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Lancia Delta, la storia della mitica compatta torinese (in attesa della nuova…)

Lancia Delta, la storia della leggendaria torinese (in attesa della nuova...)

Ci sono poche auto al mondo che hanno saputo incanalare la passione di un intero Paese su di esse. Automobili che dopo decenni di vita sanno ancora emozionare chi ama il mondo dei motori. E, come sempre quando si parla di emozioni, questo tipo di automobili sono amate e al contempo odiate, divisi tra chi le sogna e chi proprio non le capisce. In Italia, queste emozioni sono assimilabili ad un’auto in particolare: la Lancia Delta.

A 42 anni dalla sua nascita, grazie ai suoi successi nei rally la Delta è ancora amata da tutti gli appassionati di auto, e per questo a dir poco discussa nelle sue reincarnazioni, ree sempre di non aver rispettato l’aura della prima, mitica generazione. Ma da dove nasce il mito della Delta? Oggi lo scopriremo facendo un viaggio nella storia di Delta, dal lancio della prima serie nel 1979 alle bistrattate seconda e terza serie fino all’ipotetico futuro (elettrico) del mitico Deltone. Pronti? Salutate la Regina.

La genesi, la prima Lancia Delta: pianale Ritmo, disegnata da Giugiaro e con parecchie innovazioni

Iniziamo dalla nascita della prima Lancia Delta. Siamo alla fine degli anni ’70: ormai Lancia è ben all’interno del Gruppo FIAT, ha abbandonato la sua storica fabbrica di Borgo San Paolo per tentare di diventare una potenza nel mondo automobilistico mondiale. Al fianco della più grande Beta, prima Lancia prodotta sotto l’influenza FIAT, dal 1976 mancava una piccola Lancia d’accesso, visto che proprio in quell’anno la mitica Fulvia aveva salutato i listini.

Già nel 1973, infatti, Lancia cominciò a lavorare alla nuova piccola berlina, codice di progetto Y5. I vertici Lancia decisero per un taglio netto col passato: addio ai vecchi pianali Lancia, benvenuto invece al nuovo pianale Ritmo, moderno e capace di portare in dote più sicurezza e tecnologia. In FIAT però sapevano bene di dover differenziare bene i due modelli. La clientela Lancia, come dicono i documenti e le dichiarazioni dell’epoca dei dirigenti FIAT, era considerata “più esigente, raffinata e qualificata”: un mero doppione della Ritmo sarebbe stato inaccettabile.

Per questo, in Lancia decisero di modificare la base Ritmo per installare una meccanica più raffinata, con l’adozione di barre antirollio anteriori e posteriori e, soprattutto, di sospensioni anteriori e posteriori indipendenti, entrambe di tipo McPherson. Una soluzione decisamente più costosa e complessa, ma che porta solo vantaggi su strada: più confort, più stabilità, migliore risposta sulle buche. In più, le linee di Delta dovevano essere più eleganti e raffinate della popolare cugina Ritmo. Per questo la matita venne affidata a Giorgetto Giugiaro, il grande designer torinese dietro ad alcune delle più iconiche auto degli ultimi 50 anni. Il suo disegno è semplice ma azzeccatissimo: Delta è un’auto a due volumi elegante e squadrata, come volevano gli stilemi del tempo.

Il frontale, con il classico scudo Lancia in acciaio inox, era incastonato tra due fari quadrati, e l’intera auto era disegnata con un motivo a trapezio, con la coda corta, compatta e con un lunotto molto inclinato. Lo spazio interno è buono per i passeggeri, mentre il bagagliaio a causa della coda tronca è un po’ risicato. Gli interni invece sono moderni, completi e realizzati con cura, come i sedili privi di cuciture e la plancia in poliuretano espanso.

Delta però è ritornata ad offrire delle vere e proprie innovazioni all’avanguardia, come da tradizione Lancia. Oltre alle sospensioni a ruote indipendenti posteriori, Delta riprende l’innovazione dei paraurti in plastica rinforzata da fibra di vetro della Ritmo. Questa soluzione, più leggera e capace di assorbire meglio gli urti, viene però declinata con paraurti verniciati in tinta. Il motivo? Semplice: offrire un’estetica molto più curata e raffinata. In più, Delta offriva anche il climatizzatore, l’orologio con cronometro, il cielo dell’abitacolo in tessuto di serie, lunotto termico e con tergicristallo e fari allo iodio e con doppia luce retromarcia, senza dimenticare gli specchietti regolabili dall’interno. Sulle versioni più accessoriate che arriveranno in seguito poi Delta offrirà anche vetri elettrici, computer di bordo, climatizzatore automatico e il cambio automatico. Mica male per l’epoca, vero?

