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Questione morale, la si affronta anche nei videogiochi

Quando la nostra coscienza ci pone di fronte a dei bivi da dover prendere in ambito videoludico

Molto spesso i videogiochi ci pongono di fronte ad una cosiddetta “questione morale”.

Problemi di natura etica ci assalgono tutte le volte che siamo posti di fronte ad una scelta. “Avrò preso la decisione giusta?” “Prima la pensavo diversamente ma, adesso che ci sono dentro, cosa dovrei fare?

Insomma, non è mai facile giocare senza lasciarsi andare a dei pensieri introspettivi, mettendo in discussione le nostre più profonde convinzioni.

Ad esempio, un videogioco che mi ha messo particolarmente in crisi è stato Life is Strange.

Un breve riassunto

Del 2015, Life is Strange è stato un successo di pubblico e di critica, un po’ meno amato, forse, dalle nostre coscienze. A differenza di un videogame come To the Moon, che ha una trama lineare da dover seguire, Life is Strange ci pone continuamente di fronte a dei bivi.

Il sottotrama è molto chiaro: una ragazza con il potere di poter tornare indietro nel tempo, una migliore amica dalla vita incasinata e una misteriosa scomparsa da dover risolvere. A fare da contorno al tutto, la natura che si ribella.

Ma la trama vera e propria è il giocatore a scriverla, tramite una serie di scelte da prendere in ognuno dei 5 episodi proposti. Che sia un’azione o un dialogo, in Life is strage nulla è certo, neanche le nostre stesse emozioni.

La questione morale in Life is strange

La questione morale nasce ogni qual volta Max, la protagonista, si ritrova a dover prendere una decisione: seguire l’istinto? Riflettere? Essere egoisti? Essere altruisti?

Come può un graffito scritto su di un muro cambiare l’intero corso della storia? Come fa, la risposta sbagliata, ad avere effetti così radicali ed importanti sul futuro?

Eppure tutto questo è possibile.

Sostanzialmente si può decidere anche l’interesse amoroso della protagonista: Chloe o Warren, i suoi due migliori amici. Con entrambi ha un rapporto diverso: Chloe è la sua amica d’infanzia, Warren invece lo ha conosciuto alla Blackwell Academy.

In base alle scelte effettuate sarà possibile intrecciare una relazione con Chloe (anche se per tutta la durata del videogioco è palpabile una certa tensione fra le due) o con Warren (il quale è disposto a subire un pestaggio in piena regola e a difendere costantemente Max dalle minacce di Nathan).

Ovviamente nel caso sopracitato la questione morale non c’entra molto. Chloe o Warren poco importa. Sarà una decisione da prendere in base alle simpatie del giocatore – io, ad esempio, avevo preso a cuore Warren perché è troppo dolce e carino!

Tuttavia la vera fregatura di Life is Strange, quella dove il dilemma morale sopraggiunge in tutta la sua prepotenza, è sul finale.

Non appena scoperti i suoi poteri, la ragazza è stata capace di tornare indietro nel tempo per salvare da morte certa quella che poi avrebbe scoperto essere Chloe. Un violento tornado di potenza 6 sta per abbattersi sull’immaginaria cittadina di Arcadia Bay.  Man mano che si procede con il gioco, si scopre che è la natura ad essersi ribellata in seguito all’interferenza di Max con il normale proseguire degli eventi.

La decisione più difficile

Facciamo un piccolo passo indietro nella trama: appena scoperti i suoi poteri, la ragazza è stata capace di tornare indietro nel tempo per salvare da morte certa quella che poi avrebbe scoperto essere Chloe. Dunque, arrivati alla fine del videogame, bisognerà prendere la decisione più difficile: salvare Arcadia Bay tornando indietro nel tempo oppure salvare Chloe e lasciare che la città venga distrutta?

Per chi non ha mai giocato a Life is Strange la risposta potrebbe essere abbastanza semplice: salvare la migliore amica di Max. Il problema nasce dal semplice fatto che, durante la storia, la protagonista interagisce anche con altri personaggi.

Difatti il giocatore conoscerà la cattolica Kate, cercando anche di salvarla da un possibile suicidio, il dolce Warren, la dura Victoria, la madre di Chloe, Joyce, e via discorrendo.

Ogni personaggio porta con sé un background tale che è impossibile non finire con il solidarizzare con loro, affezionandosene. Troviamo una madre preoccupata per il futuro della propria figlia, una ragazza bullizzata, studenti della Blackwell con i pensieri adolescenziali tipici di quell’età, due antagonisti con i propri problemi (perlopiù mentali) e via discorrendo.

Va da sé che di fronte al tornando che sta per abbattersi su Arcadia Bay e una Chloe che dice a Max “ti amerò per sempre”, la decisione da dover prendere è davvero difficile.

Come comportarsi? Come spegnere quella vocina nella mente che ci urla di salvare gli abitanti della città? Non si può. O almeno, non sempre. Sicuramente ci sarà chi avrà scelto di salvare Chloe, altri di salvare Arcadia Bay.

Io, personalmente, faccio parte di questa seconda categoria.

Perché la mia coscienza ha deciso di salvare Arcadia Bay?

La decisione che ho preso è stata sofferta. Ma alla fine ho deciso ascoltando quella vocina nella mia testa. Il perché abbia preso questa decisione è presto detto: non potevo ignorare la miriade di personaggi conosciuti.

La mia Max si è invaghita di Warren, ha salvato Kate dal suicidio, ha consolato Joyce, ha vissuto esperienze in mondi paralleli da segnarla profondamente, da farle capire l’importanza della vita.

Certo, ha interferito salvando Chloe da un proiettile in pieno petto ma può correre ai ripari.

Ammetto che fino alla fine sono stata titubante. Non potevo prendere una decisione del genere di pancia, dovevo rifletterci. E alla fine ho preferito l’opzione B (salvare la città) quando nel bel mezzo della tempesta Max ha trovato il disegno di un bambino all’interno di un pick-up.

Come potevo condannare persone innocenti per l’errore di una? Come potevo anteporre la vita Chloe a quella di centinaia? Non era giusto far pagare ad Arcadia Bay l’aver giocato con il tempo e con lo scorrere degli eventi.

Conclusioni

Ecco, la mia “questione morale” l’ho risolta grazie al disegno di un bambino. Ma ci sono tanti altri videogame che ci portano a mettere in discussione ogni nostro pensiero. Alcune volte non ce ne rendiamo conto, altre volte, invece, lo avvertiamo come uno schiaccio in faccia a mano aperta.

È davvero complicato quando subentrano i sentimenti, proprio come nella vita reale. Ed è impossibile non affezionarsi ad un personaggio o a tutti, bisognerebbe mantenersi costantemente lucidi e pensare “è solo un videogioco”.

Ma è davvero così? Possiamo davvero ridurre tutto ad una frase banale? No, non possiamo.

Perché spesso i videogame non aiutano soltanto a svagarsi ma anche a riflettere e ad emozionarsi. Alcuni hanno la capacità di cambiarci la vita, di farci vedere il mondo da una prospettiva diversa.

E tutto grazie a quella “questione morale” che ci coglie nei momenti più importanti.

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Maria Stella Rossi

Mangiatrice seriale di biscotti e ghiotta di pizza, adoro scrivere da sempre, ancor prima di imparare a tenere per bene una penna fra le dita. Sono una grande appassionata di libri, telefilm, film, videogiochi e cucina, mentre il mio sogno nel cassetto è quello di riuscire a catturare ed addomesticare una Furia Buia. Ma anche continuare a scrivere non è poi così male come desiderio.

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