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Dentro la Canzone: con Sultans of Swing i Dire Straits si presero il mondo, una nota per volta

"You feel alright when you hear the music ring"

Per parlare dei Dire Straits, e di quello che sicuramente è il brano che è valso loro il successo globale (Sultans of Swing), abbiamo deciso di prendere in prestito le parole dell’autore britannico Douglas Adams, celebre per la sua Guida Galattica per Autostoppisti. “Mark Knopfler ha la straordinaria capacità di far emettere alla sua Schecter Custom Stratocaster dei suoni che paiono prodotti dagli angeli il sabato sera, quando sono esausti per il fatto di essere stati buoni tutta la settimana e sentono il bisogno di una birra forte”

Mark Knopfler, chitarrista e frontman della band britannica Dire Straits, è ancora oggi considerato un genio e innovatore della chitarra elettrica. E lo era ancora di più in quel 1977, quando Londra puzzava di alcol e distorsioni: era l’anno in cui esplodeva definitivamente il movimento punk

I Dire Straits però con quel tipo di musica non avevano niente a che fare, anzi. La band si esibiva in piccoli club, e contrariamente alla “prepotenza” del punk, Knopfler e soci erano soliti tenere i volumi dei propri amplificatori molto bassi. “La gente nei pub vuole conversare, e noi non vogliamo disturbare, ma solo accompagnare le loro serate” spiegherà Mark Knopfler. L’anti-rockstar per eccellenza. Paradossale a dirlo oggi, dato che è Knopfler è universalmente riconosciuto come icona del genere.

I Dire Straits nel 1977: tanto talento ma scarso successo

Fatto sta che i Dire Straits non se la passavano troppo bene. La loro musica era fuori dai canoni della moda dell’epoca, e in più Mark aveva uno stile tutto suo, tanto nel cantare quanto sullo strumento. Niente vocalizzi, ma un uso della voce narrativo, quasi discorsivo. E sulla chitarra? Niente distorsioni e persino niente plettro: fingerpicking allo stato puro, con un limitatissimo ma selezionato numero di effetti. Il risultato è che, ancora oggi, quando la chitarra di Mark Knopfler passa alla radio, è impossibile non riconoscerla.

Approccio personale e inconfondibile che si estende anche alle sue composizioni. I brani dei Dire Straits si caratterizzano infatti per il consueto botta e risposta tra la voce del cantante e la chitarra suonata dallo stesso. Sembra quasi un dialogo e, parafrasando il testo proprio di Sultans of Swing: “la sua chitarra a volte piange, a volte canta”.

Come detto però, sul finire degli anni ’70 la band non se la passava troppo bene. Lo stesso nome, Dire Straits, che significa letteralmente “terribili ristrettezze”, nasce dalla situazione economica in cui versavano i membri del gruppo in quel periodo. Poi però avvenne qualcosa: nacque un brano destinato a cambiare questa storia.

La genesi di Sultans of Swing: una notte di pioggia in un pub di Ipswich

In una piovosa serata londinese del 1977, Mark Knopfler entra in un pub di Ipswich in cui si stava esibendo una mediocre band swing. Il pubblico, composto da giovani punk e un paio di ubriaconi, era totalmente disinteressato alla musica proposta dal gruppo in questione. La band però suonava, noncurante della totale assenza di entusiasmo da parte degli avventori. A fine esibizione avviene ciò che segnerà il destino del giovane Knopfler. Il cantante della band che si stava esibendo si avvicina al microfono e dice: “questa è l’ultima canzone, grazie a tutti, buonanotte e…ricordate, noi siamo i Sultans of Swing”.

Il nome resta impresso nella mente di Mark, che anni dopo dichiarerà: “C’era qualcosa di veramente divertente per me, perché Sultans, non lo erano assolutamente. Erano più una band di ragazzini in pullover che si esibiva per un gruppo di ubriachi“. Il dado però era tratto. Knopfler aveva già deciso di scriverci una canzone.

Dentro al testo di Sultans of Swing: il significato del brano

You get a shiver in the dark It’s a raining in the park but meantime
South of the river you stop and you hold everything
A band is blowing Dixie, double four time
You feel alright when you hear the music ring

La canzone riprende le atmosfere di quella notte, in una piovosa serata nel versante sud del Tamigi. Il protagonista si ferma in un pub, incuriosito da una band che suonava Dixie Jazz. Knopfler usa un modo tutto suo per indicare il tempo in 4/4 della musica suonata, chiamandola “doppio quattro” (double four time). Nel brano il protagonista è rapito dalla musica della band, affermando che “ci si sente bene ad ascoltarla”. Per tutta la strofa lo stile di Knopfler è lo stesso descritto nel primo paragrafo: narrativo nella voce, con la chitarra che risponde con dei fill ad ogni singola frase pronunciata dal cantante.

Well now you step inside but you don’t see too many faces
Coming in out of the rain they hear the jazz go down
Competition in other places: uh but the horns they blowin’ that sound

Nella seconda parte della strofa Knopfler ci sottolinea che sono ben pochi gli avventori del pub in questione. Del resto la musica jazz non è certamente di voga, e negli altri locali c’è ben altra roba che attira il pubblico. Tuttavia il caldo suono dei sassofoni lo convince a restare in quel pub a sud di Londra.