Il successo: Lancia Delta è Auto dell’Anno 1980, un buon telaio e tanto confort i pregi del progetto Y5

Le motorizzazioni al lancio erano solo due, derivate dai motori della Ritmo. Entrambi a 4 cilindri, entrambi ovviamente a benzina, da 1300 e 1500 cm3. Rispetto alla Ritmo, però, Delta aveva più potenza per accontentare il telaio più rigido e i clienti più esigenti: il 1300 disponeva di 75 CV, mentre il 1500 arriva fino a 85 CV. Il cambio era manuale a 5 marce sulla 1500, a 4 marce con un 5 marce “di riposo” optional per la 1300.

Il successo di Delta fu immediato: le vendite fioccavano, con i clienti Lancia che apprezzavano la qualità delle finiture e la silenziosità, che ricordavano le migliori Lancia dei tempi che furono. Nonostante la mano di FIAT, infatti, la qualità e la raffinatezza erano quella delle vecchie Fulvia e Flavia, che tanto avevano fatto innamorare centinaia di lancisti. Il progetto Delta però riprendeva dalla Ritmo una buona guidabilità di base, che grazie alla cura Lancia a base di sospensioni indipendenti, telaio irrigidito e barre antirollio regalava ancora più piacere di guida.

In più, la silenziosità interna, la qualità delle finiture e la zincatura della carrozzeria (che eliminava i problemi di ruggine della Beta) la rese sempre più gettonata e apprezzata. E la linea di Giugiaro era il suo punto forte: tipicamente anni ’80, squadrata ma allo stesso tempo dinamica e spaziosa, con le sue forme convinceva sempre più clienti in Italia e non solo. Lancia Delta quindi nel suo primo anno di vita ha convinto i lancisti, gli sportivi e chi semplicemente cercava un’automobile piacevole da guidare, bella e comoda.

Un successo che in poco tempo venne riconosciuto non solo dalle vendite, ma anche dalla stampa specializzata. Infatti Lancia Delta venne proclamata nel 1980 Auto dell’Anno, prima e finora unica Lancia ad ottenere il premio. Dallo stabilimento Lancia di Chivasso, nel primo anno di produzione, uscirono ben 45.000 Delta, che arrivarono entro la fine del 1981 a superare le 100.000 unità.

La curiosità: l’esperimento Lancia-Saab 600, che portò al climatizzatore e alla Lancia Thema

Un’altra caratteristica che rese Lancia Delta molto apprezzata, soprattutto nei Paesi più freddi, era il suo ottimo sistema di riscaldamento. Molto all’avanguardia, sfruttava la sua ottima potenza con una distribuzione stratificata del calore, rendendo Delta perfetta anche per i climi freddi. Il merito però non fu tutto dei tecnici Lancia, ma dell’aiuto fondamentale di una Casa che conosce bene il freddo: Saab.

La Casa svedese, infatti, aveva instaurato nel 1978 una collaborazione con il Gruppo FIAT. Gli obiettivi di questa collaborazione erano principalmente due. Il primo era dotare la piccola Casa svedese di un’automobile compatta, più piccola delle proprie proposte, come sostituta della vettura d’accesso della gamma, la vetusta 96. In più, poi, Saab e FIAT realizzarono insieme il pianale Tipo 4, che fu alla base di 4 vetture di alta gamma: Saab 9000, FIAT Croma, Lancia Thema e Alfa Romeo 164. Ma questa è un’altra storia.

Saab così scelse di commercializzare proprio la Delta in Svezia, Norvegia e Finlandia con il nome di Saab-Lancia 600. Per questo Saab studiò un sistema di riscaldamento adatto al suo Paese e ai suoi clienti molto esigenti. La Saab-Lancia 600 era dotata del motore 1500 da 85 CV, di due allestimenti (GLS e GLE) e dei tergifari, obbligatori in Svezia. Oltre a queste differenze e al doppio logo Saab-Lancia, la 600 era identica alla versione italiana, ma non ebbe il successo sperato. Vennero infatti vendute solo 6.400 Saab-Lancia 600 tra il 1980 e il 1987.

Ecco le prime versioni sportive: 1600 GT e HF Turbo

Fuori dalla Scandinavia, però, Delta continuò a piacere. Il suo successo portò quindi Lancia a decidere di ampliare la gamma. All’epoca, infatti, FIAT e Lancia erano restie a migliorare e a “potenziare” i propri modelli: l’instabilità del mercato derivante dalla crisi petrolifera di fine anni ’70 infatti non rendeva saggio l’ampliamento della gamma di un modello. Ma Lancia Delta provò a FIAT di meritare nuove motorizzazioni, sfruttando quel piacere di guida che tanto piaceva alla clientela.

