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Chi era l’ultimo Scià di Persia, morto 42 anni fa col sogno di occidentalizzare l’Iran

42 anni fa moriva l'ultimo Scià di Persia, sognava un Iran occidentalizzato, tra repressione politica, divieto del velo e diritto al divorzio

Cairo, 27 luglio 1980, le autorità egiziane annunciano la morte di Mohammad Reza Pahlavi, ultimo Scià di Persia, scomparso a 60 anni per un tumore in terra straniera.

Facciamo un salto indietro nel tempo.

Nato nel 1919 e figlio di Reza Pahlavi, primo Scià di Persia della dinastia Pahlavi, Mohammad si forma all’estero, nel prestigioso istituto elvetico Le Rosey. Sarà il primo principe iraniano a studiare all’estero, dove conosce da vicino la cultura occidentale.

Dopo quattro anni trascorsi in Svizzera, all’età di 15 anni rientra in patria dove continua il suo percorso di studi, che termina nel 1938 all’accademia militare di Teheran.

Nell’estate del 1941, dopo l’invasione anglo-sovietica messa in atto da Stalin e Churchill ai danni di un Iran dichiaratamente neutrale durante la seconda Guerra Mondiale, Raza Pahlavi, che guidava il paese dal 1925, venne costretto all’esilio.

Il paese diventa il “corridoio persiano” che garantisce alla Russia i rifornimenti di armi per combattere i nazisti, diretti verso Mosca nell’operazione Barbarossa.

Dopo l’abdicazione forzata del padre, il 16 settembre 1941 Mohammad Raza, a soli 22 anni diventa nuovo Scià di Persia.

il giovane Mohammad Reza Pahlavi Scià di Persia
il giovane Mohammad Reza Pahlavi Scià di Persia

Chi era lo Scià?

Con questo termine si indicava il monarca nella lingua persiana. In realtà lo Scià è molto più di un semplice re. Egli oltre ad avere pieni poteri politici, viene riconosciuto anche come guida spirituale del paese, addirittura sopra le figure religiose di spicco.

Dal 1943 gli Alleati cominciarono a sostenere l’istaurazione di una monarchia costituzionale in Iran. Il nuovo Scià Pahlavi risulta essere la figura giusta per mantenere il controllo non solo politico del paese, ma soprattutto il controllo delle ricchezze del sottosuolo.

L’influenza inglese e statunitense diventa sempre più presente, tanto che nel paese cominciano a nascere i primi malcontenti.

Nel 1949 lo Scià sfugge ad un tentativo di assassinio, puntando il dito contro i partiti filo-sovietici dell’opposizione.

Intanto parte della classe politica e della popolazione iraniana esprimono un malcontento nei confronti dell’AIOC (l’Anglo-Iranian Oil Company), accusata di sfruttare le risorse naturali del paese.

Il malcontento nei confronti dello Scià Mohammad Reza Pahlavi tocca il culmine con l’assassinio del suo primo ministro Ali Razmara, favorevole al rinnovo della concessione petrolifera all’AIOC.

Con la morte di Razmara, il Majlis (il parlamento persiano) elesse come nuovo premier Mohammad Mossadeq, il principale oppositore dell’AIOC. Quest’ultimo, appena insediatosi, fece approvare la nazionalizzazione dell’industria petrolifera, raccogliendo consensi tra il popolo e attriti con lo Scià.

Mohammad Mossadeq accolto trionfante dal popolo iraniano subito dopo la nazionalizzazione dell'industria petrolifera
Mohammad Mossadeq accolto trionfante dal popolo iraniano subito dopo la nazionalizzazione dell’industria petrolifera


Tale mossa risultò poco gradevole a Londra che spinse lo Scià a sostituire il primo ministro.

Lo Scià Reza Pahlavi inizialmente sostituì Mossadeq, ma tale mossa scatenò un’ondata di violente manifestazioni a favore di quest’ultimo, che torno a ricoprire la carica di primo ministro più forte di prima.

La figura di Mossadeq divenne talmente imponente dal punto di vista politico, che nel 1953 egli costrinse lo Scià all’esilio a Roma.

L’allontanamento forzato di Reza Pahlavi durò poco grazie soprattutto ad un contro-colpo di stato dagli anglo-americani, che permisero allo Scià di ritornare in Iran.

Lo Scià ed il grande sogno di occidentalizzare l’Iran

Una volta rientrato a Teheran, il 34 enne Scià Mohammad Reza Pahlavi istaurò un regime autocratico, intraprendendo una serie di riforme volte a modernizzare e occidentalizzare l’Iran.

L’industrializzazione del paese portò anche lo sviluppo delle aree urbane, mentre le riforme agricole e lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi diedero una notevole spinta all’economia del paese.

