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Cinquant’anni fa il primo worm della storia dell’informatica

Si chiamava Creeper, fu scritto dall’ingegner Bob Thomas e si diffuse su Arpanet

Fece la sua comparsa cinquant’anni fa Creeper, il primo virus, o più precisamente il primo worm, della storia dell’informatica. Il malware fu creato da Bob Thomas e si diffuse su Arpanet, una sorta di progenitore di Internet.

E la scritta che apparve nei monitor dei computer in cui Creeper girava sarebbe stata destinata a cambiare la storia dell’informatica. Lo slogan, rigorosamente in caratteri maiuscoli, recitava: “I’M THE CREEPER, CATCH ME IF YOU CAN!

Creeper: la genesi del primo worm

L’idea di creare programmi capaci di autoreplicarsi nasce nel 1949 su impulso del matematico e informatico John von Neumann, ma si concretizzò solo ventidue anni dopo con Creeper: nel 1971 un virus era capace di attaccare i computer.

Si trattava del primo programma in grado di creare una copia di se stesso e di trasferirsi autonomamente da un computer all’altro sfruttando le reti informatiche.

Creeper girava sui computer dell’epoca, grandi come stanze: i Digital PDP-10. Nonostante il messaggio inquietante con cui Creeper si “presentava”, gli intenti dello sviluppatore Bob Thomas erano benevoli: dimostrare la possibilità di trasferire un programma da un computer all’altro. Oggi un’attività più che comune, allora una novità straordinaria.

L'impero del Malware
  • Alberto, Berretti (Autore)

Virus e antivirus per computer: la nascita di Reaper

La creazione di Creeper portò con sé un problema destinato a protrarsi sino ai giorni nostri: come controllare un worm? Spettò a Ray Tomlinson, collega di Bob Thomas, il compito di scrivere Reaper, un programma capace a sua volta di replicarsi. Il suo scopo sarebbe stato quello di “saltare” da un computer all’altro per intercettare e debellare copie di Creeper.

Ed ecco il primo antivirus della storia. Anche se la parola virus associata alla parola computer, per indicare un attacco informatico, sarà utilizzata per la prima volta solo nel 1983 dall’informatico statunitense Frederick B. Cohen.

Malware, worm, virus: un breve glossario

È il momento di ribadire che Creeper non era un virus bensì un worm. Anzi, per essere più precisi, solo la seconda versione di Creeper può considerarsi un worm. Vediamo perché.

Cominciamo col dire che un malware è qualsiasi programma informatico creato per disturbare le attività svolte da uno o più utenti di computer. Sotto il grande ombrello del malware stanno dunque i worm e i virus, così come i trojan e svariati altri programmi.

Nell’uso comune si tende a confondere la parola virus con la parola malware, forse perché chiamiamo genericamente antivirus i software che permettono di rendere inoffensivi non solo i virus ma un’ampia serie di malware.

Veniamo ai worm e ai virus per computer, i due malware di cui ci stiamo occupando in questo articolo. Possiamo dire, in estrema intesi, che i worm per replicarsi passano da un computer all’altro attraverso Internet. Un veicolo di trasmissione dei worm è ad esempio la posta elettronica.

Di vero e proprio worm possiamo parlare solo a partire dalla seconda versione di Creeper, perché la prima non si replicava sulle diverse macchine collegate in rete. Non trasferiva, cioè, una copia del proprio codice sorgente da un computer all’altro.

I virus, invece, per diffondersi di computer in computer hanno necessità di agganciarsi a file o a  programmi eseguibili. Il primo virus sarà inventato nel 1982 da Rich Skrenta, un giovanissimo appassionato di informatica: aveva appena quindici anni.

worm virus

Virus, computer e cybersecurity oggi

Oggi, a distanza di decenni dai primi worm e virus, la sicurezza informatica deve fronteggiare attacchi di hacker sempre più sofisticati. Al di là dell’ormai diffusissimo utilizzo di antivirus a protezione dei computer domestici, i crimini informatici si rivolgono con sempre maggior frequenza alla sottrazione dei dati personali degli utenti. Recentissimo il caso degli oltre 533 milioni di profili sottratti dai database di Facebook.

L’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection 2021 della School of Management del Politecnico di Milano riporta dati interessanti che riguardano il 2020 e si riferiscono all’Italia.

Il 40% delle nostre grandi aziende ha subito più attacchi informatici rispetto al 2019. Eppure, solo il 41% delle società affida la responsabilità della sicurezza informatica al CISO (Chief Information Security Officer), e il 38% non prevede una relazione periodica al CdA da parte della figura responsabile della sicurezza.

Se dalle aziende passiamo ai privati, una recente inchiesta di Reboot Online ci dice che il 77% degli italiani non sa come segnalare un crimine informatico o un comportamento illegale online, e il 67% non si ritiene informato sui rischi della criminalità informatica.

Con queste percentuali, sembra evidente che una più efficace cybersecurity non dovrà passare solo attraverso il rilascio di software di protezione sempre più potenti e raffinati. Ma dovrà anche prevedere una capillare strategia informativa, ai cittadini e alle aziende, su tutti i rischi legati alla Rete.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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