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Le migliori monoposto di Formula 1 Williams | Auto for Dummies

Questa è una settimana molto particolare per gli appassionati di Formula 1. Con un Mondiale sempre più teso e combattuto che si avvia alla sua conclusione negli ultimi due round in Arabia Saudita e Emirati Arabi, il focus incredibilmente non è su Max Verstappen e Lewis Hamilton, ma su Sir Frank Williams. Il fondatore dell’omonima scuderia si è infatti spento a 79 anni domenica scorsa, lasciando un vuoto enorme nel cuore degli appassionati di tutto il mondo. Per rendere omaggio al mitico Sir Frank, oggi vedremo insieme le migliori monoposto di F1 della Williams:. Preparatevi, perché ci sono delle vere icone del mondo della Formula 1. Bentornati ad Auto for Dummies, la rubrica che vi racconta le più belle storie del mondo dei motori.

Tutto è nato, due volte, dalla monoposto di… qualcun altro: la prima monoposto F1 di Williams è una Brabham prima, e una March poi

Abbiamo realizzato un articolo celebrativo su Frank Williams, che la scorsa domenica ci ha lasciati a 79 anni dopo una vita davvero piena di ostacoli. Costretto su una sedia a rotelle da 35 anni dopo un incidente d’auto nel 1986, Williams è stato il tetraplegico più anziano del mondo fino alla sua morte. Un dettaglio che fa capire perfettamente la forza di volontà e la determinazione di un personaggio romantico, il vero ultimo “garagista” del mondo della Formula 1. Con questo termine, infatti, si intendono i costruttori non appoggiati da una Casa ufficiale o da una grande azienda. Una squadra piccola, spesso a conduzione familiare o portata avanti da storiche amicizie, che si fa largo tra i grandi del motorsport. In questo, Williams ha fatto scuola, diventando con i suoi mezzi sempre limitati rispetto alla concorrenza la seconda scuderia per Mondiali Costruttori vinti.

Con 9 titoli totali, infatti, la scuderia di Sir Frank Williams è seconda solamente alla Ferrari, ferma a quota 15, e davanti a mostri sacri come McLaren, Mercedes, Red Bull e Lotus. E questa incredibile capacità di vincere partendo da risorse e tecnologie inferiori ai rivali non era partita proprio con i migliori auspici. La prima vita della Williams iniziò nel 1969, quando il giovane Frank fondò la Frank Williams Racing Cars. La sua prima auto fu una Brabham usata, e aveva un solo pilota: l’amico Piers Courage. Con Courage, Williams aveva fatto la sua scalata verso la Formula 1, partendo dalla Formula 3 e arrivando alla Classe Regina. Il primo anno di Williams, con quella Brabham usata così competitiva, fu eccezionale: senza alcuna esperienza, Courage colse due secondi posti a Monaco e negli Stati Uniti.

Successivamente, Williams attirò le attenzioni di Alejandro De Tomaso, che scelse il giovane imprenditore inglese per approdare in Formula 1. La De Tomaso 505, disegnata da un giovanissimo Gian Paolo Dallara, fu però un disastro, difficilissima da guidare e poco competitiva. Alla De Tomaso 505 si lega anche un episodio che cambiò per sempre la vita di Williams. Al Gran Premio d’Olanda, infatti, un gravissimo incidente uccise l’amico Piers Courage. La morte del pilota inglese, legatissimo a Williams, cambiò l’approccio di Sir Frank con i piloti. Da quel giorno, infatti, Williams si tenne lontano da essi per evitare di soffrire nuovamente così. Dopo quel tragico evento, la Frank Williams Racing Cars non ottenne più risultati di rilievo. Mollata da De Tomaso alla fine del 1970, nel 1972 arrivò un’altra Casa italiana, la ISO, che però ottenne risultati se possibile peggiori della De Tomaso.