Nel 1982 arrivarono le versioni LX, le più lussuose. Dotate di cerchi in lega da 13 pollici, vetri elettrici e vetri atermici erano il top di gamma di Delta, che nel 1983 si rifece il trucco. I paraurti sono stati ridisegnati e realizzati in un unico pezzo, mentre dietro scomparve la calandra satinata, uno dei pochi dettagli poco apprezzati dalla clientela. Tra ulteriori miglioramenti ai rivestimenti interni e altrre piccole novità, nacquero anche le prime, timide versoni sportive di Delta, la 1600 GT e la 1600 HF Turbo. Il nome della seconda riprende la sigla High Fidelity, che caratterizzava le Fulvia HF che vinsero nei rally negli anni ’70. I motori invece si basavano sul 1600 bialbero Lampredi visto sulla Ritmo più sportiva, la 105 TC.

Sulla 1600 GT, il motore era lo stesso della “cugina” Ritmo, dotato di 105 CV, cambio a 5 marce e prestazioni molto brillanti. La versione top di gamma però era la 1600 HF Turbo: al 1.6 bialbero venne aggiunto un turbocompressore che portava la potenza a ben 130 CV. In più, le sospensioni si fecero più rigide, i cerchi più grandi e i freni diventarono a disco anche dietro. La potenza di 105 e 130 CV non era poi un caso. Erano infatti le stesse potenze delle versioni sportive di Ritmo, la 105 TC e 130 TC. Le due Delta sportive erano infatti complementari alle Ritmo, non rivali.

Le FIAT Ritmo TC erano infatti solo disponibili con 3 porte, ed erano spartane e poco confortevoli, senza fronzoli. Per chi dalla sua sportiva cercava anche raffinatezza e usabilità, la risposta era Delta. Sempre disponibile con le sole 5 porte, e dotata degli stessi interni curati delle altre, le Delta GT e HF erano le sportive per tutti i giorni.

La svolta della storia di Lancia Delta: i Rally. Il timido (e tragico) debutto con la Delta S4

La scelta di creare una percezione più sportiva attorno al nome Delta non fu casuale, e si rivelò il vero colpo di genio di Lancia. Con l’uscita di produzione della Beta Montecarlo e della Beta HPE, infatti, l’emozionalità della Casa torinese poteva rischiare di sparire. In più, la mitica 037, vincitrice del Campionato del Mondo Rally nel 1983, ormai capitolava sotto i colpi delle automobili integrali come Audi Quattro e Peugeot 205 T16.

Perciò, la Squadra Corse Lancia, ancora situata nella storia fabbrica di Borgo San Paolo, si mise al lavoro sulla sostituta della 037. L’obiettivo era sfruttare le conoscenze messe a punto con la 037, ovvero motore centrale, sovralimentazione e peso leggero, ma la necessità era quella di debuttare nel mondo delle 4 ruote motrici. Fu così che nacque la Lancia Delta S4, un prototipo estremo in ogni sua componente, che con la Delta stradale condivideva giusto qualche dettaglio estetico. Già dal nome si capisce cosa la rende speciale. S infatti sta per sovralimentata, e 4 invece simboleggia la presenza delle 4 ruote motrici.

Delta S4 infatti è dotata del 1.8 4 cilindri derivato dalla 037, che però qui è dotato sia di compressore volumetrico che di turbo. La potenza? La versione stradale, indispensabile per omologare quella da corsa, aveva 250 CV. Quella da rally, invece, ne aveva ben 450, con un overboost utilizzabile per una manciata di secondi che portava la potenza a ben 530 CV. Debuttò nelle ultime due gare del 1985, sostituendo l’ormai vetusta 037 Evo a 2 ruote motrici, e i risultati furono subito eccellenti. La Delta S4 ottenne infatti 5 vittorie e 12 podi in sole 15 gare, e andò vicinissima al titolo Mondiale Piloti 1986. Quell’anno infatti il titolo fu vinto da Peugeot, che grazie ad una controversa vittoria al Rally di Sanremo restituitagli alla fine del campionato dopo un ricorso per una squalifica si aggiudicò l’ultimo titolo della storia del Gruppo B.

A causa di un altro, ennesimo incidente mortale al Tour De Corse 1986, dove proprio la Lancia Delta S4 guidata da Henri Toivonen si schiantò uccidendo il pilota finlandese e il copilota Sergio Cresto, la FIA bandì il Gruppo B dalle competizioni. La carriera della Delta S4 si completò così dopo sole 15 gare, dove però dimostrò le capacità di Lancia. E, col senno di poi, la S4 è stata il trampolino di lancio per la nascita del mito della Lancia Delta nei rally.

