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La Psicoacustica, ovvero sentire i suoni che non ci sono

I suoni hanno alcune particolari ripercussioni psicologiche. Lo dimostra la psicoacustica, una disciplina che pochi conoscono

In questi giorni si sente spesso parlare di Neuralink, la start-up di Elon Musk che sta lavorando ad un chip (da impiantare nel cervello) che permetterà di ascoltare la musica senza auricolari. Ma mentre tutti siamo attratti da questa incredibile novità, solo pochi di noi sanno che ogni cosa che ascoltiamo comporta implicazioni psicologiche. Questo non lo diciamo noi, bensì la psicoacustica, ossia quella disciplina che studia la percezione soggettiva dei suoni.

In poche parole, esiste qualcuno che studia come le onde di uno stimolo acustico siano recepite e poi convertite in pensieri dal nostro stesso cervello. È un duro lavoro, diciamo la verità. Un mix di acustica, elettromeccanica, neurologia e psicologia, di cui molti ignorano addirittura l’esistenza. A cosa serve tutto questo? A capire quali sono le componenti di un suono che ogni essere umano è in grado di percepire, considerando che questo è un segnale analogico di tipo continuo che può inviare infinite informazioni al nostro orecchio (e non solo).

I concetti base della disciplina

Scrivere un trattato esaustivo di psicoacustica non è semplice, e non è certo questa la sede. Possiamo però considerare alcuni dei concetti base della disciplina, così da capire davvero cosa determina la relazione tra le caratteristiche di un suono e la sensazione uditiva che questo provoca. Eccone alcuni:

  • la soglia di percezione uditiva assoluta, ossia il livello più basso di pressione sonora che ci permette di avere una sensazione uditiva in un ambiente silenzioso. Questo limite varia da persona a persona, e per ogni frequenza sonora
  • le bande critiche di frequenza, ossia intervalli di frequenze entro cui due toni puri simultanei non riescono ad essere percepiti come distinti
  • il mascheramento, un fenomeno secondo cui la percezione delle diverse componenti di un suono complesso non avviene in maniera indipendente. Per particolari ragioni fisiologiche, la percezione di determinate frequenze ne ostacola la percezione di altre.

mascheramento

A questo punto, vi stupirà sapere che la realizzazione di un comunissimo MP3 è basata proprio sulla possibile quantificazione dell’effetto di mascheramento. Per ottenere una giusta riduzione dei bit che servono per la codifica si utilizza un numero variabile di bit, così da perdere tutte le componenti del segnale acustico che sono al di sotto della soglia di mascheramento.

Masque, la maschera psicoacustica che studia le ripercussioni psicologiche

Tutto questo discorso su come la psicoacustica possa essere utile per studiare le ripercussioni psicologiche indotte dall’ascolto di segnali acustici si può riassumere con una sola parola: MasqueChe cos’è? Una maschera psicoacustica ideata qualche anno fa da Xin Liu nell’ambito del progetto MIT Media Lab. Cosa fa di preciso? Manipola la percezione che l’utente ha della propria respirazione fornendogli un falso feedback uditivo.

Masque
Credit: Xin Liu

La maschera psicoacustica, progettata sulla base di quelle veneziane, rileva l’attività respiratoria di chi la indossa e riproduce una frequenza diversa sintetizzandola in tempo reale. In questo modo, attraverso un auricolare a conduzione ossea integrata, gli utenti sentono il suono della respirazione sincronizzata e reagiscono naturalmente ai segnali sintetici del corpo.

Psicoacustica - Maschera
Credit: Xin Liu

L’utente che ascolta una frequenza respiratoria diversa non tende a modificare la sua, ma ha invece delle particolari ripercussioni psicologiche. Per dimostrare il funzionamento di Masque, Xin Liu ha condotto una serie di studi di settore. Nel primo dei due, indagando il comportamento di alcuni dei partecipanti ad un test universitario, ha dimostrato che gli utenti che ascoltavano respiri con frequenze e volumi maggiori dimostravano un aumento significativo dei livelli di ansia. Ben più alto rispetto a quelli che ascoltavano frequenze e volumi minori.

Nel secondo studio, invece, Xin Liu ha indagato le reazioni di eccitazione di dodici maschi eterosessuali, sottoponendogli ben 14 foto di donne per 30 secondi ognuna. Il risultato? Gli uomini che ascoltavano una respirazione con frequenze e volumi maggiori finivano con l’essere più eccitati e trovare le foto più attraenti.

Si tratta di un esperimento molto sensato, che dimostra chiaramente come un suono possa avere delle ripercussioni anche sulla nostra psicologia. Nulla meglio di Masque riesce ad incarnare alla perfezione quello che è la psicoacustica, una disciplina che studia come un segnale acustico possa avere rilevanti implicazioni psicologiche.

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Chiara Crescenzi

Editor compulsiva, amante delle serie tv e del cibo spazzatura. Condivido la mia vita con un Bulldog Inglese, fonte di ispirazione delle cose che scrivo.

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