Tutti noi abbiamo sperimentato la resistenza che un corpo incontra quanto si muove in un fluido; pensate alla fatica di camminare in acqua. Tuttavia, in fisica il concetto di fluido ha un campo di applicazione più ampio rispetto alla accezioni della vita comune. L’aria stessa è in realtà un fluido, esattamente come l’acqua, con proprietà diverse dai liquidi più comuni. Essa stessa può essere presente allo stato gassoso (vapore o gas) come l’aria e quest’ultima, in determinate condizioni diverse dalle ordinarie, può ritrovarsi allo stato liquido (esattamente ad una temperatura di -194,4 °C).
Lezioni di fisica a parte, sperimentare la resistenza dell’aria sulla propria pelle è relativamente semplice e, visto che parliamo di automobili, è sufficiente metter fuori la mano dal finestrino in autostrada, ovviamente se non siete al voltante! A velocità sostenuta potrete osservare un effetto più o meno resistente in base a come posizionate la vostra mano. Risulta anche piacevole sfruttare questa resistenza, accorgendovi implicitamente dei posizionamenti più efficaci al fine di limitare l’effetto.
L’importanza dell’aerodinamica
Arrivando al topic della rubrica, lo studio delle forme di un’autovettura, al di fuori del puro lato estetico, è uno degli step fondamentali nella progettazione della stessa. Il propulsore, dopo aver trasmesso la potenza alle ruote vincendo l’attrito al rotolamento, deve fare i conti con un nemico invisibile ben più potente: l’aria.
Questo fluido, così prezioso per la nostra sopravvivenza ed in grado di alimentare la combustione dei nostri motori, penalizza fortemente i consumi, la velocità massima e la tenuta di strada. Sommando alla resistenza dell’aria quella del rotolamento otteniamo la forza che il motore deve vincere per far muovere la macchina.
Studiare nel dettaglio questi fenomeni è davvero complicato ma, semplificandoci la vita, possiamo considerare il famigerato coefficiente Cx. Tale valore non è altro che un numero rappresentante la resistenza aerodinamica di un corpo in moto in un fluido.
credit: mattiamauri.wordpress.comUna forma più snella ed affusolata avrà un Cx più basso; viceversa un’area di impatto più ampia e piatta, pensate ad un camion o un autobus, offrirà una resistenza più elevata. Questo ostacolo, in termini di forza, aumenta in modo esponenziale con la velocità; è per questo che lo studio più o meno elaborato dell’aerodinamica di un’automobile dà i suoi frutti a velocità sostenute.
credit: chiarezza.itUn veicolo moderno ha in media un coefficiente aerodinamico di circa 0.34, un grande passo in avanti rispetto agli oltre 0.45 delle vecchie e squadrate vetture anni 80 e 90. La fisica insegna anche che ogni auto ha i suoi limiti in termini di velocità massima: un propulsore potente, se non supportato da un accurato studio, non riesce ad utilizzare al meglio la sua potenza e la velocità massima sarà più limitata rispetto ad un veicolo dotato dello stesso motore e di una carrozzeria più accurata.
La superficie più importante da considerare, anche se non è l’unica, è ovviamente quella frontale. Quando l’aria impatta sull’anteriore devia il suo percorso producendo forze proporzionali all’area, alla densità dell’aria ed al quadrato della velocità del veicolo. In termini più rigorosi occorre ricordare che è la vettura stessa (in movimento) a farsi strada attraverso l’aria (ferma, in assenza di vento).
Durante le fasi di progettazione vengono realizzati modellini in scala analizzati poi nelle gallerie del vento. Tramite questi esperimenti, tecnici ed ingegneri sono in grado di progettare le forme migliori tenendo conto dei vari vincoli a cui è soggetto lo sviluppo di uno specifico modello: dimensioni, segmento, potenza.
Il caso delle auto da corsa
Se una normale utilitaria o familiare si prefigge l’obiettivo di minimizzare questa tenace resistenza, diverso è il caso delle auto sportive. Prendendo come spunto le competizioni automobilistiche, gli ingegneri che progettano queste vetture sfruttano la resistenza dell’aria in modo quasi opposto.
Se da un lato il corpo vettura è sempre affusolato e studiato ad-hoc per fendere l’aria, oltre certe velocità, specialmente in curva, è necessario uno stratagemma ulteriore al fine di tenere schiacciata al suolo la vettura. Tale soluzione è rappresentata dalle appendici aerodinamiche, prime tra tutte gli alettoni.
Se le forme affusolate sono in grado di penetrare più facilmente l’aria, gli alettoni generano una forza verso il basso capace di garantire la tenuta di strada a grandi velocità. E’ esattamente lo stesso principio sfruttato dagli aerei ma al contrario. Il profilo alare di un aeromobile è studiato per produrre una forza verso l’alto, detta portanza, in grado di sostenere l’aereo; la velocità orizzontale è data dalla spinta dei motori.
credit: elaborare.comNelle vetture più performanti la deportanza degli alettoni ha un lato negativo: aumenta sì il potere di ancorare la vettura al suolo in curva ma, al contempo, aumenta il coefficiente Cx in grado di ridurre notevolmente la velocità massima; è esattamente lo stesso principio di quando si muove la mano fuori dal finestrino.
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Soluzioni innovative come il DRS (l’ala mobile utilizzata in Formula 1) permettono di modificare dinamicamente la posizione degli alettoni fornendo la deportanza perfetta al momento giusto. Possiamo ritrovare questa tecnologia su auto più “comuni”, anche se di livello molto alto. Non è difficile intravedere alettoni e appendici, più o meno vistose, su Porsche, Ferrari o Lamborghini.
Nel prossimo articolo di Auto for Dummies parleremo di un modello che ha fatto la storia dell’automobilismo e che tutt’oggi viene riproposto in chiave moderna.
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