La nascita del mito: la Delta 4WD, la prima ad alte prestazioni

Lancia infatti, vedendo nei primi test eseguiti nel 1985 quanto fosse competitiva la Delta S4, decise di sfruttare il traino dei rally, all’epoca seguiti quanto la Formula 1 (se non addirittura di più) per portare su strada un po’ di aura rallistica. Come? Lanciando nel 1986 la prima Delta stradale con trazione integrale, la Delta 4WD. Posta un gradino sopra le “piccole” 1600 GT e HF Turbo, esteticamente la Delta HF 4WD sfoggiava dei fari anteriori sdoppiati, un dettaglio ripreso dalle 037 e Delta S4 che poi diventerà il tratto distintivo di tutte le Delta a trazione integrale. Ma la vera chicca era sotto il cofano: la 4WD aveva un motore “da grande”.

Per lei, Lancia prese dagli scaffali il motore 2.0 bialbero turbo da 165 CV montato sull’ammiraglia Thema, un’altra auto leggendaria che meriterebbe una storia a parte. A questo potente 2.0, posto nello stretto cofano della Delta, venne accoppiata una rivoluzionaria trazione integrale. La trazione di Delta 4WD è di tipo integrale permanente, anche questa presa dal “cestino pezzi” Lancia perché già sperimentata sulla berlina Prisma 4WD, che con Delta condivideva la piattaforma. Questo sistema di trazione integrale era infatti dotato di ben tre differenziali. All’anteriore c’è un differenziale aperto; al centro, un differenziale centrale di tipo epicicloidale con giunto viscoso Ferguson, che ripartisce la potenza in maniera fissa: 44% davanti, 56% dietro. E proprio al posteriore abbiamo un sofisticato differenziale autobloccante Torsen, più sportivo di quello aperto visto sulla Prisma.

Le prestazioni erano eccellenti per l’epoca, e da compatta sportiva moderna. Grazie al peso piuma di 1.170 kg, la 4WD superava i 205 km/h e scattava da 0 a 100 km/h in soli 7,8 secondi. Prodotta per poico più di un anno, dal 1986 alla fine del 1987, la 4WD fu la base della prima Delta da rally per il neonato Gruppo A. Quest’auto, derivata pesantemente dalla serie, iniziò la dinastia Delta proprio nel 1987, vincendo il Campionato del Mondo Marche per la prima volta.

L’evoluzione di Lancia Delta: arriva il turbodiesel, ma soprattutto la Integrale

Nel frattempo, anche la Delta “normale” venne aggiornata e rivista per essere sempre al passo con i tempi e con i desideri dei clienti. Nel 1986 infatti arrivò un restyling che non cambiò molto l’estetica esterna, ma migliorò ulteriormente gli interni e l’ergonomia dell’abitacolo, ispirandosi a quello della nuova e apprezzatissima Thema. Nella gamma motori, invece, compare per i mercati greco e portoghese una versione 1100, per far fronte alle altissime tassazioni.

In tutta Europa, invece, arriva la Turbodiesel. Dotata di un 1.9 4 cilindri turbo da 80 CV, la Delta Turbodiesel combinava ottimi consumi con prestazioni brillanti. L’unione di consumi bassi e il prezzo molto conveniente del diesel la rese piuttosto popolare anche in Italia, nonostante la (assurda) presenza del Superbollo per le vetture a gasolio. Fino al 1987, Delta era considerata un’ottima berlina con una bella guidabilità, ma la prima vittoria nei rally cambiò per sempre la sua storia.

Dalla fine del 1987, Lancia Delta vide la possibilità di diventare leggendaria con le vittorie nei rally. Lancia, così, aggiornò la 4WD per renderla più appetibile ma anche più performante nel Mondiale Rally. Le carreggiate vengono allargate, così come i parafanghi che diventano bombati, dando alla Delta sportiva la sua distintiva linea cattiva e arrogante. Anche il motore è più potente, arrivando a ben 185 CV ma rimanendo con testata a 8 valvole. Il cambiamento più importante sta però nel nome. Il freddo e britannico logo 4WD lascia il posto al mitico nome Integrale, che da questo momento rimarrà legato per sempre alla Delta.

Lancia Delta non rimane ferma: arrivano la Evoluzione e la Evo2, il mitico Deltone

Verso la fine del 1989 arriva poi la Integrale 16v, che appunto ospita sotto il cofano il nuovo 2.0 a 16 valvole da 200 CV. Esteticamente si fa riconoscere per il cofano bombato, per fare spazio alla più voluminosa testata. Nel 1991, poi, per dare una base ancora più performante alla Squadra Corse Lancia nasce la Integrale Evoluzione, uno dei nomi più celebri del mondo dei motori.

