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Indiana Jones e l’ultima crociata è un avventuroso e toccante viaggio nel rapporto fra padre e figlio

Il terzo capitolo delle avventure di Indiana Jones è illuminato da una splendida riflessione sul rapporto padre-figlio.

«Non abbiamo mai parlato», dice Henry Walton Jones Junior a suo padre a bordo di un dirigibile, mentre i due scappano dai nazisti e sono alla ricerca del Santo Graal. Un possibile inizio di confronto su un rapporto che, nonostante le comuni passioni dei due, non è mai decollato, almeno in forma verbale. «Veramente sono stato un padre meraviglioso. Ti ho forse mai detto “devi mangiare”, o “andare a letto”, lavarti le orecchie o fare i compiti? No. Ho rispettato la tua intimità e ti ho insegnato ad avere fiducia in te stesso». Sentenzia Henry Jones Senior, rincarando poi la dose con un lapidario «Te ne sei andato proprio quando stavi per diventare interessante». Un dialogo solo in apparenza leggero e ironico, che cela in realtà il cuore di Indiana Jones e l’ultima crociata e della sua toccante riflessione sul rapporto padre-figlio.

Dopo le sfumature dark di Indiana Jones e il tempio maledetto (formalmente un prequel del fortunato I predatori dell’arca perduta), la premiata ditta formata da Steven Spielberg e George Lucas ci regala un nuovo biglietto per il parco di divertimenti a tema storico da loro creato, rispolverando i villain del primo capitolo (i cattivi per eccellenza, i nazisti) e soprattutto dando a Indy quell’approfondimento familiare che non aveva mai avuto, rappresentato da suo padre. E dal momento che Indiana Jones è figlio spirituale di James Bond, letteralmente adorato da Spielberg, il papà di Indy non poteva che essere interpretato da colui che ancora oggi è scolpito nella memoria collettiva come il volto dell’Agente 007, ovvero Sean Connery.

River Phoenix, il giovane Indy

Indiana Jones e l'ultima crociata

Manca ancora un tassello per completare il quadro di Indiana Jones e l’ultima crociata, che si apre e si chiude come un western, mentre Indiana Jones e il tempio maledetto si apriva come un musical (e qualche anno dopo West Side Story si aprirà come Indiana Jones: nel cinema di Spielberg tradizione e innovazione danno vita a una miscela prodigiosa). Quel tassello è rappresentato dal compianto River Phoenix che, su consiglio dello stesso Harrison Ford, viene scelto per interpretare il giovane Indy, in un suggestivo prologo che funge anche da vera e propria origin story per l’archeologo più conosciuto e amato dell’intera storia del cinema.

Un breve segmento in cui Phoenix dimostra ancora una volta tutto il suo talento, che ci è stato strappato prematuramente al termine di una maledetta serata al Viper Room, e durante il quale si pongono le basi per il complesso rapporto fra i due Henry Jones: quello più giovane impegnato in mirabolanti avventure già in tenera età, anche e soprattutto per stimolare l’attenzione paterna, l’altro troppo assorto nelle sue ricerche, e in particolare in quella del Graal, per essere un padre amorevole e presente.

Nel corso di questo incipit, scorgiamo inoltre uno splendido cane di razza Alaskan Malamute di nome Indiana, origine del soprannome del protagonista. Un cane identico a quello posseduto anni prima da George Lucas, che si chiamava proprio Indiana e che pare sia stato anche l’ispirazione per il personaggio di Chewbecca in Star Wars: l’ennesima prova di come la nostra giovinezza formi e influenzi il nostro immaginario, anche a distanza di decenni.

Indiana Jones e l’ultima crociata: i punti di contatto con la vita di Steven Spielberg

Indiana Jones e l'ultima crociata

Indiana Jones e l’ultima crociata è il connubio perfetto fra le avventure di Indy e le tematiche che hanno sempre mosso il cinema di Spielberg. Un cinema fatto di persone ordinarie alle prese con con situazioni straordinarie (e cosa c’è di meglio in questo senso di un archeologo impegnato con il calice usato da Gesù Cristo durante l’ultima cena?), in cui i nazisti sono rappresentati come il male assoluto (ricordiamo che Spielberg ha origini ebraiche, ha vissuto sulla sua pelle l’antisemitismo e nel 1993 ha rappresentato l’orrore dell’Olocausto con il suo straordinario Schindler’s List) e dove i padri sono figure chiave, anche e soprattutto nella loro assenza (il padre del regista, Arnold Spielberg, era costretto a lunghe trasferte durante l’infanzia di Steven e ha divorziato dalla madre Leah Adler nel 1966).

