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La Cina vuole vietare il cryptomining sul suo territorio

La Cina, nonostante ospiti i più grandi centri per l’estrazione di cryptovaluta e i più grandi produttori di hardware specializzato per questa attività, ha apparentemente deciso di bandire le attività di cryptomining sul suo territorio. La motivazione dietro questa mossa sembra quella di voler combattere gli sprechi e gli sfruttamenti derivanti da questa attività, che possono raggiungere, nel caso per esempio dei Bitcoin, i 19 MJ di energia per estrarre un singolo dollaro in criptovaluta.

Il bando della Cina sul cryptomining

Innanzitutto un veloce ripasso su cosa effettivamente sia il cryptomining: alla base del sistema di funzionamento della maggior parte delle criptovalute, c’è la condivisione tra i vari utenti della potenza di calcolo necessaria a convalidare le transazioni. Chi contribuisce a questo processo viene ricompensato proporzionalmente in valuta, “estratta” nel processo.

Se da una parte il valore delle monete virtuali è molto volatile e dipendente dagli andamenti del mercato, estrarre monete è man mano sempre più costoso. Se all’inizio poteva bastare il proprio computer di casa, ora si utilizzano interi stabilimenti e macchine dedicate, con un consumo di elettricità e hardware molto alto, a volte addirittura con costi maggiori al guadagno corrispettivo.

La nuova proposta di messa al bando di questa pratica viene dalla Commissione per lo Sviluppo Nazionale e le Riforme, che ha incluso il mining di cryptovaluta in una lista di 450 attività superflue e dannose da fermare. Fino ad ora la Cina è stata una terreno privilegiato, grazie all’energia a basso costo e alla presenza di compagnie specializzate nell’hardware necessario per il mining, come Bitmain.

Nonostante la fonte di questa notizia ponga già al 7 maggio l’inizio del bando, è probabile che passerà molto tempo, addirittura anni, prima che il divieto venga imposto a livello nazionale. Nel frattempo, chip-maker come Bitmain stanno provando ad espandere la loro clientela al di fuori della Cina, con però non poche difficoltà. In altri paesi, infatti, i costi dell’elettricità sono più alti e ci sono spesso delle regolamentazioni più stringenti, che possono ad esempio richiedere che l’elettricità usata per queste attività provenga da fonti rinnovabili.

Non c’è quindi molta certezza sul futuro del mondo delle criptovalute, che ormai anche a livello mediatico sono meno presenti rispetto a qualche anno fa. Che sia quindi il segno di un declino o di una stabilizzazione verso un modello più sostenibile? Intanto, nei prossimi mesi, vedremo gli effetti di questo nuovo divieto in Cina, e potremo farci un’idea migliore delle sue conseguenze.

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Via
Wired
Source
South China Morning Post

Giovanni Natalini

Ingegnere Elettronico prestato a tempo indeterminato alla comunicazione. Mi entusiasmo facilmente e mi interessa un po' di tutto: scienza, tecnologia, ma anche fumetti, podcast, meme, Youtube e videogiochi.

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