Sulla base della Delta Integrale i tecnici Lancia montano carreggiate ancora più allargate e parafanghi sempre più bombati. Il cofano è ancora più gonfio, mentre sotto la scocca i freni e le sospensioni sono stati entrambi maggiorati. Arrivano poi fari lenticolari, una vera rarità all’epoca, e un interno con strumenti con numeri gialli e sedili Recaro super avvolgenti. A livello meccanico, poi, arrivano una scatola sterzo più robusta, un’elettronica migliorata e uno scarico con terminale singolo molto arrogante. Il motore, 16 valvole, viene portato a 205 CV e 300 Nm, un numero altissimo per l’epoca.

Le prestazioni erano eccellenti: nonostante la potenza non altissima, lo 0-100 km/h era coperto (grazie all’eccellente trazione integrale) in soli 5,7 secondi, tempi (allora) da Ferrari o Porsche, e ancora oggi da riferimento tra le vetture compatte. Al posteriore poi fa la sua comparsa l’alettone regolabile, che poi sarà ancora più grande nella Evoluzione 2. Questa versione, arrivata nel 1992, è il livello più alto raggiunto da Delta. Aggiunge infatti, oltre ad alcuni affinamenti ad assetto e telaio, al 2.0 altri 10 CV e 30 Nm, arrivando a 215 CV e 330 Nm. Il risultato? Un’auto che su strada è velocissima ancora oggi, agile e stabile a qualsiasi velocità. Un’automobile che ha forgiato e fatto sognare tutti gli appassionati degli anni ’90, creando un culto intorno a lei, quello del Deltone, nome affettuoso (ma non troppo) con cui è passata alla storia.

Con gli anni si sono visti dei problemi di crepe sul telaio a causa delle sollecitazioni incredibili, non previste negli anni ’70 sul povero telaio Ritmo. La community di appassionati Lancia però ha trovato il modo di risolvere questi problemi, rendendo la Delta un’auto velocissima, temibile e amata ancora oggi.

Con 6 Mondiali Consecutivi, Lancia Delta è ancora oggi l’automobile da rally più vincente della Storia

E il merito di questo amore è senza dubbio il suo successo straordinario nel mondo delle corse. Le modifiche sulla Delta di serie, le varie evoluzioni e migliorie arrivate sulle Integrale erano tutte funzionali alla Delta Gruppo A. Lancia Delta, infatti, con il bando del Gruppo B del 1986 si trovò un’occasione d’oro tra le mani. Nell’86, infatti, per monetizzare sulla nascita del mito Delta S4, Lancia aveva inavvertitamente realizzato quella che si sarebbe rivelata come l’auto da rally più vincente di sempre.

Le rivali dirette Audi e Peugeot, infatti, si trovarono impreparate al cambio di regolamento che fece diventare le Gruppo A, automobili derivate direttamente dalla serie, la nuova Classe Regina. Peugeot decise di ritirarsi, mentre Audi gareggiò prima con la vetusta Coupé quattro e poi con la grande e poco agile berlina 200. Le altre rivali come BMW M3, Volkswagen Golf GTI, Renault 11 Turbo e la sorprendente Mazda 323 4WD non erano però al livello di Delta. La lungimiranza della dirigenza FIAT, che nel 1986 decise di realizzare con un tempismo perfetto la Delta 4WD, fu fondamentale per l’instaurazione del dominio Delta. Mentre le altre Case, infatti, si trovarono ad arrancare per realizzare una Gruppo A competitiva, la Squadra Corse Lancia si trovò tra le mani un’ottima base di partenza. Inoltre dopo una S4 velocissima ma molto difficile da portare al limite, in Lancia scelsero un approccio diverso, più neutro.

Grazie alla sua ripartizione “conservativa”, infatti, Delta dava grande confidenza al limite. Compatta e facile da posizionare esattamente dove voleva il pilota, Delta una volta portata al limite dava grande possibilità di controllo al pilota. Se quindi a volte potevano esserci rivali più veloci, i grandi piloti della Squadra Lancia erano in grado di portarla al limite prima, per più tempo e con minori margini di errore. Grazie al suo leggero sottosterzo e alla motricità invidiabile, Delta era forte sull’asfalto e imbattibile su terra, neve e fango. Il motore 2.0 di derivazione Thema, poi, era eccezionalmente affidabile (una rarità per i motori turbo degli anni ’80 e ’90), e nelle sue varie iterazioni è partito dai 265 CV della 4WD fino a superare i 300 CV nelle ultime Deltone del 1991 e 1992.

