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Crisi climatica: spostato l’asse terrestre

I mutamenti climatici e gli scioglimenti dei ghiacciai hanno modificato i poli e l’asse di rotazione della Terra

Per colpa dei cambiamenti climatici (o, meglio, del riscaldamento globale) i continui scioglimenti dei ghiacciai hanno causato una modifica della posizione dei poli. Che a sua volta ha cambiato l’asse di rotazione terrestre.

Asse terrestre spostato: l’esito di uno studio

La notizia dello spostamento dell’asse terrestre, clamorosa, deriva dall’esito di uno studio condotto dall’Istituto di scienze geografiche e ricerca sulle risorse naturali dell’Accademia cinese delle scienze di Pechino.

Il documentatissimo lavoro, pubblicato il 22 marzo scorso sulla rivista Geophysical Research Letters, identifica un percorso che ha inizio con lo scioglimento dei ghiacciai, dovuto al riscaldamento globale.

Questo fenomeno, nel corso dei decenni, ha causato uno modifica della posizione dei poli. Ciò ha causato un cambiamento dell’asse di rotazione della Terra, che sta accelerando negli ultimi anni.

Le variazioni del campo gravitazionale terrestre, esaminati dal gruppo di ricerca cinese, provengono dal Gravity Recover and Climate Experiment (Grace), una missione spaziale della Nasa e del German Aerospace Center lanciata nel 2002, e da una missione di follow-up condotta nel 2018.

Vediamo più in dettaglio lo studio in questione.

spostamento asse terrestre

Lo spostamento dell’asse terrestre dal 1980

La ricerca dell’équipe cinese dimostra che il Polo Nord e il Polo Sud si sono mossi di più di quattro metri in direzione est dal 1980 a oggi.

I poli sono i due punti  in cui l’asse di rotazione terrestre incontra la superficie terrestre. Non sono, tuttavia, immodificabili: cambiano a seconda della distribuzione della massa del pianeta (composto in larga parte di acqua).

In passato lo spostamento dei poli avveniva con estrema lentezza, ed era causato esclusivamente da fattori naturali. Come, per esempio, i movimenti geologici profondi e l’azione delle correnti oceaniche.

L’impatto degli esseri umani ha contribuito notevolmente ad accelerare questo processo. Soprattutto a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, e ancor più esponenzialmente negli ultimi anni.

Basti pensare che la velocità di spostamento dei poli nel quinquennio 1995-2000 è stata di ben diciassette volte maggiore rispetto a quella del quindicennio 1981-1995.

E dopo il 2000 è facile immaginare come le nostre abitudini di vita abbiano ulteriormente aggravato la situazione.

Il riscaldamento globale

Dagli anni Novanta del Novecento il riscaldamento globale ha causato ogni anno lo scioglimento di centinaia di miliardi di tonnellate di ghiaccio. E ciò ha contribuito in modo preponderante alla modificazione della massa della Terra.

Lo studio sullo spostamento dell’asse terrestre evidenza la compresenza di altri fattori di minore impatto, come il pompaggio delle acque sotterranee per il fabbisogno idrico e per esigenze agricole.

I risultati dello studio sono stati ampiamente commentati dalla comunità scientifica. Ad esempio il professor Jonathan Overpeck, dell’Università dell’Arizona, ha lanciato l’allarme. Dicendo che i motivi alla base delle modifiche all’asse di rotazione terrestre hanno evidenziato “quanto sia reale e profondo l’impatto che gli esseri umani stanno avendo sul pianeta”.

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L’Antropocene

Sempre più scienziati concordano nel definire immane l’impatto dell’uomo sui cambiamenti climatici. Al punto che diversi studiosi parlano di una nuova era geologica, l’Antropocene, nella quale lo sviluppo delle tecnologie umane sta apportando modifiche sostanziali all’ambiente. Dalle emissioni di anidride carbonica alla deforestazione, dall’innalzamento del livello del mare a quello delle temperature.

È recentissima la notizia dello scioglimento dell’iceberg più grande del mondo. A68, questo il suo nome, era oltre seimila chilometri quadrati e pesava quasi un miliardo di tonnellate. Si era staccato dalla calotta polare antartica nel 2017, sciogliendosi in quattro anni.

Sono svariati gli esiti sconfortanti di studi condotti negli ultimi anni in tutto il pianeta. Si pensi ad esempio a una ricerca del 2020 a opera di un team di ricerca dell’Università dell’Arizona. Secondo cui, per colpa dei cambiamenti climatici, nel 2070 un terzo delle specie animali e vegetali del pianeta è a rischio di estinzione.

L’anno prima, nel 2019, un accorato studio firmato da ben 11.000 scienziati provenienti da 153 Paesi aveva richiamato l’attenzione sulla “piena emergenza climatica” e il rischio di “indicibili sofferenze” in un futuro prossimo.

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Insieme contro un nemico comune: l’appello di Luca Parmitano

Sempre nel 2019 l’astronauta Luca Parmitano aveva dichiarato: “Purtroppo quello che documentiamo negli ultimi anni con sempre maggiore frequenza sono eventi climatici dalle caratteristiche devastanti sempre maggiori.” E aveva aggiunto: “In un momento di grandi separazioni, in cui è facile puntare il dito l’uno verso l’altro, volete un nemico comune, qualcosa che faccia veramente paura? Guardate al cambiamento climatico, il riscaldamento climatico è un nemico vero, che ci riguarda tutti”.

Ma poi è arrivato il Coronavirus, che ha assunto il ruolo di nemico globale (che però non ci ha affatto uniti, anzi).

Sarebbe davvero il momento di tornare a fare fronte comune contro i cambiamenti climatici, per il bene nostro e del nostro pianeta. Tutti possiamo contribuire quotidianamente, perché la Giornata della Terra – da poco trascorsa – non diventi l’ennesima ricorrenza svuotata di senso concreto.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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