Check out guitar George, he knows-all the chords
Mind, it’s strictly rhythm he doesn’t want to make it cry or sing T
hey said an old guitar is all, he can afford
When he gets up under the lights to play his thing

Nelle strofe successive ci vengono descritti i componenti della band. Il chitarrista, per esempio, si chiama George, ed è in grado di far piangere e cantare la chitarra a suo piacimento. Ha uno strumento di dubbio valore, che è tutto quello che può permettersi, ma gli va bene così. Tutto quello che gli interessa e far suonare la sua chitarra.

And Harry doesn’t mind, if he doesn’t, make the scene
He’s got a daytime job, he’s doing alright
He can play the Honky Tonk like anything
Savin’ it up, for Friday night

Harry è il tastierista della band. A lui la fama non interessa, ha un lavoro comune e gli basta quello. È in grado di suonare Honky Tonk come se nulla fosse, e anche lui sembra felice del suo ruolo nella band. In realtà Guitar GeorgeHarry menzionati nel testo, sono un omaggio a George Young e Harry Vander, membri dei The Easybeats. George Young, in particolare, è il fratello maggiore di Angus Young (chitarrista degli AC/DC).

Then a crowd a young boys they’re a foolin’ around in the corner
Drunk and dressed in their best brown baggies and their platform soles
They don’t give a damn about any trumpet playin’ band
It ain’t what they call Rock and Roll
And the Sultans, yeah the Sultans, they play Creole

Gli avventori del locale, nella canzone come nell’aneddoto che l’ha ispirata, appaiono decisamente disinteressati alla musica proposta: “non gliene frega niente delle trombe che suonano, non è quello che loro chiamano ‘rock’n’roll’”. La band però continua a “suonare creole” (un genere musicale che affonda le sue radici nella musica folk della Louisiana.

And then the man he steps right up to the microphone
And says at last just as the time bell rings:
“Goodnight, now it’s time to go home”
Then he makes it fast with one more thing:
“We are the Sultans We are the Sultans of Swing”

Dopo uno spettacolare primo assolo dal carattere melodico, arriva l’ultima strofa. In questa ci viene descritto il cantante del gruppo, che si avvicina al microfono per salutare e ringraziare l’inconsistente pubblico. Infine egli ricorda a tutti il nome della band: “ah, a proposito, noi siamo i Sultans…i Sultans of Swing”. A questo punto Mark Knopfler ci trasporta di prepotenza nel suo universo musicale, con uno degli assoli più iconici della storia della musica rock.

Il brano impone i Dire Straits alle attenzioni del pubblico

I Dire Straits registrano la canzone in versione demo insieme ad altri 4 brani. Tuttavia il gruppo fatica ad ottenere un contratto discografico. Il nastro però arrivo ad un DJ di Londra, tale Charlie Gillett, che cominciò a suonarlo a ripetizione nel suo programma radio. Nel passarla compulsivamente dirà: “Continuerò a far suonare questa canzone fino a quando qualcuno non offrirà un contratto a questi ragazzi”.

La perseveranza del DJ convincerà i dirigenti della Phonogram (label che peraltro aveva appena acquisito i diritti di distribuzione per i lavori di Frank Zappa). I Dire Straits registrano così una prima versione singolo del brano, che però non ottiene grande successo commerciale al momento della release (nel 1978).

Ma l’appuntamento con la storia era rimandato di un solo anno. Nel 1979 infatti la band di Knopfler pubblica il suo primo omonimo disco (Dire Straits), e Sultans of Swing entra sia nelle classifiche UK che in quelle americane, portando quella timida band londinese demodè a diventare un fenomeno globale.

Ciò che accadde dopo ce lo racconta la storia: con una serie di album sempre più intrisi di poesia, i Dire Straits ci regalano delle vere e proprie Lectio Magistralis di composizione. Allo stesso modo Knopfler diventa uno dei chitarristi e produttori più ricercati e apprezzati del globo, al punto che persino Bob Dylan pretende di averlo nei propri dischi e per i propri tour.

I Dire Straits danno il meglio di sé dal vivo: le incredibili versioni live di Sultans of Swing

Inutile dire che il brano è un punto fisso delle scalette live della band (e di Knopfler come solista). Il gruppo negli anni ne ha proposto numerose versioni. Tutte mantengono immutata la struttura, ma si differenziano per gli intro e per variazioni del lungo assolo finale. La versione eseguita durante il Live Aid 1985, per esempio, dura ben 11 minuti, ed è caratterizzata da una massiccia presenza del sassofono.

Altre versioni degne di nota sono quella contenuta nel primo disco dal vivo della band (Alchemy: Dire Straits Live, 1984) e quella eseguita da Mark Knopfler nel suo VHS/DVD A Night in London (1994). Quest’ultima esibizione è caratterizzata da un incredibile intermezzo di chitarra, poco prima dell’assolo finale.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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Commenti

  1. Bravo Marco
    Che meraviglia l’articolo sulla genesi di “Sultans of Swing”. Quando si ha passione per quello che fai questo é il risultato!
    Ciao e buon tutto!

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