Gran parte del merito va quindi alle competenze di quel gruppo di Ingegneri, capitanati da Sergio Limone e Claudio Lombardi, e con una Squadra Corse ormai esperta di trazione integrale dopo la “palestra” Delta S4, e talmente abituati a lavorare sulle complicatissime Gruppo B da essere velocissimi e efficaci con ogni aggiornamento sulla “semplice” Delta Gruppo A. Ad ogni novità portata dalla concorrenza, in Lancia erano già un passo avanti. Questo, unito alle capacità degli Ingegneri di sfruttare le zone grigie del regolamento, rese la Squadra Corse Lancia una vera macchina da guerra. Nel corso degli anni poi Lancia si impegnò tantissimo anche a livello economico. Ad ogni tappa del Mondiale, infatti, lo Squadrone Lancia schierava almeno 5 auto: così, era praticamente imbattibile nel Campionato Costruttori.

La 4WD dominò il mondiale 1987, aggiudicandosi il primo, secondo e terzo posto Piloti con Juha Kankkunen, Miki Biasion e Markku Alén. E negli anni successivi, semplicemente non ci fu partita. Dal 1987 al 1992, infatti, Lancia Delta si laureò Campione del Mondo Rally per 6 volte consecutive, ottenendo 4 Mondiali Piloti nel 1987, 1988, 1989 e 1991. Un bottino che, aggiunto ai 4 Mondiali ottenuti negli anni ’70 e ’80, rende Lancia il costruttore più titolato di sempre con 10 titoli mondiali Marche. A renderla immortale poi fu anche la meravigliosa livrea Martini, sponsor del team Lancia, che con i suoi colori azzurro, nero e rosso su sfondo bianco ha aiutato a rendere immortale il Deltone. Con queste vittorie, Delta è diventata una regina dei rally. Anzi, Delta è la Regina, come da oltre 30 anni è nota tra gli appassionati.

Le ultime Integrale Evoluzione 2, le serie speciali, e la fine della prima serie nel 1993

Nel 1992, però, tutto è destinato a cambiare. La dirigenza FIAT infatti, che nel 1987 aveva acquisito Alfa Romeo dall’IRI, vedeva le continue vittorie della Lancia nei rally come un’abitudine, quasi un fastidio. Il motivo è facile: le vittorie nei rally di Lancia portarono, alla fine degli anni ’80, un surplus di vendite incredibile. Dopo il quarto Mondiale consecutivo del 1990, però, anche i clienti non furono più stupiti e sorpresi di questo. “Ha vinto la Lancia? Ah, perfetto…” si sentiva dire.

Ed infatti, le vendite languirono nei primi anni ’90: nel 1991 la Delta, ormai sul mercato da quasi 12 anni, vendette il 20% in meno dell’anno precedente. La Thema, berlina che alla fine degli anni ’80 diede filo da torcere alla tedesche, calò di oltre il 40%. Persino la nuova Dedra, berlina moderna e apprezzata, calò del 5%. Per questo, per i vertici FIAT le incredibili vittorie Lancia diventarono un peso, una spesa non giustificata dall’aumento delle vendite. Questo perchè in ogni Casa automobilistica le corse servono ad una sola cosa: vendere. Come dice un vecchio detto, infatti, “vinci la domenica, vendi il lunedì”. Dopo l’acquisizione di Alfa Romeo, un’altra Casa con una tradizione di corse importantissima, FIAT non poteva mantenere due Squadre Corse competitive ai massimi livelli. Dovevano scegliere una Casa su cui puntare: Lancia, o Alfa Romeo. Aut aut.

Questo gioco ormai stanco portò ad una decisione inevitabile: alla fine del 1992, Lancia annunciò il suo ritiro dalle competizioni. La leggendaria Squadra Corse Lancia di Via Caraglio venne trasferita in blocco ad Arese, per la nascita della rinnovata Squadra Corse Alfa Romeo. Gli stessi uomini che crearono la Delta fecero tornare Alfa Romeo vincente con la 155 Ti V6 DTM e altri capolavori, ma questa è un’altra storia. Nei rally, ormai salutata la Squadra Corse ufficiale, Delta riuscì nell’impresa di vincere ancora, da orfana, il Mondiale 1992. Senza l’appoggio della Casa ufficiale, il Team Martini divenne una squadra semi-ufficiale, con aggiornamenti curati dalla Squadra Corse Abarth. La prima sconfitta arrivò nel 1993, quando una Delta Integrale ormai stanca e senza aggiornamenti portata in gara dal team privato Jolly Club perse il primo Mondiale dal 1987 ai danni della Toyota Celica GT-Four.

