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Recensione Unknown Fate – Non avere paura del buio

I giochi abbandonati di un'infanzia interrotta arrivano anche su Nintendo Switch

Prendete una notte dominata da incubi tipici della febbre, durante i quali rivivete i ricordi del passato ma in un mondo che ha dell’irreale all’ennesima potenza. La realtà è scomparsa, non c’è alcun essere vivente e nulla ha senso, mentre percorrete un cammino pieno di ostacoli che vi conduce nei meandri di una dimensione oscura costellata di oggetti appartenenti al mondo reale o assolutamente privi di senso. Ne parlavamo qualche mese fa nella nostra rubrica indie, all’epoca del lancio per per PC, HTC Vive e Oculus Rift: a quasi sei mesi dalla comparsa sulla scena videoludica, Unknown Fate porta su Nintendo Switch i suoi misteri nel viaggio fortemente toccante e introspettivo sviluppato da 1C Company. Lo studio russo ripropone sulla portatile il viaggio onirico e assolutamente distopico di un uomo, Richard, che non ha ricordi nel mondo in cui è finito all’improvviso, ma vive solo alcuni frammenti di vita passata, rivedendosi come un bambino tanto timido quanto solitario.

Giochi abbandonati e incubi bambini

L’assurdità di questo ambiente è dettata dagli esseri più strampalati che vagano per cielo e  terra, come orche e demonietti di varie dimensioni, nonché mani che spuntano dal terreno per sgomberare il cammino da ostacoli altrimenti insormontabili. Sono come essenze che indicano la strada o disseminano indizi da seguire per arrivare alla meta, oltre che parlarci direttamente per enigmi, tentando di spiegarci la situazione in cui ci troviamo e come arrivarne a capo. Il tutto accompagnato dalla voce di una presenza ignota che ci conduce in questo mondo dove le “luci sacre” non si sono accese, e senza luce non ci può essere vita. Solo Richard può essere in grado di trovare una soluzione, essendo l’unico essere umano in questo mondo, oltre che tante risposte alle domande che ancora lo assillano. Per raggiungere questo obiettivo però dovrà affrontare il più grande ostacolo della sua vita: la sua stessa emotività e i suoi ricordi, in questo viaggio oscuro che denota e rimarca la difficoltà caratterizzante il suo passato difficile. Saranno delle pietre rosso rubino a riportarci indietro nel tempo e facendoci riscoprire questi momenti apparentemente scollegati fra loro e privi di nesso logico.

A metà tra un’avventura in prima persona e un puzzle game, l’intera storia si configura come un’allegoria chiara di come un bambino vede il mondo intorno a sé, oltre che rappresentare i momenti difficili di Richard con prese della corrente con fili rotti, giochi di legno abbandonati e ruote panoramiche in disuso. Abbiamo per le mani un gioco di quelli in cui non vediamo la fisicità della nostra persona, se non le mani e parte dell’avambraccio in alcune sporadiche occasioni, calandoci in modo ancora più diretto in questa esperienza cerebrale ed emotiva. Il tutto si riduce a un gameplay in cui non dovremo fare altro che seguire la strada, senza troppa difficoltà nell’indovinare il percorso da seguire, essendo unidirezionale, e saltando qua e là su tavole di legno, azionare qualche misterioso meccanismo e incappare in memorie del passato, rappresentate in modo originale con una grafica in bianco e nero molto particolare, che contraddistingue questi momenti di gioco dalla linea narrativa principale.

Saremo i portatori della luce in questo mondo di tenebre, motivo per cui la nostra arma sarà una lampada in grado di sparare colpi e lanciare bagliori accecanti per stordire e uccidere i nostri nemici, in combattimenti sporadici e dalla difficoltà abbastanza esigua. Sarà però una figura femminile da noi individuata come “più umana” degli altri a darci qualche indizio in più: ci mette in guardia dalla voce guida, che ci riempirà la testa di menzogne convincendoci che questo mondo non sia reale. Ma come ogni comprimario che giunge in aiuto dell’eroe, il personaggio cadrà vittima delle mani senza identità, ingoiato nel buio dell’incubo e dell’ignoto. Riusciremo a trarlo in salvo e riuscire a trovare una logica nei ricordi passati della nostra infanzia?