La nuova Williams GP nata… in un negozio di tappeti abbandonato

Williams così si avviò in una spirale negativa, che nel 1976 lo portò a vendere al magnate del petrolio Walter Wolf la sua amata scuderia. Dopo aver gestito per la stagione 1976 la squadra, nel 1977 decise di lasciare la sua creatura, e fondare una nuova squadra, la Williams GP Engineering. Al suo fianco arrivò quello che diventerà il socio e amico di sempre, l’ingegnere Patrick Head, con il quale costruì una nuova storia di successo. Anche questa volta, però, la nuova Williams partì con tanti sogni e pochissimi soldi. Non serve essere degli esperti di Formula 1 per sapere che, anche nel 1977, per competere servivano soldi.

Questo però non fermò Williams, che decise di partecipare a 10 gare nel 1977, per poi iniziare a competere sul serio nel 1978 con una propria automobile. Perciò, nel 1977 Williams acquistò un telaio di seconda mano, una March 761, e 4 motori Ford-Cosworth DFV usati. Il costo del telaio ammontò a 14.000 sterline, circa 93.000 euro in soldi odierni, e il pilota designato fu il belga Patrick Néve. E dov’era la nuovissima fabbrica della Williams GP?

Beh, non era esattamente una fabbrica, ma un… negozio di tappeti abbandonato. Nonostante l’assenza di qualsivoglia macchinario, di risorse e di fondi, la piccolissima Williams GP ottenne un onorevole settimo posto al Gran Premio d’Italia del 1977. Così facendo, attirò le attenzioni di facoltosi sponsor dell’Arabia Saudita, tra cui la compagnia aerea di bandiera Saudia. Questa inaspettata liquidità aiutò Williams a costruire la sua prima auto, la FW06 per il Campionato del 1978. Con alla guida l’australiano Alan Jones, WIlliams ottenne il suo primo podio, un secondo posto a Watkins Glen.

La FW07, la monposto di F1 Williams da cui tutto ebbe inizio: con lei la prima vittoria e i primi Campionati del Mondo

Dopo un inizio claudicante, Williams stava dando i segni di poter diventare una scuderia molto interessante. Grazie alla competitività dimostrata dalla FW06, Williams ottenne il decimo posto nel Campionato Costruttori grazie agli 11 punti guadagnati da Alan Jones nel corso della stagione. Questo risultato permise alla Williams di competere con due monposto di F1, ingaggiando così al fianco di Jones l’esperto svizzero Clay Regazzoni.

I due piloti, entrambi già vincitori di almeno un Gran Premio, avevano tutto il potenziale per emergere. Quello che mancava era una vettura all’altezza del compito. Così Patrick Head e il capo di Design e Aerodinamica Frank Dernie misero a punto la nuova monoposto Williams di F1 per la stagione 1979, la FW07. Settima auto a portare le iniziali di Frank Williams, la FW07 è forse l’automobile più importante della storia della scuderia. Nel 1978, il Mondiale venne vinto da Mario Andretti sulla Lotus 78, la prima auto a sfruttare l’effetto suolo. Grazie a imponenti minigonne e ad un sottoscocca studiato per “risucchiare” l’auto a terra, la Lotus 78 dominò il Campionato del Mondo. Head, così, decise di riprendere il design della Lotus 78 e realizzare una Williams capace di sfruttare come poche altre l’effetto suolo.

Durante la stagione 1979 ci si accorse infatti come la Williams FW07 fosse addirittura più efficace della Lotus 79, la sostituta della vincente 78. Lotus infatti studiò delle soluzioni per fare un altro salto oltre la concorrenza, che però diedero enormi problemi di affidabilità. La nuova FW07, invece, ebbe dei problemi di affidabilità solo all’inizio dell’anno. Per il Gran Premio d’Inghilterra, Dernie mise a punto un nuovo tipo di minigonne, in grado di garantire a queste di essere sempre a contatto con l’asfalto, garantendo così il massimo effetto suolo. Con questa modifica, la Williams FW07 volava.

