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Cina: censura alle modelle di lingerie in streaming. E così sono gli uomini a indossarla

Tutto sulla curiosa iniziativa

Il 12 marzo si è celebrata la sedicesima Giornata mondiale contro la cybercensura.

Nell’articolo da noi redatto sull’argomento, ci siamo soffermati sulle periodiche classifiche dei Paesi più o meno liberali nei confronti di quanto circola in Rete.

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E abbiamo constatato come, per quanto riguarda la censura, la Cina sia sempre stabile alla prima e poco invidiabile posizione. È questo infatti il Paese al mondo dove la censura online è più severa, e dove la libertà di espressione in Rete è maggiormente compromessa.

Ulteriore testimonianza ne sia una recentissima notizia, che rischia di apparire piuttosto assurda anche agli occhi del lettore con meno pregiudizi.

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La Cina, la censura e gli stereotipi di genere

Dicevamo dei pregiudizi.

I giovani, bontà loro, stanno aprendo gli occhi alle altre generazioni, e soprattutto ai più conservatori, mostrando con la loro sensibilità che ormai sarebbe l’ora di porsi in modo nuovo e più libero nei confronti della sessualità. Affrontando la questione dell’identità di genere in tutta la sua complessità e in tutte le sue sfaccettature.

Se ad esempio dovessimo vedere un individuo – apparentemente di genere maschile – indossare intimo femminile, dovremmo pacificamente accettare che quegli indumenti si addicono alla sua identità di genere (o, ancora meglio, alla sua sensibilità e al suo senso estetico).

Ma la censura che nei giorni scorsi è arrivata dalla Cina, e che riguarda proprio la lingerie femminile, non ha davvero niente a che fare con i cosiddetti stereotipi di genere.

Cosa è accaduto?

La Cina censura le modelle di lingerie in streaming

Dunque, il fatto è questo: la Cina censura le modelle che si mostrano in abiti succinti in live streaming.

E questa, tutto sommato, è la metà più normale della notizia. L’altra metà vuole che il business milionario della vendita dell’intimo femminile sui social non si debba arrestare. Ecco che dunque, a mostrarsi agli utenti del Web indossando lingerie “da donna” (perdonate la brutale locuzione), appaiono modelli maschili.

Vedere uomini in mutande di pizzo e reggiseno, forse, potrà muovere al riso le persone che ritenessero un simile abbigliamento poco da macho.

Ma indubbiamente tutti noi siamo spinti a un riso molto più amaro: quello suscitato da chi ha avuto un guizzo paradossale per aggirare la censura di Pechino, e poter continuare in questo modo nel suo fortunatissimo business.

Già dallo scorso gennaio le aziende cinesi che vendevano lingerie tramite live streaming hanno dovuto interrompere le dirette. Poche settimane ed ecco l’intuizione: perché non utilizzare modelli maschili?

La parola al (probabile) inventore

Sul sito cinese di microblogging Weibo appare un’intervista a colui che sarebbe l’inventore di questo bizzarro aggiramento della censura in Cina.

Si fa chiamare Xu, e non fa davvero dell’ironia: “Questo non è un tentativo di sarcasmo. Tutti prendono molto sul serio il rispetto delle regole. Quindi cosa devo fare se voglio promuovere e mettere in mostra la lingerie nella sessione di trasmissione in diretta? È molto semplice, trovo un uomo che lo indossi”.

Un giro d’affari da centinaia di miliardi

C’è davvero poco da ironizzare, se si considera il giro di affari della vendita di prodotti in live streaming in Cina.

Nel giugno del 2022 gli utenti di questi servizi nella Cina continentale erano più di 460 milioni.

E un report del 2021 pubblicato dalla succursale pechinese di iResearch prevedeva che il comparto, per il 2023, sarebbe potuto valere sino a 720 miliardi di dollari.

Il settore della vendita di prodotti in live streaming contribuisce al 10% delle entrate complessive del mercato dell’e-commerce del Paese.

Un modo più morbido per aggirare la censura cinese, utilizzato da diverse aziende, è quello di far indossare l’intimo a modelle femminile, ma sopra magliette e pantaloni. E c’è chi ha fatto ricorso ai vecchi e intramontabili manichini.

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La censura dei capezzoli

Alcuni rumors dicono che nel futuro prossimo la Cina potrebbe inasprire la censura, impedendo ai modelli maschili di esibirsi in streaming sfoggiando abbigliamento intimo femminile.

Questo perché, ahinoi, Pechino vorrebbe inibire la circolazione di immagini di uomini effeminati.

In questo senso, è meno retrograda la posizione dei social di Meta. Che fino a oggi, per via della rigidità degli algoritmi, distingueva i capezzoli maschili da quelli femminili, censurando solo questi ultimi (ve lo abbiamo raccontato in un articolo).

Ma adesso il comitato di controllo (indipendente) di Meta ha chiesto di far decadere questa discriminazione, e i vertici dell’azienda stanno seriamente valutando la questione.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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