Su strada, invece, le normative Euro 1 in arrivo nel 1993 e la sempre più vetusta Delta (con ormai 14 anni sulle spalle) non aveva più quella forza vista negli anni ’80. La nuova Tipo, nata nel 1988 e basata sulla nuova piattaforma Tipo2, era molto più moderna della Lancia, e l’aura rallistica era ormai presente solo tra i veri appassionati. Per loro, infatti, Lancia aveva preparato una serie di leggendarie serie speciali su base Delta Integrale Evoluzione 2. Le Evo2 uscite dal 1992 al 1994, infatti, erano disponibili anche in versioni a tiratura limitata. All’epoca Lancia aveva già capito il valore storico di Delta, e ha realizzato delle piccole gemme che oggi valgono oltre 150.000 euro.

Non staremo ad elencarle tutte, ma nello stabilimento di Chivasso (alla fine del 1993 acquistato dalla Carrozzeria Maggiora, che si è occupata delle ultime Delta) sono uscite decine di Delta speciali. Prime fra tutte le Martini 5 e Martini 6, nate per celebrare rispettivamente il quinto e il sesto Campionato Mondiale Rally consecutivo. Dotate entrambe di livrea Martini bianca con strisce blu, azzurro e rosso, erano iperaccessoriate e prodotte in rispettivamente 400 e 310 esemplari.

Poi abbiamo le più rare Giallo Ginestra, Verde York, Bianco Perla, e le ultime Final Edition, Dealers Collector’s Edition, Club Italia e HiFi. Tutte realizzate su base Delta Integrale Evo2, sono oggi le più ricercate, ma soprattutto sono le ultime Delta prodotte. La storia della prima, mitica Delta si chiude infatti proprio a metà 1994, con gli ultimi esemplari venduti fino al 1995. La compatta torinese venne prodotta in ben 525.231 esemplari in 15 anni, dal 1979 al 1995, lasciando un’eredità pesantissima alla Casa di Borgo San Paolo.

La “Deltasud”, la seconda serie di Lancia Delta: valida, ma non più sportiva

Lancia alla fine degli anni ’90 è infatti una Casa senza una vera direzione. “Incastrata” a metà tra il lusso, con la sempre valida ma ormai vetusta Delta, la produzione di auto pratiche ed affidabili come Dedra e la sportività incarnata dalla Delta ormai pensionata, Lancia doveva decidere cosa voleva essere da grande. Puntare al confort e al lusso o tornare a produrre automobili sportive ed emozionali?

Il mondo ormai associava a Lancia il nome Delta, così FIAT decise di rilanciare con una nuova serie il suo modello più rappresentativo. A metà 1993 uscì la nuova Lancia Delta, codice 836. La base di partenza non era più, com’è ovvio, il vecchio pianale Ritmo. In Lancia, invece, scelsero una base che diventerà comune a tutte le FIAT nate a cavallo tra gli anni ’90 e ’00: la piattaforma Tipo 2. Mandata al debutto dall’omonima FIAT Tipo nel 1988, questa piattaforma era apprezzata perchè molto versatile e adatta a diversi utilizzi, ma ben presto si rivelò poco sportiva e non esattamente rigidissima.

Se su altri utilizzi come Alfa GTV 916, Alfa Romeo 155 e 145 e FIAT Coupé questa base meccanica riuscì a dare qualche soddisfazione, su Delta venne scelto un approccio che, col senno di poi, si rivelò disastroso. Dopo il ritiro dalle corse, infatti, i vertici Lancia non avevano più alcun motivo di rendere eccessivamente sportiva la nuova Delta, né di farla tornare nei rally. Così, Delta scelse di riprendere le caratteristiche di confort e comodità della Delta normale, e di abbandonare la sportività portata avanti dalla Delta Integrale. La nuova Delta era così dotata di una versione HF, dotata del 2.0 di derivazione Delta Integrale da 186 CV (diventati poi 193 nel 1996).

Era dotata di sospensioni a controllo elettronico, e le prestazioni erano davvero ottime. La nuova Delta veloce, però, non aveva alcuna velleità corsaiola. La trazione era, sacrilegio, solamente anteriore, e l’impostazione riprendeva quella della vecchia HF Turbo: una sportiva comoda e usabile tutti i giorni, lontana dal mostro a trazione integrale che tutti conoscevano. Questa scelta, seppur sensata e coerente con la vera essenza della berlina torinese, fu però poco felice. Il nome Delta, infatti, si rivelò semplicemente una spada di Damocle. Per gli sportivi, una Delta “morbida e tranquilla” non era ammissibile, e questa nuova Delta venne vista come un affronto. Per chi invece apprezzava Delta per il confort e la qualità, ci fu una grande delusione.

Al fianco dell’assenza di una versione veramente sportiva, infatti, mancava anche la cura nei dettagli e la raffinatezza della prima serie. I materiali usati all’interno lasciavano a desiderare, così come anche i motori, derivati dalla vecchia Delta, e la qualità di assemblaggi e finiture. In più, la linea della versione a 5 porte, morbida, alta e con una coda spiovente, non venne apprezzata più di tanto. E la versione a 3 Porte, la HPE (che riprendeva il nome della mitica Beta HPE degli anni ’70 e ’80), non riuscì a cambiare le cose.