Nel 1979, Clay Regazzoni vinse la sua ultima gara in Formula 1, la prima dal 1976, al GP di Gran Bretagna. Fu quella la prima vittoria della storia Williams, che dopo quel primo acuto non si fermò più. Alan Jones ottenne infatti 4 vittorie, di cui tre consecutive, nelle restanti sei gare dell’anno, sfiorando sia il titolo piloti che quello costruttori. La Williams era ormai una contendente al titolo, e guardava al 1980 con enormi speranze. Nella stagione ’80, Williams sostituì Regazzoni con l’argentino Carlos Reutemann, che formò con Alan Jones una coppia formidabile. Nel 1980, infatti, Williams ottenne con la nuova FW07B 6 vittorie e 12 podi, che consentirono a Williams di ottenere il suo primo Titolo Mondiale Costruttori. Allo stesso tempo, Jones diventò il primo (e finora unico) australiano a diventare Campione del Mondo Piloti.

La nuova FW07B sfruttava un V8 Ford-Cosworth DFV decisamente potenziato, capace di erogare fino a 515 CV, solo 10 meno del V12 Alfa Romeo e del V6 turbo Renault. Inoltre, l’effetto suolo era così potente che l’alettone anteriore era inutile e deleterio. La FW07B senz’ala si aggiudicò quindi entrambi i Campionati del Mondo nel 1980, e nel 1981 sfiorò una seconda doppietta consecutiva. A causa di problemi alla pressione del carburante a Hockenheim e a Monaco, Jones fu costretto al ritiro mentre era al comando in entrambe le gare, perdendo così il Campionato piloti. Williams però si riconfermò Campione del Mondo costruttori per la seconda volta consecutiva, diventando così una vera potenza nel mondo della Formula 1.

Le monoposto Williams di F1 mettono il turbo: la FW11 con il V6 Honda domina il mondiale 1986

Dopo la stagione 1981, Alan Jones decise di ritirarsi dalla Formula 1, a causa delle eccessive sollecitazoni fisiche delle nuove vetture con effetto suolo. Al suo posto arrivò un arcigno finlandese, Keke Rosberg, che nel 1982 conquistò un incredibile Campionato del Mondo piloti. In una stagione funestata dalla morte di Gilles Villeneuve e dal gravissimo infortunio del secondo pilota della Ferrari Didier Pironi, il mondiale che sembrava destinato a Maranello diventò incerto. Alla fine la spuntò proprio Rosberg, che con la Williams FW08 vinse un solo Gran Premio quell’anno, il GP di Svizzera, ottenendo anche 5 podi. Con una sola vittoria è il pilota ad aver vinto il Mondiale con il minor numero di vittorie di sempre.

Dopo quel fortunoso Mondiale 1982, Williams ebbe degli anni complicati, dove sembrava che la squadra inglese avesse perso il suo tocco magico. Dopo 2 Mondiali Piloti e altrettanti Costruttori, Williams non vinse un Mondiale dal 1983 al 1985. Tutto però era destinato a cambiare nel 1986, con l’arrivo della FW11. Questa è la prima monoposto di F1 del Team Williams dotata di motore turbo. Dopo aver dato fiducia fino ad allora ai motori Ford V8 aspirati e vedendo l’impennata di affidabilità dei motori turbocompressi, Williams scelse di affidarsi ai 1.5 V6 turbo Honda. La stagione però prende un’inaspettata direzione che cambierà per sempre la storia della scuderia.

L’8 marzo 1986, infatti, di ritorno dai test pre-stagionali della FW11 al Circuit Paul Ricard nel sud della Francia, Frank Williams alla guida di una Ford Sierra 1600 corse all’aeroporto di Nizza per prendere un aereo e partecipare ad una corsa podista, sua altra grande passione. Per un errore di guida, Williams perse il controllo della Sierra e si schiantò. Ribaltatosi e rimasto schiacciato tra tetto e sedile, Williams subì una gravissima lesione alla spina dorsale. Le sue condizioni sembravano critiche, tanto che i medici erano del parere di staccargli la spina. La moglie di Williams, però, Ginny Berry, si oppose alla decisione, poiché sapeva bene che il marito era un vero combattente. Williams infatti non solo sopravvisse, ma tornò alla fine del 1986 alla guida della sua amata scuderia, seppur ormai tetraplegico e costretto su una sedia a rotelle.

