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Indiana Jones e il quadrante del destino: com’è il film con Harrison Ford

Indiana Jones e il quadrante del destino è attualmente disponibile nelle sale italiane.

Quarantadue anni dopo I predatori dell’arca perduta e quel malizioso “love you” scritto sulle palpebre da una studentessa del Professor Jones, letteralmente rapita dalla lezione dell’archeologo più celebre e amato della storia del cinema, ritroviamo un Indiana Jones stanco e avvilito, che fatica a tenere svegli i suoi nuovi studenti del 1969, più interessati all’imminente sbarco sulla Luna che alle reliquie di un lontano passato. Un cambio di prospettiva che non è solo il punto di partenza di Indiana Jones e il quadrante del destino (quinto film della saga e primo senza Steven Spielberg alla regia), ma funge anche da trave portante della riflessione al centro del racconto, ovvero il nostro rapporto con il tempo e con il passato.

Un tema che ci viene sbattuto in faccia fin dal notevole incipit del film, in cui grazie ai miracoli di un de-aging sempre più efficace vediamo in scena un Indiana Jones nuovamente giovane, alle prese con i suoi nemici di sempre, ovvero i nazisti, e con l’ennesimo prezioso oggetto da mettere al riparo dai malintenzionati, il leggendario meccanismo di Antykytera di Archimede, in grado addirittura di prevedere l’apertura di fessure nello spazio-tempo. Un prologo duro e violento, che mette in chiaro da subito l’intento del regista James Mangold, più interessato all’operazione nostalgia e all’aderenza ai canoni spielberghiani che a un reale stravolgimento della saga, anche e soprattutto in ottica futura.

Indiana Jones e il quadrante del destino: l’ultima malinconica avventura di Indy

Indiana Jones e il quadrante del destino 2
©2022 Lucasfilm Ltd

D’altra parte,In sede promozionale Harrison Ford e la produzione hanno ribadito più volte che Indiana Jones e il quadrante del destino è l’ultima partecipazione dell’attore al franchise, e che dare a un altro interprete il ruolo di Indy non è un’opzione percorribile. Il quinto film si trova quindi nella scomoda posizione di dare una conclusione a un ciclo che aveva già trovato il suo perfetto epilogo 34 anni fa con Indiana Jones e l’ultima crociata, e che nemmeno Steven Spielberg era riuscito a rivitalizzare con Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, detestato da larga parte dei fan nonostante l’ottimo riscontro commerciale.

Indiana Jones e il tempio maledetto

Guarda anche ”Indiana Jones e Il Tempio Maledetto” con Disney+

Nel corso della sua storia nel franchise, Harrison Ford ha avuto l’onore e onere di invecchiare (e stavolta addirittura ringiovanire) insieme a uno dei suoi personaggi più iconici. Personaggio che ritroviamo fuori dal tempo e dallo spazio, costretto in un angusto appartamento di Manhattan e aggrappato come sempre al passato, che non sembra interessare né i giovani trascinati da Beatles e David Bowie né una società che guarda più in alto che può, cioè a una Luna mai così vicina. Al contrario, Indy è sempre più a terra, alle prese con una situazione familiare disastrata e costretto al pensionamento dal suo amato lavoro di professore, unica attività capace di ravvivare il ricordo delle sue avventurose imprese passate.

A scuoterlo dal suo torpore esistenziale arrivano però due sue vecchie conoscenze: Jürgen Voller (Mads Mikkelsen), astrofisico tedesco contro cui 25 anni prima si era scontrato proprio per il quadrante del destino, ed Helena “Wombat” Shaw (Phoebe Waller-Bridge), figlia del suo defunto amico Basil Shaw (Toby Jones) e vera e propria figlioccia per Indy, nonostante i 18 anni di lontananza.

Indiana Jones e il quadrante del destino: l’arduo lavoro di James Mangold

INDIANA JONES AND THE DIAL OF DESTINY
©2023 Lucasfilm Ltd

Attraverso questo prezioso manufatto, Voller vuole cambiare il corso della storia a favore del suo amato Terzo Reich, mentre la più materiale Helena desidera sì portare a termine le ricerche del padre, ma è soprattutto alla caccia di denaro facile. Stretto fra due fuochi, e come sempre fedele al principio che i reperti del passato debbano stare in un museo, Indy si trova così costretto a riprendere in mano frusta e cappello, per una missione fra Marocco, Grecia e la città siciliana di Siracusa, patria del leggendario Archimede.

Seguendo le tracce del suo ottimo Logan, che aveva brillantemente chiuso l’arco narrativo del Wolverine di Hugh Jackman, James Mangold dà vita a un’opera crepuscolare e intrisa di malinconia, in cauto e difficile equilibrio fra le varie anime che contraddistinguono la saga, come il fascino dell’avventura, la pura azione, gli accenni al soprannaturale e l’ironia. Tutto questo con un occhio al passato, rappresentato dallo stesso Harrison Ford e da qualche vecchia conoscenza dei capitoli precedenti, ma al contempo con una porta sempre aperta verso il futuro, dal momento che il personaggio di Phoebe Waller-Bridge è stato più volte accreditato come possibile protagonista di un potenziale spin-off della saga.