I colori dell’incubo

Da un punto di vista tecnico, andremo a utilizzare praticamente quasi ogni funzionalità concessa dalla piattaforma, dove diversi tasti sono utilizzabili durante il gioco, fatto salvo per il touchscreen, non prevista in nessun caso. Le impostazioni, purtroppo o per fortuna, sono ridotte all’osso, ma in maniera ragionata: potremo aggiustare la sensibilità del joystick, impostare la lingua dei sottotitoli, presenti anche in lingua italiana grazie a una totale localizzazione dalla precisione elevata, e aumentare o diminuire la luminosità dell’ambiente. Quest’ultima opzione risulta davvero importante, poiché vagheremo spesso in ambienti parecchio bui, dunque è fondamentale poter vedere quanto ci circonda per non cadere in precipizi o non riuscire ad avanzare per problemi di visibilità (piuttosto frequenti in questo gioco).

Il lavoro grafico compiuto dal team evidenzia una certa cura per i dettagli e per le forme, in particolare il design dei personaggi e i loro colori caratteristici sono davvero interessanti, oltre che dare la precedenza a colori scuri sui toni del nero, grigio e viola, in netto contrasto con gli elementi luminosi e diventando una parte predominante nel grado elevato di coinvolgimento di questo gioco. Siamo effettivamente coinvolti in modo molto naturale, desiderosi di sapere di più su cosa sta vivendo il nostro protagonista, una sensazione aumentata dalla partecipazione in prima persona. Il comparto creativo del gioco guadagna un altro punto a favore anche sul lato musicale, dove colonna sonora ed effetti audio svolgono un ruolo fondamentale nel ricreare un’atmosfera di tensione e in parte disturbante, chiarendo molto bene lo stile del gioco e il genere narrativo che andiamo a sviscerare. Ogni elemento, dai nostri passi ai movimenti di insetti ed esseri fantastici, fino a qualsiasi altro rumore ambientale, viene ricreato in modo naturale e preciso, senza sbavature o ritardi nella sincronizzazione tra movimenti e suoni.

Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi

Se i diavoletti e demoni del passato cercano di incutere terrore e relegarci nel loro mondo, troveremo comunque diverse falle nel loro piano. Il gioco infatti non è scevro da punti di debolezza, come la telecamera, non sempre al massimo delle sue prestazioni (per quanto possiamo regolare la visuale con il pad del joy-con destro) e la tridimensionalità e prospettiva risultano talvolta poco chiare e realistiche, come se la statura fisica del nostro eroe si riduca in alcuni punti di gioco e alterasse la percezione che abbiamo dell’ambiente intorno a noi. Una problematica che risulta abbastanza ovvia nel saltare da una piattaforma all’altra, ma non si tratta di nulla che possa interrompere l’esperienza di gioco: basterà prendere la mano (e soprattutto l’occhio) su queste distanze.

Un bug abbastanza fastidioso riguarda proprio la difficoltà nel capire le effettive distanze e la presenza di ostacoli che impediscono l’incedere del personaggio, oltre al difetto frequente di così come talvolta il software fatica nell’alternanza tra gameplay e cutscene con alcuni dialoghi, impiegando qualche secondo di tempo durante i quali non possiamo muoverci, se non per muovere la telecamera. Infine sullo schermo si nota a fatica un mirino posto al centro che dovrebbe esserci d’aiuto nel momento in cui dobbiamo sparare con il nostro dispositivo luminoso, soprattutto per mirare elementi a distanza. La difficoltà starà soprattutto nel cercare di distinguere il pallino, soprattutto in presenza di colori altrettanto chiari nei paraggi.

In definitiva saranno proprio queste presenze e immagini di infanzia interrotta a dare un tono particolarmente freddo e introspettivo a una storia che mette a nudo l’immaginazione di un bambino e la sua psicologia, ponendo allo stesso tempo un adulto che rispolvera vecchie ferite facendo tornare a pulsare le cicatrici di un passato non del tutto chiuso e risolto. Un lavoro davvero interessante che sa parlare a molti di noi, toccando tasti dell’anima che pensavamo nascosti e irrecuperabili, alla (ri)scoperta di noi stessi.

Unknown Fate

Pro Pros Icon
  • - Grafica particolare ed evocativa
  • -Narrazione evocativa e allegorica molto interessante
  • - Riduzione di elementi disturbatori della storia
  • Comparto grafico e colonna sonora evocativi e ben ideati
Contro Cons Icon
  • Qualche bug noioso a livello di telecamera
  • Fatica nell'alternanza tra gameplay e cutscene

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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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