fbpx
CinemaCulturaIl filo nascostoRubriche

Il portiere di notte di Liliana Cavani – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto, parliamo ancora della psicologia del potere con Il portiere di notte di Liliana Cavani.

La mente umana è malleabile, resiliente, reattiva agli stimoli esterni; incline a picchi emozionali e a repentine cadute, a momenti di esaltazione e a fasi di profondo sconforto. Ci sono però limiti che, una volta superati, ci trasformano irrimediabilmente in un’altra persona, impedendoci di lasciare definitivamente alle nostre spalle un’esperienza traumatica. Un perfetto esempio di questa dinamica è il nazismo: le atrocità del Terzo Reich hanno privato della vita milioni di persone, ma hanno anche segnato per sempre i reduci dei campi di concentramento e gli stessi ex aguzzini, costretti a costruirsi una nuova esistenza sopra le macerie della loro anima. Proprio su una coppia formata da una reduce ebrea e da un ex ufficiale nazista è basato Il portiere di notte, conturbante opera di Liliana Cavani e fulgido esempio di cinema trasgressivo e allo stesso tempo profondamente riflessivo.

Dopo Il conformista di Bernardo Bertolucci, a cui abbiamo dedicato il precedente appuntamento con la nostra rubrica cinematografica Il filo nascosto, torniamo così a parlare di potere, e in particolare delle dinamiche con cui la mente umana interagisce con il dominio e con la sottomissione. Siamo nel 1957 a Vienna, e più precisamente in un lugubre albergo della capitale austriaca, dove sotto falso nome lavora come portiere di notte Maximilian Theo Aldorfer (il solito efficace Dirk Bogarde), ex ufficiale nazista reo di abusi di ogni genere nei confronti dei deportati ebrei. L’hotel è chiaramente un ritrovo di ex nazisti: fra le mura della struttura si cerca di occultare i crimini commessi e si elaborano strategie difensive in preparazione a un possibile processo, che prevedono anche l’eliminazione fisica di testimoni scomodi.

Il portiere di notte: Eros e Thanatos a braccetto in una lugubre riflessione sul male

Il portiere di notte

Le giornate e le nottate di Maximilian procedono in uno stato di calma apparente, fra piccoli servizi agli ospiti della struttura e commissioni più impegnative, come il reclutamento di giovani amanti per un’anziana e abbiente cliente dell’hotel. La routine dell’uomo viene bruscamente interrotta dall’arrivo nell’albergo di Lucia Atherton (una magnetica Charlotte Rampling), reduce da un campo di concentramento all’interno del quale è stata violentata e oppressa dallo stesso Maximilian. La donna, che nel frattempo ha sposato un direttore d’opera americano, riconosce immediatamente il suo ex aguzzino, e lo stesso Maximilian non può dimenticare lo sguardo ammaliante della sua ex prigioniera. Contro ogni aspettativa, Lucia non denuncia l’uomo, ma intreccia invece con lui una passionale e malsana relazione, in cui l’attrazione reciproca è accompagnata da un continuo ribaltamento dei ruoli di vittima e carnefice.

«Non illudiamoci che la memoria sia fatta di vaghe ombre. È fatta di occhi, che ti guardano dritto in faccia; e di dita, che ti accusano», dice l’ex nazista Klaus (Philippe Leroy), sintetizzando il tema portante de Il portiere di notte. Sfruttando anche la sua esperienza coi documentari Storia del Terzo Reich e La donna nella Resistenza, oltre alla collaborazione di Barbara Alberti, Amedeo Pagani e Italo Moscati per lo sviluppo del soggetto, Liliana Cavani mette in scena un lucido e a tratti raggelante ritratto del nazismo, dipinto come l’incarnazione stessa del male, da cui non si deve e non si può tornare indietro.

L’albergo viennese anticipa per certi versi l’Overlook Hotel di Stephen King e Stanley Kubrick, trasformandosi in un crocevia di fantasmi ancora viventi, in bilico non fra la dimensione terrena e quella spirituale, ma fra un passato da cui non possono staccarsi e un presente a cui non possono appartenere.

Fra Luchino Visconti e Bernardo Bertolucci

Il portiere di notte

Non è un caso che durante la visione de Il portiere di notte la nostra attenzione sia catturata più volte dal trucco dei personaggi. Un trucco visibilmente e volutamente posticcio per i protagonisti delle numerose esibizioni a cui assistiamo nel corso del racconto, fra flashback e digressioni del presente, ma estremamente appariscente anche in situazioni che non lo richiederebbero, a sottolineare la profonda vergogna che provano i personaggi e la loro necessità di camuffarsi nella nuova realtà. L’hotel di Maximilian è avvolto da un’atmosfera funerea e disperata: al suo interno riecheggia la decadenza di Morte a Venezia di Luchino Visconti (anch’esso con Dirk Bogarde protagonista), ma anche l’immoralità e la perversione che nel 1972 (appena due anni prima de Il portiere di notte) avevano costituito l’ossatura del capolavoro di Bernardo Bertolucci Ultimo tango a Parigi.

