoto. Certo: se lo smartphone è spento, si spegne anche il microfono. Ma se l’apparecchio è acceso, pare proprio che possano succederne delle belle.

Dopo un servizio andato in onda lunedì 27 settembre su Striscia la notizia, il Garante della privacy ha infatti aperto un’indagine. Su cosa? Sul fatto che alcune app sfruttano l’impostazione che mantiene il microfono dello smartphone sempre acceso. Per carpire e rivendere i nostri dati a società che ci faranno proposte commerciali inerenti. Procediamo con ordine.

microfono smartphone furto dati

Il servizio di Striscia la notizia

Anche se i sospetti di molti sono di antica data, un impulso concreto è stato dato dal servizio del telegiornale satirico ideato da Antonio Ricci, Striscia la notizia. Che il 27 settembre ha proposto ai telespettatori un esperimento in tempo reale, sospettando che molte app ci spiino.

Come funzionerebbe il meccanismo perverso? Svariate delle applicazioni che scarichiamo chiedono, tra le autorizzazioni di accesso, che sia mantenuto acceso il microfono dello smartphone. Noi, magari distrattamente, accettiamo. E fin qui, nulla di illegale.

Se non che il microfono acceso permetterebbe ai gestori di alcune app di registrare le nostre conversazioni, carpire i nostri gusti e – una volta convertiti i file audio in testo – rivendere le informazioni a società pubblicitarie.

Due giorni dopo, mercoledì 29, Striscia la notizia torna sull’esperimento, a cui evidentemente hanno partecipato molti spettatori. Che hanno confermato in massa il fatto di essere spiati. È bastato pronunciare alcune parole, e nel giro di pochi minuti ecco che gli smartphone sono stati inondati di messaggi pubblicitari perfettamente in linea con le parole dette poco prima.

L’indagine del Garante della privacy

Dopo il servizio di Striscia la notizia, e le numerose segnalazioni dei consumatori, il Garante ha avviato un’istruttoria in collaborazione con il Nucleo speciale privacy e frodi tecnologiche della Guardia di Finanza.

A farlo sapere è stato l’avvocato Guido Scorza, che lavora presso il Garante per la protezione dei dati personali, proprio durante la puntata di Striscia del 29 settembre. Ammettendo che tecnicamente questo tipo di spionaggio è purtroppo possibile.

Il Garante analizzerà svariate app largamente diffuse, per verificare che l’informativa sia chiara e trasparente, così come la modalità di acquisizione del consenso alla diffusione dei dati. Questa attività affiancherà quella, già avviata, che riguarda la semplificazione delle informative, per aiutare i consumatori a effettuare sempre scelte libere e consapevoli.

Le parole di Guido Scorza

Sempre sollecitato da Strisica la notizia, l’avvocato Guido Scorza afferma che ci possiamo trovare di fronte a due casistiche ben distinte.

Da un lato, l’azione di app pirata, che senza chiedere il nostro consenso forzano i dispositivi mantenendo il microfono degli smartphone acceso.

Ma poi, e secondo Scorza sono i casi più frequenti, ci sono le applicazioni che ci chiedono il permesso di attivare il microfono. A quel punto siamo noi, che (magari prestando poca attenzione) diamo il consenso, a diventare corresponsabili delle campagne pubblicitarie ad hoc di cui ci dichiariamo vittime. L’altro motivo, aggiunge Scorza, è che diamo frettolosamente l’ok perché “siamo troppo presi dalla voglia di iniziare a utilizzare questo o quel servizio per leggere le famose lenzuolate delle informative sulla privacy. Quindi clicchiamo su Accetta, su Attiva il microfono, e via”.

Guido Scorza ne approfitta anche per ricordare che il Garante ha lanciato un contest per semplificare le informative, puntando su una serie di simboli e icone che sostituiscano parte del testo.

Le linee guida del Garante

Mentre l’indagine è partita, il Garante della privacy ha pubblicato sul proprio sito un vademecum dal titolo eloquente: Le indicazioni del Garante per tutelare la tua privacy quando usi smartphone e tablet.

Tra i consigli più preziosi, quello di non conservare troppi dati sul telefono e quello di proteggerli con una serie di codici (dal PIN al codice di blocco). Ma anche quello di installare un antivirus e di verificare che la navigazione sia protetta con protocolli di scambio dati criptati.

Non mancano suggerimenti sulla corretta gestione della geolocalizzazione e l’invito a scaricare solo app derivate da fonti conosciute. E, nemmeno a dirlo, quello di leggere con attenzione l’informativa sulla privacy e le condizioni d’uso del servizio.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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