L’incidente di Williams diede una forza inaudita alla squadra inglese, che decise di “correre per Frank” nella stagione 1986. L’auto era eccezionalmente valida. Il 1.5 V6 Honda era potentissimo, capace di 800 CV in configurazione da gara e oltre 1.000 CV in assetto da qualifica. Seppure la vettura fosse incredibilmente valida, i due “leoni” all’interno della squadra c’era tantissima competizione. Il brasiliano Nelson Piquet, già Campione del Mondo 1981 e nel 1983, e il britannico Nigel Mansell, infatti, si diedero battaglia senza esclusione di colpi. L’assenza ai box di Frank Williams rese la gestione dei piloti molto difficile per Patrick Head, che rimasto a capo del Team non riuscì a limitare la foga dei due. E infatti, in una stagione 1986 dominata da Williams, il titolo piloti andò ad un incredulo Alain Prost su McLaren, che approfittò della lotta fratricida tra Piquet e Mansell.

La stagione 1987, il ritorno al Titolo Piloti con Piquet e la FW11B

La Williams, però, si aggiudicò il Titolo Mondiale Costruttori, il terzo della sua storia. E come abbiamo ormai capito, era questo il vero obiettivo di Frank Williams. Sir Frank infatti aveva la stessa opinione di Enzo Ferrari: importante il Titolo Piloti, certo, ma l’obiettivo massimo per una Scuderia è proprio quel bramato Campionato del Mondo Costruttori. Per questo, la Williams si disse soddisfatta della stagione 1986. Certamente, però, erano meno soddisfatti i due piloti. Mansell e Piquet si ritrovarono così per la stagione 1987 con una incredibile voglia di riscatto personale.

La monoposto Williams per la stagione di F1 1987 fu la FW11B, una FW11 rimaneggiata, con un motore Honda ancora più potente. La stagione 1987 andò esattamente secondo i piani, con una Williams ancora dominatrice, superiore alla McLaren motorizzata TAG-Porsche. Il duo Mansell-Piquet ottenne infatti ben 9 vittorie e 9 podi in stagione, conquistando per la seconda volta nella sua storia due Campionati del Mondo Costruttori consecutivi. E il titolo piloti? La vittoria andò a Nelson Piquet, che vinse solo 3 Gran Premi contro i 6 di Nigel Mansell, ma fu il pilota più costante. Mentre infatti Piquet ottenne sette secondi posti, accontentandosi quando non poteva vincere, il Leone Mansell dava sempre tutto per vincere, a volte esagerando e commettendo errori o forzando troppo la meccanica.

Il titolo 1987 fu l’ultimo della carriera di Nelson Piquet, per una vittoria che lo stesso pilota brasiliano definì “la vittoria dell’intelligenza contro la stupidità”. Nella stagione 1988 i due piloti, che non sono mai amati per usare un eufemismo, si separarono. Piquet andò in Lotus nel 1988, mentre Mansell rimase in Williams facendo coppia con l’italiano Riccardo Patrese.

Il capolavoro di Williams, una delle monoposto di F1 più vincenti di sempre: la Williams FW14B

Dopo il 1987, Williams perse l’appoggio di Honda, che dalla stagione 1988 decise di motorizzare la McLaren. La decisione fu molto discussa, in quanto trapelò che Honda scelse di abbandonare Williams in quanto “non sicura che Frank Williams potesse tornare a guidare la squadra al meglio”. Dopo questo smacco, Williams si impegnò a far ricredere tutti. Dopo la doppia vittoria del 1987, ci furono tre stagioni molto difficili. Come abbiamo visto, infatti, la storia della scuderia inglese è fatta di alti e bassi. A stagioni di dominio assoluto, si alternano annate opache. Dal 1988, dove la fornitura di motori Judd affossò le possibilità della FW12, mentre le stagioni 1989 e 1990 furono per la FW13 spinta da motori Renault buone ma non eccezionali.