Dopo anni di lontananza, a fare riavvicinare i due Henry Jones è dunque il Sacro Graal, che per il padre ha rappresentato la ricerca di un’intera vita, nonché una dotta maniera con cui veicolare la propria fede. Al contrario, Indy è persona ben più razionale, e pur senza disdegnare avventure ai confini del soprannaturale in ogni angolo del globo ha sempre osservato con sufficienza la passione paterna, anche per puro spirito di rivalsa su una figura che non ha mai creduto abbastanza in lui. Contattato dal miliardario Walter Donovan e dalla sua aiutante Elsa Schneider, Indiana è costretto a seppellire l’ascia di guerra per mettersi sulle tracce del padre, sparito in maniera sospetta proprio poco dopo aver ricevuto da lui il suo diario, dove sono contenuti tutti i suoi appunti sul calice di Cristo.

Indiana Jones e l’ultima crociata: da Venezia ad Alessandretta

Indiana Jones e l'ultima crociata

Comincia così una rocambolesca e spassosa avventura, che passa per una Venezia mai così misteriosa e allo stesso tempo pittoresca (impagabili i siparietti con i turisti e gli inseguimenti in motoscafo), per l’Austria in cui si annida il Terzo Reich e per l’antica città di Alessandretta, che con il tocco magico del cinema Spielberg ambienta nel sito archeologico di Petra, in Giordania. Per i due Jones, pochi amici (i fidati Marcus Brody e Sallah, di ritorno dopo I predatori dell’arca perduta) e tanti nemici, fra cui ovviamente i nazisti e i pericolosissimi membri della Confraternita della Spada Cruciforme, pronti a tutto per proteggere il segreto del Graal.

Perfino l’immancabile conquista di Indy, la femme fatale Elsa Schneider di Alison Doody, si rivela una nazista sotto mentite spoglie, nonché personaggio funzionale all’umorismo che attraversa il racconto, anche nei risvolti più imprevedibili. «Come sapevi che era nazista?», chiede Indy. «È una che parla nel sonno», gli risponde Henry Senior, in uno degli scambi più peccaminosi di tutto il cinema di Spielberg.

Una delle tanti esilaranti gag fra padre e figlio, che battibeccano continuamente per il soprannome Junior affibbiato a Indy e per lo spirito avventuroso e imprudente dell’archeologo e vivono insieme esperienze ai limiti dell’incredibile, come essere legati durante un incendio, condividere un piccolo aereo da battaglia e salire addirittura sui mezzi da guerra nazisti. Un sogno a occhi aperti per un figlio cresciuto nella totale devozione verso il proprio genitore, che Spielberg mette in scena con la stessa passione e lo stesso genuino entusiasmo di un bambino che utilizza i suoi giocattoli preferiti, immaginando di essere protagonista di imprese memorabili insieme all’adorato papà.

Un monumentale Sean Connery

Indiana Jones e lultima crociata 4

Su questo terreno serio e giocoso allo stesso tempo si (ri)costruisce il rapporto fra padre e figlio, che hanno l’opportunità di imparare l’uno dall’altro. Sean Connery si conferma attore formidabile, lavorando di sottrazione quando necessario e aprendo in altre occasioni il suo volto in raggianti ed emblematici sorrisi, che raccontano meglio delle parole i sentimenti troppe volte repressi di un genitore.

Al suo Henry Jones sono affidati alcuni dei momenti più importanti di Indiana Jones e l’ultima crociata, come il furbo espediente con cui abbatte un minaccioso aeroplano («Improvvisamente mi sono ricordato il mio Carlo Magno: “Lasciate che i miei eserciti siano le rocce, gli alberi e i pennuti del cielo.”») o la formidabile replica al colonnello nazista «Quegli imbecilli che marciano con il passo dell’oca come lei dovrebbero leggerli i libri invece di bruciarli!», che almeno per una volta ha fatto sentire i lettori, i cinefili, i geek e i nerd un po’ meno soli in un mondo in cui la cultura è vista spesso come un inutile orpello, al contrario dell’arroganza e dell’uso della forza.

