Facebook, nonostante tutto quanto sia successo e stia ancora succedendo, quasi non si accorge dell’odio online.
Spieghiamoci meglio. Vi abbiamo raccontato in un buon numero di articoli cos’è successo da qualche settimana a questa parte, quando Frances Haugen, ex product manager della piattaforma social più famosa e frequentata del mondo, ha deciso di aprire il vaso di Pandora.
Ha iniziato con un’intervista a 60 Minutes, e consegnando materiale scottante al Wall Street Journal. Che lo ha reso pubblico a puntate, negli ormai celebri Facebook Files.
E come se l’opinione pubblica non fosse già abbastanza scossa, ecco il colpo di teatro, frutto di un accordo taciuto a tutti. La mattina del 25 ottobre scorso, i 17 maggiori quotidiani americani hanno pubblicato all’unisono i Facebook Papers. Ossia 10.000 pagine che racchiudono i più svariati documenti interni dell’azienda. Da cui si evince una condotta quanto meno distratta della società nei confronti dei contenuti pubblicati.
Scandali e polemiche si susseguono e non sembrano destinati a placarsi. Ultimo in ordine di tempo, pubblicato nuovamente dal Waal Street Journal, è un report interno secondo il quale Facebook creerebbe dipendenza e disagi psicologici a un utente su otto.
Odio online: Facebook in controtendenza
Eppure, sembra che per lo stesso social le cose non vadano esattamente così.
I Facebook Papers hanno mostrato come la piattaforma contribuisca alla diffusione dell’odio online. Non solo “dimenticandosi” spesso di moderare i contenuti, ma addirittura prendendo posizioni pericolosamente vicine a diversi regimi dittatoriali, che adoperano i social per soffocare il dissenso.
Ma l’azienda di Menlo Park la vede diversamente. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto sull’applicazione degli Standard della Comunità, che si concentra proprio sull’impegno del gruppo Meta nella lotta all’odio online e alle discriminazioni.
Come vedremo a breve, è lampante la sproporzione tra i numeri offerti dal report di Facebook e ciò che traspare dai documenti che grazie a Frances Haugen hanno fatto il giro del mondo.
Ignorando nel dettaglio attraverso quali strumenti di misurazione gli analisti di Facebook abbiano potuto ottenere quelle cifre, ci limitiamo a riportarle.
I numeri dell’odio online secondo Facebook
Secondo gli esperti della società di Zuckerberg, nel terzo trimestre del 2021 l’odio online avrebbe riguardato solo lo 0,03% dei messaggi. Ovvero tre messaggi ogni 10mila. La percentuale è in calo rispetto al trimestre precedente, quando si attestava sullo 0,05%.
Spiega il trend il vicepresidente (con delega all’Integrity) Guy Rosen: “Osserviamo una progressiva riduzione grazie ai progressi fatti dalla nostra tecnologia e ai cambiamenti che abbiamo introdotto nei sistemi di classificazione che riducono i contenuti problematici nelle bacheche degli utenti.
Per il quarto trimestre consecutivo, la diffusione dei contenuti d’odio su Facebook e Instagram continua diminuire”.
Anche i contenuti violenti sarebbero in percentuali minime: dallo 0,04 allo 0,05%, contro lo 0,2% di Instagram.
La rimozione dei contenuti violenti
È del tutto evidente come l’esibizione di questi numeri da parte dell’azienda di Menlo Park voglia fungere da argine alla polvere (o forse dovremmo dire fango) sollevata dai Facebook Papers.
Nella medesima direzione va l’annuncio secondo cui, sempre nel terzo trimestre dell’anno in corso, la società avrebbe rimosso 13,6 milioni di contenuti violenti.
“Abbiamo rimosso 13,6 milioni di contenuti su Facebook che violavano la nostra policy sulla violenza e sull’istigazione alla violenza e abbiamo rilevato proattivamente il 96,7% di questi contenuti, prima che qualcuno ce li segnalasse.
Su Instagram, abbiamo rimosso 3,3 milioni di contenuti con un tasso di rilevamento proattivo del 96,4%.”
Nello stesso periodo sarebbero stati eliminati 9,2 milioni di contenuti di bullismo e molestie su Facebook, e 7,8 milioni su Instagram. Con una proattività rispettivamente del 59,4 e dell’83,2%.
Facebook ha inoltre dichiarato che i “team di integrità” continueranno a operare anche in Meta.
- Levy, Steven (Autore)
Facebook, l’odio online e le cifre che non convincono tutti
I dubbi sui numeri forniti da Facebook sono almeno due.
Intanto, non viene mai spiegato cosa si intenda per contenuti d’odio. Inoltre (e soprattutto) si tratta di percentuali globali. Ma proprio i Facebook Papers hanno drammaticamente messo in risalto come gli algoritmi della piattaforma non agiscano con la stessa efficacia in tutto il mondo.
Nei Paesi non di lingua inglese, soprattutto dove la situazione politica è nebulosa o tesa, spesso la moderazione dei contenuti è quasi del tutto assente.
Nel frattempo, una recentissima e strutturata indagine condotta da Milena Gabanelli si occupa proprio di fare chiarezza sull’argomento. E di comprendere chi guadagna dalla diffusione dell’odio online.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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