Al netto delle problematiche causate dall’invecchiamento del franchise e del suo protagonista, il risultato è decoroso e fedele allo spirito e alla storia di Indiana Jones. Tuttavia, è evidente la stanchezza di questa saga, che ha definitivamente messo da parte l’inventiva e l’originalità per adagiarsi su temi, dinamiche e avversari già affrontati nei capitoli precedenti, e con risultati nettamente migliori.

Alla ricerca del tempo perduto

©2023 Lucasfilm Ltd

Al netto di qualche lungaggine di troppo (i 154 minuti di durata si sentono tutti, soprattutto nel secondo atto), Indiana Jones e il quadrante del destino funziona, e garantisce ai vecchi e ai nuovi fan della saga un ultimo nostalgico e divertente viaggio in un universo che è stato evidente fonte di ispirazione per il panorama dell’intrattenimento negli ultimi decenni (Uncharted e Tomb Raider sono due fulgidi esempi in questo senso, sia in ambito cinematografico, sia per quanto riguarda quello videoludico). Come accennavamo in apertura, è il tempo a scandire il racconto, non solo dal punto di vista della mera trama (il quadrante del destino permette di tornare nel passato), ma anche per quanto riguarda le relazioni fra i personaggi.

Per Voller, il tempo è ciò che lo separa dalla sconfitta del nazismo, per lui indigesta; per Helena è una fonte di guadagno, ma anche un modo per riconnettersi con l’ossessione paterna; per Indy invece il tempo è ormai perduto, dal momento che quotidianamente non può fare a meno di constatare che ciò che ha visto e vissuto è infinitamente più appassionante del suo presente. Tuttavia, questa riflessione è l’unico spunto realmente inedito di Indiana Jones e il quadrante del destino, che per il resto si accontenta di giocare sul sicuro, rispolverando il sempreverde e giustificatissimo odio di Indy verso i nazisti (e Mads Mikkelsen è come sempre a suo agio nel ruolo di un personaggio spregevole), dando vita agli immancabili inseguimenti fra terra, acqua e cielo e fornendo agli appassionati una dose di generoso e inevitabile fanservice.

Indiana Jones e il quadrante del destino: la sorprendente Phoebe Waller-Bridge

INDIANA JONES AND THE DIAL OF DESTINY
©2022 Lucasfilm Ltd

Phoebe Waller-Bridge è una delle note più liete di Indiana Jones e il quadrante del destino, a suo agio sia nei panni di novella Katharine Hepburn, sia come eroina action, sia come spalla comica di un’icona del cinema. Allo stesso tempo però si scorge nel rapporto del suo personaggio con il padre e con lo stesso Indy una rimasticatura di quello fra i due Henry Jones brillantemente esplorato in Indiana Jones e l’ultima crociata. Un esplicito punto di riferimento che affiora anche nei momenti fatti di enigmi da risolvere e nei solenni incontri di Indy con la storia e con la leggenda.

Guarda anche ”Indiana Jones e Il Tempio Maledetto” con Disney+

Forse è impossibile chiedere di più a un franchise con un protagonista 80enne, che per la seconda volta tenta un complesso rilancio a più di 15 anni di distanza dal capitolo precedente, facendolo oltretutto senza la solida e amorevole guida di Steven Spielberg. Ma resta comunque un pizzico di amarezza e rimpianto per un racconto che si accontenta del compitino, nonostante abbia più volte la possibilità di sterzare in modo sorprendente: è questo il caso del suggestivo prefinale, vanificato da un epilogo più affettuoso ma complessivamente meno soddisfacente.

Un epilogo dolceamaro

©2022 Lucasfilm Ltd

Anche se è difficile non commuoversi di fronte alla prova del solito gigantesco Harrison Ford, che con uno sguardo e un’alzata di sopracciglio riesce ancora a costruire un mondo intorno al suo personaggio, a trasmettere il suo amore per la storia e a fare percepire la sua sofferenza, resta la sensazione che Indiana Jones e il quadrante del destino difficilmente farà breccia nel cuore degli appassionati, come il suo predecessore Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo.

Fra de-aging, intelligenza artificiale e sempre possibili spin-off o remake cinematografici e seriali, non siamo pronti a scommettere che questa sia davvero la fine di Indy. Ci sentiamo invece di azzardare che quando fra qualche decennio i giovani e vecchi cinefili ripenseranno alla fine dell’arco narrativo di Indiana Jones, voleranno con la mente a quell’ultima romantica e commovente corsa a cavallo verso il tramonto al termine di Indiana Jones e l’ultima crociata, capolavoro di inventiva, narrativa e amore per il cinema a cui questo quinto debole capitolo purtroppo non riesce neanche ad avvicinarsi.

Indiana Jones e il quadrante del destino è in programmazione nelle sale italiane, distribuito da Disney.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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