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Super stunt cars, “le macchine del brivido”. La macchina del tempo

L’arte di distruggere e ricostruire

Di solito i giochi da tavolo, ma anche quelli all’aria aperta, mettono in moto una o più delle nostre competenze per risolvere un garbuglio, superare un avversario o (nei cosiddetti giochi collaborativi) pensare con altri a una determinata strategia per arrivare a un certo risultato.

Poi però c’è quello che non si racconta. Molti di noi, almeno tra quelli che hanno avuto l’opportunità di passare parte della propria infanzia e giovinezza in campagna, avranno avuto almeno un amico (non ci azzardiamo a dire che lo hanno fatto di persona) che ha catturato e torturato un povero insetto.

Ebbene, senza addentrarci in disamine psicologiche, noi tutti abbiamo anche, chi più chi meno, questa inclinazione sadica. E la mitica Harbert, azienda di giocattoli che nonostante il nome esotico era italianissima, lo sapeva bene, e a un certo punto ha messo sul mercato le Super stunt cars.

stunt cars

Le macchinine

Cari lettori, parliamoci chiaro. Solo in questi ultimi tempi si stanno facendo meritori ragionamenti che minano alle fondamenta gli stereotipi di genere. Ma sino a qualche decennio fa, abbiamo poco da negarlo, c’erano i giochi da maschi e i giochi da femmina. Se questi ultimi miravano a trasformare le bambine in massaie pronte ad accudire la casa e i figli (proprio la Harbert aveva ad esempio lanciato il Dolce forno già nel 1974), i passatempi per maschi avrebbero dovuto preparare i virilissimi uomini di domani, capaci di guidare qualunque veicolo e aggiustare tutto ciò che si rompeva.

In questa mitologia maschilistica hanno avuto un ruolo centrale giochi come il Meccano e le macchinine, telecomandate o meno che fossero.

Le Super stunt cars

Se al mito delle automobiline si somma il sadismo di cui abbiamo già accennato, ecco che il risultato sono le Super stunt cars.

Le Super stunt cars sono state lanciate sul mercato italiano nel 1985, accompagnate da uno spot pubblicitario che – a distanza di quasi quarant’anni – chi sta redigendo questo articolo non ha mai dimenticato.

Sullo spot ritorneremo. Intanto, cos’erano le Super stunt cars (in inglese Auto super acrobatiche)? Si trattava di due automobiline in plastica, di solito una rossa e una blu, composte da una quantità di piccoli pezzi che… vi lasciano un attimo col fiato sospeso.

Le macchine si potevano lanciare l’una contro l’altra grazie a un “rombante giroscopio”, o almeno così recitava la pubblicità cartacea di quei tempi. In realtà, più spesso le si scagliava con malagrazia l’una contro l’altra usando solo la forza dei bicipiti.

Distruzione e ricostruzione

Si ignora il motivo per cui si chiamassero Super stunt cars, perché di acrobatico avevano davvero poco.

Il godimento che si traeva derivava solo dal farle cozzare tra loro, in modo da vederle finire in mille pezzi. Ebbene sì: se i bambini volevano mimare il mondo degli adulti, era l’ora che di quel mondo scoprissero tutto. Un’automobile non serve solo per organizzare un picnic con la propria fidanzata, ma può anche essere la causa di terribili incidenti.

Poco male, perché le Super stunt cars davano al maschio alfa in erba la possibilità di mostrare le proprie doti di meccanico, dal momento che i pezzi deflagrati dopo lo scontro erano facilmente riassemblabili.

Lo spot televisivo

Dicevamo dello spot, che in pochi secondi racchiude un universo, fatto di buone intenzioni e (con gli occhi di oggi) tremenda ingenuità.

Il filmato cominciava con la frase: “Super stunt cars, le macchine del brivido”. E si vedeva prima uno scontro tra le due macchinine della confezione, poi uno tra due automobili reali.

Dopo di che, rassicurati dal fatto che “i Super stunt cars non conoscono ostacoli”, si vedeva un bambino che con sguardo da indemoniato azionava il (rombante) giroscopio, dopo di che veniva mostrato lo scontro tra le due macchinine. Una prima volta, e poi “rivediamolo in moviola”.

Seguivano altre esibizioni delle due macchine, dopo di che i 30 secondi miracolosi si chiudevano con il motto: “Super stunt cars, emozioni e divertimento a non finire”.

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Dopo le Super stunt cars

Le Super stunt cars sono come la musica dei Police: non si possono imitare senza che avvenga un plagio.

In effetti, chi scrive ricorda che pochi anni dopo la Mattel aveva lanciato le Hot wheels, macchinine che però si distruggevano in modo molto più… elegante. Di solito era solo una parte, il retro o un fianco, che si ammaccava (semplicemente, la parte interna già con l’ammaccatura ruotava e appariva all’esterno, e per riaggiustare il gioco era sufficiente compiere un’altra mezza rotazione e far riapparire la parte “sana”).

Insomma: ci si stava già vergognando di quel gioco barbaro che sprigionava tutte le pulsioni distruttive di piccoli e grandi ometti, e sulla cui scatola campeggiava la scritta: “due macchine indistruttibili che vanno in mille pezzi”.

Grazie, Super stunt cars: siete state un breve ma irresistibile spasso.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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