Maximilian e Lucia sono uniti per sempre, nel bene e nel male, dall’esperienza vissuta nei campi di concentramento, ovviamente in posizioni diverse. Proprio come Marlon Brando e Maria Schneider nella già citata opera di Bertolucci, i due si rinchiudono in un microcosmo sospeso nel tempo e nello spazio, dando vita a un rapporto sadomasochistico che diventa ben presto la loro unica strada per vivere, o meglio sopravvivere. Con continui salti avanti e indietro nel tempo, Liliana Cavani scandaglia la loro tormentata psiche, mostrandoli alternativamente succubi e dominatori sull’altro, schiavi e allo stesso tempo padroni in un rapporto inevitabilmente autodistruttivo ed estremamente pericoloso. Gli altri ex nazisti ospiti dell’albergo riprendono infatti a loro volta i ruoli che la storia li aveva costretti ad abbandonare, trasformandosi in carcerieri e controllori di una coppia potenzialmente deleteria per la loro fragilissima posizione sociale.

Il portiere di notte e la sindrome di Stoccolma

A ben vedere, l’insieme di personaggi e relazioni alla base de Il portiere di notte non è altro che una rappresentazione abbastanza fedele dello stato dell’Europa nel Dopoguerra, alle prese con gli strascichi di uno dei periodi più bui della storia umana. Un fragile e decadente mondo post-nazista, in cui eccentrici relitti del passato, equiparabili all’aristocrazia ottocentesca, condividono tempo e spazi con i reduci dell’Olocausto e con i colpevoli di queste atrocità, alle prese con il malcelato tentativo di ripulire la propria immagine. Amore e morte a braccetto in una danza macabra e angosciante, che ci pone inquietanti interrogativi sui nostri traumi e sui nostri desideri.

Tante le scene de Il portiere di notte entrate meritatamente nell’immaginario collettivo, a partire da momento in cui Charlotte Rampling canta e balla seminuda durante una festa nazista, elevandosi dal ruolo di oppressa a quello di dominatrice attraverso l’erotismo. Un tema riproposto anche da alcune scene di sesso, in cui Lucia si posiziona sopra Maximilian prendendo l’iniziativa e il controllo del rapporto. Sequenze che immancabilmente stuzzicarono la morale retrograda, bigotta e patriarcale dell’epoca, portando addirittura Liliana Cavani a doversi giustificare per questa scelta. Una miopia nell’analisi piuttosto diffusa al momento dell’uscita de Il portiere di notte, che portò molti a concentrarsi sulla mera sessualità che sulla sindrome di Stoccolma della protagonista, più volte evidente al centro del racconto.

L’impossibilità di fare a meno dell’altro

Il portiere di notte

Dirk Bogarde e Charlotte Rampling regalano due formidabili performance attoriali, fondamentali per le rispettive carriere. Quello dei loro personaggi è un duello psicologico in cui non ci sono né vincitori né vinti, ma solo vittime di un passato che non è possibile rimuovere, simbolo di una visione cupa e pessimista dell’intero genere umano. Il lavoro degli interpreti è però accompagnato da un altrettanto efficace cast tecnico, su cui spicca la plumbea e rarefatta fotografia di Alfio Contini, già fidato collaboratore di Dino Risi e molti altri maestri del nostro cinema. Altrettanto fondamentali le musiche di Daniele Paris, che contribuiscono a infondere a Il portiere di notte un’atmosfera costantemente in bilico fra malinconia, rimpianto ed erotismo.

A orchestrare il tutto è la sapiente mano di Liliana Cavani, che indugia in avvolgenti danze e in suggestive esibizioni per ribadire la doppiezza dell’esistenza di Maximilian e Lucia, costretti a fingere di essere ciò che non sono in mezzo alla società e liberi di essere loro stessi soltanto fra le mura di una stanza e durante i loro amplessi, unico strumento con cui esorcizzare i traumi del passato. I loro rapporti sessuali sono però ben lontani dall’essere una celebrazione della vita e della passione, e si rivelano invece penosi e tormentati, a simboleggiare l’infelicità che li attanaglia e la comune impossibilità di fare a meno dell’altro.

Il finale de Il portiere di notte

Ineluttabilmente tragico l’epilogo, che richiama ancora una volta Ultimo tango a Parigi. In questo caso a trovare una morte violenta sono entrambi i protagonisti, a sottolineare l’impossibilità di felicità e di liberazione per queste due vittime della storia e del male. Non c’è speranza né redenzione, ma solo la certezza di una violenza che continua a propagarsi e ad alimentare se stessa.

Il portiere di notte

«Se ho voluto vivere come… come una talpa c’è una ragione. La ragione per cui lavoro di notte è la luce: ho un senso di vergogna alla luce».

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

Da non perdere questa settimana su Techprincess

🍎Nuovi iPad e accessori: cosa aspettarsi dall’evento Apple del 7 maggio
🍿Fallout: tutte le domande irrisolte alle quali la Stagione 2 dovrà rispondere
🛞Come scegliere gli pneumatici estivi per l’estate? I fattori da considerare
🤯Google licenzia 28 dipendenti per proteste contro il progetto Nimbus in Israele
✒️ La nostra imperdibile newsletter Caffellattech! Iscriviti qui 
🎧 Ma lo sai che anche Fjona ha la sua newsletter?! Iscriviti a SuggeriPODCAST!
📺 Trovi Fjona anche su RAI Play con Touch - Impronta digitale!
💌 Risolviamo i tuoi problemi di cuore con B1NARY
🎧 Ascolta il nostro imperdibile podcast Le vie del Tech
💸E trovi un po' di offerte interessanti su Telegram!

Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

Ti potrebbero interessare anche:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button