Per dare una sferzata alla squadra, Williams ingaggiò nel 1990 un giovane progettista molto promettente dalla March-Leyton House, l’inglese Adrian Newey. L’ingegnere britannico, oggi conosciuto per i capolavori in McLaren e Red Bull, era all’epoca un talento di belle speranze, che però veniva da due stagioni sotto tono. Newey infatti si era distinto per delle soluzioni davvero avveniristiche nel suo trascorso alla Leyton House. Questa estremizzazione, però, portava delle monoposto molto complesse e difficili da mettere a punto. In più, i mezzi economici messi a disposizione dalla March-Leyton House non erano sufficienti per sviluppare al meglio le vetture di Newey. Arrivato in Williams a metà del 1990, Newey qui trovo un budget molto più alto, e soprattutto un capo ingegnere come Patrick Head, che diede al giovane Adrian le libertà (e le finanze) di cui aveva bisogno.

Per la stagione 1991, così, arrivò la Williams FW14, la prima sviluppata da Newey. La FW14 era avveniristica e moderna, ma allo stesso tempo facile da assettare e gestire. Mostrata a Nigel Mansell, che meditava il ritiro per il 1991, lasciò talmente colpito il pilota inglese da convincerlo a non ritirarsi dopo la fallimentare esperienza in Ferrari, e a continuare a correre anche nel 1991. Il motore Renault V10 da 3.5 litri era dotato di distribuzione a valvole con richiamo pneumatico e, in un secondo momento, anche di tromboncini di aspirazione ad altezza variabile capace di raggiungere i 700 CV. Accoppiato al V10 c’era anche una novità per Williams, il cambio semi-automatico. Portato al debutto nell’89 da Ferrari, il cambio semi-automatico diede non pochi problemi alla Williams nel 1991.

Nonostante la monoposto F1 di Williams fosse infatti più veloce della McLaren MP4/6 di Ayrton Senna, i problemi ad inizio stagione al cambio automatico diedero al brasiliano e al suo cambio manuale un vantaggio incolmabile. Nonostante quindi la FW14 fosse la vettura più veloce in pista, sfuggirono sia il Campionato Piloti che quello Costruttori, andati rispettivamente a Senna e a McLaren. Tutto però era destinato a cambiare nel 1992. Aumentata l’affidabilità e limati i difetti della FW14, Williams introdusse delle novità tecniche incredibili e mai viste prima. La Williams FW14B, infatti, si schierò per la stagione 1992 con un 3.5 V10 capace di 750 CV, ma le più grandi innovazioni erano a livello di handling.

Insieme all’ora affidabile cambio semi-automatico, infatti, la Williams FW14B sfoggiava il controllo di trazione, per un periodo l’ABS e le sospensioni attive. Sognate, bramate e testate diverse volte nel corso degli anni, nel 1992 Williams riuscì a domare le sospensioni attive e realizzò quella che venne subito definita come “l’auto venuta da un altro pianeta. Capace di avere un’efficienza aerodinamica e un grip infinitamente superiore alle altre vetture dotate di sospensioni passive, la FW14B dominò la stagione 1992 in lungo e in largo. Nigel Mansell vinse 9 gare su 16, arrivando secondo in altre tre e ritirandosi in ulteriori 4 gare. Riccardo Patrese invece ottenne 8 podi e una vittoria, sugellando un dominio totale per la Williams. La squadra di Grove vinse infatti agevolmente il Campionato del Mondo Costruttori, mentre Nigel Mansell si aggiudicò il Campionato Piloti per la prima e unica volta nella sua carriera.