Le riforme sociali furono tante e significative.
Lo Scià, deciso ad occidentalizzare la società, intraprese una serie di riforme, come ad esempio il suffragio femminile, il diritto al divorzio e l’alfabetizzazione dei cittadini. Già il padre, il predecessore Scià Reza I, nel 1936, nel tentativo di occidentalizzare il paese e mettere fuorigioco i religiosi, aveva imposto alle donne iraniane il divieto di girare con il velo nei luoghi pubblici.

Lo Scià insieme al presidente statunitense John. F. Kennedy alla Casa Bianca
Lo Scià insieme al presidente statunitense John. F. Kennedy alla Casa Bianca

Molte riforme non vennero viste di buon occhio soprattutto dagli apparati religiosi, che tentarono di mettersi di traverso, ma vennero espropriati dei beni e costretti all’esilio. Tra questi vi era anche l’ayatollah Khomeini, che nel 1963, dopo un tentativo di congiura contro lo Scià, andò in esilio a Parigi.

Utilizzando lo SAVAK, i servizi segreti iraniani, lo Scià intraprese una dura repressione nei confronti dei suoi oppositori.

Con un’attenta strategia mossa a promuovere la sua immagine, all’estero lo Scià veniva visto come un politico di spessore e visionario.

L’inizio della fine, tra proteste e malcontento generale

Gli anni Settanta furono decisivi per lo Scià.
Nonostante la potenza economica, il paese sentì il peso dell’inflazione e della disoccupazione crescente, il malcontento si espanse a macchia d’olio tra gli iraniani.

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Lo Scià Mohammad Reza Pahlavi durante il discorso d’insediamento dopo il ritorno a Teheran nel 1950

Gli studenti furono i primi a scendere in piazza per chiedere riforme democratiche nel paese.
A loro seguirono gli intellettuali ed i religiosi moderati.

Nell’agosto del 1978, nella città iraniana di Abadan oltre 430 persone trovarono la morte a causa di un incendio divampato negli ambienti di un cinema.
Il dito venne da subito puntato contro lo SAVAK, quindi contro lo Scià.
Le piazze si riempirono di manifestanti dando vita ad una rivoluzione promossa dai giovani comunisti e dai mullah.

1978 proteste a Teheran, sullo sfondo un furgoncino di Pepsi simboleggia la fine del sogno di occidentalizzare il paese da parte dello Scià
1978 proteste a Teheran, sullo sfondo un furgoncino di Pepsi simboleggia la fine del sogno di occidentalizzare il paese da parte dello Scià

L’esilio forzato dell’ultimo Scià di Persia

Allo Scià non rimase che la via dell’esilio nel giugno del 1979. La scelta di abbandonare e partire verso gli Stati Uniti evitò un vero e proprio bagno di sangue tra i suoi sostenitori e i rivoluzionari, che ormai avevano preso il potere.

«Gli ultimi giorni furono dei giorni strazianti, le ultime notti delle notti senza sonno. Lo stato in cui versava il mio Paese era naturalmente la mia preoccupazione di ogni istante. Speravo che la patria potesse sopravvivere, malgrado le immense distruzioni ordinate da alcuni pazzi furiosi».

Sono le parole scritte nel diario dello Scià, con le quali lo ricorda i giorni prima del suo esilio: «quando, il 16 gennaio 1979, mi avviai con l’Imperatrice in direzione dell’aeroporto, volevo convincere me stesso che la mia partenza avrebbe placato gli animi, calmato gli odii».

Un mese dopo l’esilio dello Scià, da Parigi l’ayatollah Khomeini rientrò, mentre il tribunale islamico di Teheran condannò a morte lo Mohammad Reza Pahlavi.

1978 l'Ayatollah Ruhollah Khomeini rientra in Iran dopo anni trascorsi in esilio e dopo l'esilio dello Scià
1978 l’Ayatollah Ruhollah Khomeini rientra in Iran dopo anni trascorsi in esilio e dopo l’esilio dello Scià

Per l’Iran questo era la fine delle politiche filo-occidentali. Le istituzioni iraniane si allinearono alla sharia islamica e nel paese venne introdotta nuovamente la pena di morte addirittura per adulterio e per la bestemmia. Quelli che una volta erano compagni di rivoluzione, vale a dire il movimento  comunista, furono messi fuori legge insieme al partito monarchico.

Quello che oggi riconosciamo come l’ultimo Scià di Persia, Mohammad Reza Pahlavi, morì il 27 luglio 1980 in esilio al Cairo, in Egitto, all’età di 60 anni per un linfoma non Hodgkin.

 

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