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TikTok e Blackout challenge, il lato oscuro dei social network

Un portavoce di TikTok ha dichiarato che non ci sono riscontri circa contenuti che possano aver incoraggiato comportamenti dannosi

Sono passati quasi tre anni da quando TikTok è approdato ufficialmente nelle vite di giovani e giovanissimi di tutto il mondo, spopolando grazie a una commistione di elementi ingaggianti come balli, performance, sketch comici, challenge. Alcune di queste challenge assumono contorni inquietanti, sfide che potrebbero spingere fino al limite, frutto di una tendenza, e se il trend è popolare gli utenti sono spinti dal desiderio di partecipazione e di emulazione. TikTok è irrorato di possibilità di accumulare facilmente like e follower, proprio sfruttando la tendenza del momento.

TikTok e Blackout challenge

All’interno dell’app TikTok, che conta oltre 800 milioni di utenti su scala mondiale, di cui il 41% di età compresa tra i 16 e i 24 anni, è diventata tristemente nota la presunta Blackout challenge, una sfida che avrebbe portato al tragico decesso di una bambina di Palermo. Di questo accadimento si sa ancora molto poco, le indagini sono tuttora in corso, il racconto dei genitori ha rappresentato l’ipotesi investigativa di cui è stata aperta l’indagine per istigazione al suicidio. Secondo le prime ricostruzioni, gli inquirenti non sarebbero in possesso di prove concrete del collegamento di questo caso specifico con una sfida sui social.

Cos’è la Blackout Challenge

TikTok e Blackout Challenge
foto di solen feyissa

La Blackout challenge è una sfida mortale, una prova di resistenza, una terribile gara d’apnea. Negli anni si è parlato tanto di sfide che hanno cominciato a diffondersi sul web, a partire dalla Blue Whale Challenge, una leggenda metropolitana che prevede che gli adolescenti vengano incoraggiati a prendere parte ad alcune sfide deleterie. Di questi giochi pericolosi, o presunti tali, se ne parla da anni, come anche della Benadryl Challenge, una pratica assurda che ha provocato diversi mesi fa la morte di una 15enne di Oklahoma City. Evidentemente c’è un lato oscuro dei social network su cui bisogna ragionare e agire.

Nonostante un portavoce di TikTok, sul caso di Palermo, abbia dichiarato che non ci sono riscontri circa contenuti che possano aver incoraggiato un simile accadimento, e che questi comportamenti dannosi non sono incoraggiati o promossi dalla piattaforma, la responsabilità del social network resta. Perché un minore ha accesso a una piattaforma senza essere effettivamente controllato da nessun sistema? La sollecitazione di un luogo virtuale può implicare maggior controllo di quegli spazi?

Qual è la responsabilità del social network?

TikTok e Blackout Challenge
foto di solen feyissa

Tiktok e Blackout challenge, video virali e social network dei giovanissimi

Risulta abbastanza ovvio che manchi un controllo, soprattutto informatico, in questa direzione, e che questa mancanza trovi terreno fertile sia in soggetti indifesi e poco consci del pericolo degli spazi virtuali, spesso lasciati soli in balia di piattaforme e social che non dovrebbero consentirne l’iscrizione (il limite di età di TikTok è fissato a 13 anni) e la cui pericolosità è innegabile, sia nella totale disconoscenza di quei luoghi e di chi li abita da parte di molti adulti. Non ci sono regole sanzionatorie abbastanza efficaci che riescano a disincarnare la pubblicazione, la condivisione e la presunta circolazione di contenuti di questo tipo, che istigano all’abuso, all’autolesionismo e alla violenza. 

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