Williams FW15C, la vettura più tecnologicamente avanzata della storia della Formula 1

Arriviamo alla quarta vettura di oggi parlando della stagione 1993, un’altra dominata in lungo e in largo da Williams. La squadra di Sir Frank aveva infatti già pronta la nuova FW15 a metà stagione 1992, la Casa decise di attendere il debutto all’inizio della stagione 1993. Perché realizzare una monoposto così tanto tempo prima? Newey, sorprendentemente, non era soddisfatto della FW14B. La monoposto era infatti stata pensata come vettura passiva, prima dei sistemi utilizzati poi sulla versione B. Questo portava la FW14B ad essere più pesante e meno agile di quanto i progettisti avrebbero desiderato. La vettura, però, ebbe un successo clamoroso in pista, perciò si attese la stagione 1993 per lanciare la nuova FW15. Quindi la FW15 è la prima monoposto di F1 di Williams ad essere stata disegnata per essere una vettura attiva.

Non mancano quindi le sospensioni attive integrate nella scocca, e non più con gli attuatori posizionati in delle “gobbe” sopra gli attacchi delle sospensioni anteriori. L’ABS e il controllo di trazione sono integrati al meglio nel progetto, e il V10 Renault arriva a 780CV, 30CV in più della FW14. Il nome poi venne cambiato in FW15C, per una continuità con la incredibile FW14B. Potendo contare su sospensioni attive, controllo di trazione e ABS, tutte soluzioni bandite dopo il 1994, la FW15C è ancora oggi considerata la vettura di Formula 1 più avanzata di sempre. A livello strutturale, l’aerodinamica è stata migliorata del 12%, e i telai sono completamente differenti per i due piloti.

Anzi, l’intera line-up è stata rivoluzionata. Salutato Riccardo Patrese, passato in Benetton, e Nigel Mansell, ritiratosi dal Circus per correre in America, a portare i colori della Canon-Williams sono il tre volte Campione del Mondo Alain Prost e Damon Hill. Hill, figlio del due volte Campione del Mondo Graham Hill, dopo il ritiro di Mansell Campione del Mondo 1992 corse con l’inusuale numero 0. Ma non fu quello l’unico intoppo: Hill era infatti alto quasi 20 cm in più di Prost. In più, portava anche un 47.5 di piede. Il telaio delle due monoposto era quindi molto diverso, con quella di Prost più affusolata e più corta.

Prost decise di tornare nel 1993 per un ultima stagione dopo l’anno sabbatico del 1992. Decise di farlo con la scuderia più forte, desideroso di battere il rivale di sempre, Ayrton Senna, e conquistare il quarto mondiale. Inutile dire che, anche quell’anno, la supremazia della Williams sulle altre vetture fu schiacciante. In 16 gare, la Williams FW15C ne vinse 10, anche ottenendo 15 pole position e 10 giri veloci. Williams vinse il suo sesto Campionato del Mondo costruttori, e Prost si aggiudicò il suo quarto ed ultimo Campionato del Mondo Piloti.

L’ultima monoposto F1 Williams iridata, la FW19

L’ultima monoposto F1 Williams di cui parleremo oggi è l’ultima capace di vincere un Campionato del Mondo, la Williams FW19 del 1997. Ma prima vediamo come Williams arrivò al 1997 dal vittorioso 1993. Dopo il 1993, Williams rimase sempre tra le più forti in circolazione. A parte la stagione 1995, dove ci fu il dominio di Michael Schumacher e della sua Benetton, Williams si aggiudicò i Campionati Costruttori nel 1994 e 1996. Il 1994 è, ovviamente, un annus horribilis per la Williams e per la Formula 1, segnato dalla morte il 1° maggio 1994 di Ayrton Senna al Gran Premio di San Marino, proprio alla guida di una Williams.

La morte del campione brasiliano portò con sé una denuncia, poi caduta, di omicidio colposo proprio ai danni di Frank Williams. Nonostante questa tragedia, la FW16 fu una vettura vincente, capace di riportare per il terzo anno consecutivo a Grove il Campionato del Mondo Costruttori. Quello piloti, invece, fu appannaggio dell’astro nascente Michael Schumacher su Benetton. Nel 1995, come detto, Schumacher dominò con la sua Benetton, mentre nel 1996 ci fu un’incredibile battaglia tra l’asso tedesco e l’alfiere Williams Damon Hill.