Dal canto suo, Indy ha finalmente l’occasione di rendere orgoglioso il proprio padre nell’ultimo straordinario atto di Indiana Jones e l’ultima crociata, quando si trova costretto a mettere le mani sul Graal per salvare proprio Henry Jones Senior, gravemente ferito accanto a lui.

Indiana Jones e la ricerca del Sacro Graal

Le tre prove che Indy deve affrontare per arrivare al cospetto del Calice di Cristo e sul valoroso cavaliere che vigila su di lui da 700 anni sono ancora una volta un simbolo della storia personale dei due Jones. «Solo l’uomo penitente potrà passare», scandisce Indy nel tentativo di risolvere il primo indovinello, che supera solo mettendosi in ginocchio, atto di devozione che lo avvicina alla fervente religiosità del padre. Sulla stessa lunghezza d’onda la seconda prova, il cui indizio è «Solo sulle orme di Dio egli potrà procedere». Questo indovinello non richiede tanto un atto di sottomissione, quanto piuttosto la conoscenza delle lingue antiche, che come abbiamo visto nel prologo è stata inculcata a Indy proprio dal padre. La piccola défaillance di Indy sull’iniziale è una simbolica tirata d’orecchi del padre al figlio, evidentemente non sempre ligio nello studio di questa materia.

«Solo saltando con un balzo dalla testa del leone egli dimostrerà il suo valore». Il sentiero di Dio, il salto della fede. La terza prova mette Indy di fronte alla necessità di mettere da parte tutto il suo raziocinio e compiere un atto di estrema fiducia, in modo da oltrepassare quello che appare come un insuperabile burrone. Fiducia che non è solamente ciò verso cui il padre lo ha sempre spinto, ma anche lo spirito che ha alimentato ogni avventura di Henry Jones Junior. Che si tratti di Arca dell’Alleanza, del Sacro Graal o del Teschio di cristallo, Indiana Jones non ha tanto il bisogno di impossessarsi di un oggetto, quanto di credere di poter mettere le mani su un manufatto, per poi magari consegnarlo a un museo. Un tema che emerge con forza ancora maggiore nelle battute conclusive.

Il Sacro Graal come metafora del viaggio

Indiana Jones e l'ultima crociata

Tolto di mezzo Donovan, che con la superficialità figlia dell’ignoranza e della strafottenza compie il fatale errore di pensare che Gesù Cristo durante l’ultima cena avrebbe bevuto da un calice d’oro, Indy sceglie il calice giusto (quello meno appariscente) e ha finalmente l’opportunità di mettere le mani sul Graal e di salvare suo padre. Ma Indiana Jones e l’ultima crociata ha ancora un ultimo messaggio da lanciare, che consiste nella necessità di mettere da parte l’atavica avidità umana in nome di qualcosa di più grande.

Un passo impensabile per Elsa, che nel tentativo di mettere le mani sul Graal precipita nello stesso abisso in cui la storia ha gettato i nazisti, ma non per un uomo di cultura e sensibilità come Indiana. La mano che gli rivolge il padre, invitandolo a lasciare il Graal dov’è e a fuggire insieme a lui da una grotta che sta crollando, racchiude il senso di Indiana Jones e l’ultima crociata e di tutta la serie. La gioia non è nella destinazione ma nel viaggio, e non serve mettere le mani sull’oggetto a cui si è dedicata gran parte della propria vita, perché è quella ricerca diventata comune che ha permesso a un padre e un figlio di incontrarsi di nuovo e, finalmente, di capirsi e di esprimere tutto l’amore che li lega.

Il finale di Indiana Jones e l’ultima crociata

«Tu, cos’hai trovato?», chiede Indy al padre. «Io? L’illuminazione», gli risponde Henry Jones Senior. Non servono altre parole per esprimere un sentimento ritrovato, e Indiana Jones e l’ultima crociata non ha bisogno di un climax emotivo che è già stato raggiunto in precedenza. A un bambino cresciuto e a un padre ritornato bambino basta solo un’ultima cavalcata verso il tramonto per chiudere un fantastico viaggio fisico e interiore. E in quella scena intrisa di western, di cinema e di storia americana, accompagnata dall’indimenticabile musica di John Williams, ci piace immaginare che anche Steven Spielberg e suo padre Arnold abbiano trovato un modo per riavvicinarsi e per dare voce a un sentimento mai davvero sopito.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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