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Ti mangio il cuore: com’è il film di Pippo Mezzapesa con Elodie

Ti mangio il cuore di Pippo Mezzapesa, in concorso nella sezione Orizzonti della 79a Mostra del Cinema di Venezia, è un’opera tratta dal libro omonimo di Carlo Bonini e Giuliano Foschini.

Siamo in Puglia. Il promontorio del Gargano è conteso da criminali che sembrano venire da un tempo remoto governato dalla legge del più forte. Una terra arcaica da Far West, in cui il sangue si lava col sangue. A riaccendere un’antica faida tra due famiglie rivali è un amore proibito: quello tra Andrea, erede dei Malatesta, e Marilena, bellissima moglie del boss dei Camporeale. Una passione fatale che riporta i clan in guerra.

Ti mangio il cuore: l’esordio al cinema di Elodie in un raggelante dramma mafioso

Ti mangio il cuore

Lasciami la faccia. Questo è l’ultimo desiderio di un mafioso. L’ultima volontà, espressa da un malavitoso mentre una pistola gli viene puntata in pieno volto, è quella di poter avere ancora un viso dopo l’esecuzione. Un gesto d’onore, quasi di rispetto verso l’immagine, la propria, che dovrà lasciare come ultima traccia, come memoria, come ultimo fotogramma alla famiglia, agli amici, a coloro che avranno per sempre il riflesso della guerra sul proprio volto, coloro che porteranno addosso le cicatrici visibili di una faida lunga una vita intera.

Ed è l’immagine, come spesso accade, la protagonista di quest’opera. L’immagine come espressione di un dissidio, l’immagine della faida, l’immagine come traduzione di un linguaggio più complesso, di un segno, di una realtà sfaccettata, subordinata a regole, sistemi e strutture tangibili. Quel che l’immagine veicola è un sistema di potere, familiare, che coniuga presente e passato, e che detta lo sguardo del futuro, che determina l’andamento di una società, di una realtà, e di una guerra che riesce a perforare il presente, al punto da cristallizzarlo, da renderlo eterno, inossidabile, immutabile.

L’architettura del potere mafioso

Ti mangio il cuore è una storia che parla di amore, vendetta e morte, ma anche di una terra, il Gargano, straziata e insanguinata da una mafia spietata. E questa dicotomia è resa perfettamente dal bianco e nero che forgia le scene, un bianco e nero sporco, sensuale, vibrante, che suggerisce l’ambivalenza e il binario narrativo che il mondo mafioso palesa ai suoi abitanti, ovvero o in guerra o in morte. Non c’è possibilità di svincolare da questo aspetto dicotomico, e il contesto sociale è una gabbia inespugnabile. Ma c’è chi sa andare oltre i binari costrittivi, chi sa andare oltre la coercizione mafiosa, ed è Marilena. Marilena sceglie la vita, sceglie la pace, e sceglie se stessa.

Pippo Mezzapesa traduce la lingua dell’inchiesta, le analisi tentacolari e abissali in un racconto che ha il sapore del sangue rappreso, ha fotografato con grande abilità il culto della vendetta, la cancellazione della memoria, la metamorfosi dell’uomo in bestia feroce con sguardo asciutto, e un ritmo incisivo e detonante. Noi quindi assistiamo all’anatomia di una faida, alla dissezione dei corpi, alla conquista del potere attraverso il sangue.

In questo la pellicola ha una capacità formidabile di intercettare l’attenzione e lo sguardo dello spettatore, grazie alla sua credibilità, alla centralità e alla permeabilità dei dialoghi, e dello spazio, che è uno dei grandi personaggi della storia. Luoghi di culto, luoghi sacrali, luoghi profani e profanati, sono saturati dagli uomini e riflettono la pervasività del loro potere, e l’inestricabile intreccio sociale che ne deriva è annichilente, come l’architettura di un potere che ha dato forma a un mondo condannato prima ancora che veda la luce.

Ti mangio il cuore sarà disponibile in sala da giovedì 22 settembre distribuito da 01 Distribution.

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Lucia Tedesco

Giornalista, femminista, critica cinematografica e soprattutto direttrice di TechPrincess, con passione ed entusiasmo. È la storia, non chi la racconta.

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