Il figlio d’arte, iniziata tardissimo la carriera in Formula 1 (debuttò a ben 32 anni nel 1992 con la Brabham), nel 1996 aveva l’occasione d’oro per vincere il suo primo Mondiale. Alla guida della FW18 disegnata, ancora una volta, da Newey, diede vita ad una battaglia con il suo compagno di squadra, il giovane canadese Jacques Villeneuve, e con il due volte Campione del Mondo Michael Schumacher, passato in Ferrari per la stagione 1996. Alla fine, sia Hill che la Williams si laurearono Campioni del Mondo. In più, Hill diventò il primo figlio di un Campione del Mondo a vincere a sua volta un Campionato del mondo. L’unico, ad oggi, ad aver compiuto la stessa impresa è Nico Rosberg, Campione del Mondo nel 2016 come fu suo padre Keke, proprio su Williams, nel 1982.

La sfida Williams-Ferrari si ripropose ancora nel 1997, quando Jacques Villeneuve, diventato pilota di punta Williams dopo il passaggio di Hill in Arrows, sfidò in una stagione durissima Schumacher. La monoposto F1 Williams di quell’anno era la FW19, l’ultima disegnata da Adrian Newey, passato proprio all’inizio del 1997 in McLaren. Spinta ancora da un V10 Renault da 3.0 litri capace di oltre 700 CV, la FW19 si adattava benissimo allo stile di guida di Villeneuve. Il pilota canadese, figlio di quel mitico Gilles morto durante le qualifiche del GP d’Olanda del 1982, era un personaggio tosto. Arrivato dalla CART, l’equivalente odierno della Indycar, aveva tanta personalità e un gran talento. Dopo un 1996 di apprendistato, Villeneuve arrivò alla stagione 1997 come candidato alla vittoria finale.

Durante la stagione 1997 ottenne ben 7 vittorie, ma diversi ritiri durante la stagione fecero arrivare Schumacher e Villeneuve all’ultima gara, il GP d’Europa a Jerez, con Schumacher davanti a Villeneuve di un solo punto. Dopo una qualifica memorabile, dove Villeneuve, Schumacher e il secondo pilota Williams Heinz-Harald Frentzen ottennero lo stesso identico tempo (1:21.072), Villeneuve doveva semplicemente arrivare davanti a Schumacher per vincere il titolo. Dopo degli ottimi pit-stop, Villeneuve cominciò l’ultima parte di gara in prima posizione, davanti a Schumacher. A quel punto, il tedesco fece una delle manovre più celebri e più discusse della storia della Formula 1. Tentando un sorpasso alla prima curva, Schumacher una volta affiancato Villeneuve sterzò contro il canadese, finendo però nella ghiaia e ritirandosi dalla gara.

Villeneuve (che non sapeva di avere la batteria appesa ai soli cavi) portò al traguardo la vettura danneggiata con estrema cautela, consentendo al finlandese Mika Hakkinen su McLaren di vincere la sua prima gara in carriera. Arrivato terzo al traguardo, Villeneuve vinse il suo primo (e unico) Titolo Mondiale in Formula 1. Williams, invece, vinse il suo nono e ultimo Mondiale Costruttori, e il suo settimo e ultimo Mondiale Piloti.

Monoposto F1 Williams che meritano una menzione memorabile: il periodo BMW, la FW34 di Maldonado e la FW36 dell’era turbo-ibrida

Dopo quella vittoria, in Williams si perse un po’ la bussola. La scuderia di Grove infatti, orfana del suo geniale progettista Newey, ebbe tre stagioni molto difficili. Nel 1998 e 1999 infatti non trovò più continuità. Nel 1998, grazie a diversi podi di Frentzen e Villeneuve, arrivò terza nel Mondiale Costruttori, mentre nel 1999 scivolò al quinto posto. Così nel 2000 Williams decide di fare il suo primo accordo con una Casa automobilistica, BMW. Il quinquennio BMW portò grandi soddisfazioni a Williams, che con Ralf Schumacher, Jenson Button nel 2000 e Juan Pablo Montoya dal 2001 al 2004 ottenne 10 vittorie e 31 podi. L’unica cosa che ha tenuto la Williams lontana da un titolo è stato lo strapotere Ferrari, che in quel quinquennio inanellò 5 Campionati del Mondo Piloti e Costruttori consecutivi.

