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Google Gemini sarà presto riattivato. Ecco che cosa è andato storto

Dopo gli “incidenti” del generatore di immagini

L’intelligenza artificiale generativa diventa sempre più raffinata e sorprendente, ma ogni tanto inciampa. Nulla di strano: per quanto se ne parli con insistenza da mesi, è ancora una tecnologia neonata.

Ne sa qualcosa Google, il cui servizio Gemini nei giorni scorsi ha combinato un po’ di stranezze. Gemini è l’intelligenza artificiale dell’azienda di Mountain View (è stata da poco presentata la versione Gemini 1.5 Pro e nei giorni successivi è toccato a Gemma, famiglia di modelli di intelligenza artificiale aperti). Ad andare in tilt è stata la funzionalità di generatore di immagini, che pare abbia un bel po’ di problemi a raffigurare le persone caucasiche.

Google Gemini e i nazisti afroamericani

Al comando testuale di generare “immagini di soldati tedeschi nel 1943”, in tre casi su quattro Google Gemini ha prodotto figure di soldati afroamericani o asiatici. Gli errori non sono finiti qui: si è anche vista l’immagine di un papa nero.

Google è corsa ai ripari pubblicando una serie di comunicazioni sui canali social. In una di queste si poteva leggere: “Stiamo già lavorando per risolvere i recenti problemi con la funzionalità di generazione delle immagini di Gemini. Mentre lo facciamo, metteremo in pausa la generazione delle immagini delle persone e presto pubblicheremo nuovamente una versione migliorata”.

Ora sappiamo cos’è successo: è stata la stessa azienda a dirlo.

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Google conferma la prossima riattivazione di Gemini

Google è tornata sul “caso Gemini”. Lo ha fatto per bocca di Demis Hassabis, amministratore delegato di Google DeepMind, ospite alla fiera tecnologica Mobile World Congress, a Barcellona.

Hassabis ha confermato che “lo strumento non ha funzionato come previsto”. E ha aggiunto: “Abbiamo messo la funzionalità offline per sistemarla. Speriamo di riaverla online molto presto, nelle prossime settimane”.

Durante il Mobile World Congress Google ha anche annunciato il prossimo rilascio di Gemini all’interno di Android Auto, la piattaforma per accedere al telefono dallo schermo della propria vettura.

I problemi di Gemini spiegati da Google

Ma cos’è successo, nei giorni scorsi, a Google Gemini?

In un post pubblicato lo scorso 23 febbraio, si è espresso Prabhakar Raghavan, senior vicepresident di Google. Che tra le altre cose ha scritto: “Quando abbiamo dotato Gemini del nuovo strumento per le immagini lo abbiamo sistemato affinché non cadesse in alcune delle trappole a cui abbiamo assistito in passato per quanto riguarda l’IA generativa, come la creazione di immagini violente o esplicite oppure la creazione di persone esistenti”.

E poi ha toccato il punto centrale, su cui molti avevano già qualche sospetto. E cioè che gli errori di Google Gemini sono dovuti a… un eccesso di inclusività, per così dire.

Politicamente (fin troppo) corretto

Sappiamo che, se addestrata in modo non attento, l’intelligenza artificiale può immagazzinare anche tutti quei tristi stereotipi che gravano sulla nostra società.

Proprio per non correre questo rischio, Google con Gemini ha esagerato nella direzione opposta. Per carità: l’idea all’origine dell’errore può anche essere meritoria. Quella, cioè, di mostrare un’umanità variegata, e non troppo appiattita sulle caratteristiche (e gli stereotipi, appunto) occidentali. È sempre Raghavan a scriverlo: “Siccome la nostra IA viene usata da persone in tutto il mondo volevamo che funzionasse bene con tutti. Se per esempio si intende creare una squadra di calcio, probabilmente si vogliono ottenere persone variegate”.

Ed ecco poi l’ammissione dell’errore: Google Gemini “non è riuscito a tenere conto di quei casi in cui chiaramente non aveva alcun senso mostrare una diversità.”

Più in generale, ha spiegato Raghavan, “nel corso del tempo il modello è diventato molto più cauto di quanto volevamo che fosse, e si è rifiutato di rispondere a determinate richieste, interpretando erroneamente alcune richieste innocue come sensibili”.

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Stereotipi e buon senso

La destra americana ha accusato Google Gemini nientemeno che di odio razziale contro i bianchi.

L’esagerazione si commenta da sé, ma di certo gli svarioni di Gemini mostrano almeno due problemi, o limiti. I primi riguardano gli “addestratori” umani, fin troppo solerti nel tenersi al riparo da eventuali accuse di razzismo (e infatti le accuse sono arrivate, ma nella direzione opposta rispetto a quella usuale).

I secondi riguardano l’intelligenza artificiale, i cui superpoteri ci spaventano tanto. Invece l’IA generativa ha dimostrato, come minimo, di non avere coscienza del trascorrere del tempo, né alcuna memoria storica. Non ha, insomma, quell’umano buon senso che così spesso ci aiuta a levarci d’impaccio.

Perciò, se probabilmente avremo sempre più bisogno dell’intelligenza artificiale generativa, possiamo crogiolarci al tepore di una certezza: l’intelligenza artificiale generativa avrà sempre bisogno di noi.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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