Dopo un 2005 deludente con Mark Webber e Nick Heidefeld alla guida, Williams tornò completamente indipendente per la stagione 2006. Dopo diverse stagioni da buon team di media classifica, la scuderia di Grove tornò alla vittoria solo nel 2012. Dal 2006, a parte qualche sporadica gara pazza, la Williams non ebbe più avuto grandi acuti. L’unica vera situazione memorabile fu la Pole Position sul bagnato nel 2010 di un giovanissimo Nico Hülkenberg. Nel 2012, però, in una stagione completamente pazza, la Williams FW34 conquistò la’ultima vittoria ad oggi per la Williams. Tornata ai motori Renault, nel GP di Spagna del 2012 si trovò sorprendentemente nelle posizioni di vertice vertice durante le prove e anche in qualifica. In pole position, infatti, si posizionò il venezuelano Pastor Maldonado, che con una gara impeccabile riportò la vittoria alla squadra di Sir Frank per l’ultima volta.

Se infatti quello spagnolo fu l’unico acuto della stagione, Williams tornò davvero competitiva il primo anno deell’era turbo-ibrida, il 2014. La FW36 motorizzata Mercedes era davvero veloce e competitiva, spesso seconda forza del campionato dietro le imbattibili Mercedes. Felipe Massa e Valtteri Bottas ottennero infatti 9 podi di cui tre secondi posti, ma non fu mai in grado di insidiare Lewis Hamilton e Nico Rosberg. Grazie ad una rediviva Red Bull, la Williams ottenne il terzo posto nel Mondiale Costruttori nel 2014 e nel 2015, dando ottime speranze per il futuro.

Il presente opaco, nella speranza di tornare grande

Dopo l’ultimo podio conquistato nel 2017 da Lance Stroll a Baku, però, la Williams ha affrontato anni davvero difficili. La squadra, in mano alla figlia di Sir Frank Williams, Claire, perse competitività, arrivando nel 2018, 2019 e 2020 ad essere il fanalino di coda del Campionato. Quest’anno, invece, con la FW43B, ha ottenuto dei buoni piazzamenti a metà della stagione, culminati con il controverso secondo posto della stella della squadra, George Russell, nel (non realmente disputato) GP del Belgio. Insieme al terzo posto in qualifica guadagnato in condizioni di bagnato in Russia, questi due colpi di classe di Russell fanno ben sperare per il futuro.

Williams ha infatti ricominciato a guadagnare punti, e la nuova proprietà Dorilton Capital ha in mente un investimento a lungo termine, con l’obiettivo di far tornare la Williams dove le compete. Sfotunatamente, però, Sir Frank Williams non potrà più vederlo. Domenica è infatti spirato il fondatore della scuderia dopo un anno di povere condizioni di salute. La sua squadra, invece, è passata di mano a settembre 2020, più di un anno fa. Nonostante sia quindi mancata l’ultima vera famiglia di garagisti, la Williams di oggi porta in sé il DNA del suo fondatore. Determinazione, abnegazione, voglia di farcela sopra ogni ostacolo, e mai mollare. Questi sono i segreti di ogni monoposto di F1 vincente di Williams. E quando torneranno in pieno sulle auto della squadra di Grove, sicuramente torneranno a lottare per un Campionato del Mondo. E noi gli auguriamo di tornare il prima possibile.

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Giulio Verdiraimo

Ho 22 anni, studio Ingegneria e sono malato di auto. Di ogni tipo, forma, dimensione. Basta che abbia quattro ruote e riesce ad emozionarmi, meglio se analogiche! Al contempo, amo molto la tecnologia, la musica rock e i viaggi, soprattutto culinari!

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