Nonostante la Deltasud (chiamata così per la somiglianza con la Alfa Romeo Alfasud, anch’essa criticata per l’estetica posteriore tozza, e per la costruzione nello stabilimento Alfa Sud di Pomigliano d’Arco, vicino Napoli) fosse complessivamente una buona auto, dotata di tecnologie di pregio per l’epoca (clima automatico, sedili elettrici, computer di bordo), le vendite non decollarono mai. Già dal 1995 le finiture vennero migliorate, debuttò un nuovo motore 1.8 molto vivace e moderno, e le versioni Turbodiesel erano veloci e parche.

Il danno, però, era ormai fatto: dopo 7 anni di vendite deludenti, la seconda serie di Delta abbandonò i listini alle porte alla fine del 2000. Le unità vendute furono circa 139.000, meno di 1/4 dei numeri della prima Delta (ottenuti però nel doppio degli anni). La ferita fu talmente grande per Lancia che la Casa abbandonò il segmento C, lasciando un vuoto tra la piccola Ypsilon e la media Lybra.

Dopo 8 anni, il ritorno di Lancia Delta: di nuovo lussuosa, curata e comoda. Ma quel nome…

Questo vuoto sarebbe stato colmato solamente 8 anni più tardi, con il ritorno di una compatta moderna, lussuosa e ricercata. I vertici FIAT, però, commisero di nuovo lo stesso, madornale errore: la nuova berlina si chiama infatti, nuovamente, Delta. La terza serie di Delta però è un’auto decisamente migliore della precedente.

Realizzata sul sottovalutato ma ottimo pianale della FIAT Bravo, rispetto a questa e alla sorella sportiva Alfa Romeo Giulietta la Delta ha la sua spiccata personalità. Anche questa volta, però, in Lancia hanno scelto l’anima comoda e curata della personalità Delta. La nuova serie è infatti quasi 20 centimetri più lunga della Bravo, con un passo di 2,7 m, più ampio di alcune berline più grandi. Lo spazio per passeggeri posteriori e bagagli è infatti generosissimo, e gli interni sono realizzati con grandissima cura.

Nelle versioni più accessoriate come la Oro o la top di gamma Platino il volante è rivestito in pelle cucita a mano, la plancia è anch’essa in pelle e i sedili sono in pelle e Alcantara, realizzati da Poltrona Frau. Su strada, Delta ha di nuovo la stabilità della prima serie, con un comportamento docile, comodo ma agile e piacevole. La silenziosità e la raffinatezza di marcia sono simili alle prime della classe, e i motori, tutti turbo (tre benzina, tre diesel e un GPL), sono vispi e piacevoli da usare.

Questa volta, però, non c’è neanche una versione dichiaratamente sportivae. Ci sono in realtà due versioni più potenti, la DiTurbo a benzina e la TwinTurbo Diesel MultiJet. La versione a benzina, dotata del 1750 Alfa Romeo da 200 CV, è disponibile solo con cambio automatico. La TwinTurbo, invece, è la più veloce e divertente, ma il suo motore 1.9 biturbodiesel da 190 CV è assetato e, come si scoprirà in futuro, poco affidabile. Entrambe, poi, hanno un animo da Gran Turismo, e non da sportive dure e pure. Questo, ovviamente, non rappresenterebbe un problema in assoluto. Con un nome leggendario come Delta, però, tanti si aspettavano il ritorno del Deltone, e per la seconda volta sono rimasti delusi.

La terza Delta tentò anche il ritorno sul mercato inglese, dove Lancia mancava dalla metà degli anni ’80, ma con il brand Chrysler. Questo fu reso possibile dall’acquisizione dei marchi Chrysler, Dodge, Ram ed SRT da parte di FIAT nel 2010, formando così il Gruppo FCA. La Chrysler Delta differiva da quella “nostrana” solamente per la presenza di loghi e mascherine specifiche. Nonostante questo e i contenuti validi, non conquistò i clienti britannici, chiudendo la propria storia nel 2014, solo 3 anni dopo il debutto.

In più, Delta doveva essere l’auto del rilancio del marchio. Lancia infatti si aspettava di venderne tantissime: al lancio, nel 2008, Lancia prevedeva di venderne 80.000 all’anno. Entro il 2010, voleva arrivare ad aver venduto 300.000 Lancia Delta. Inutile dirvi che questo non è accaduto: nella sua carriera tra il 2008 e il 2014 (con esemplari venduti fino al 2015), Lancia ha venduto poco meno di 141.000 Delta. Un numero interessante, certo, ma che non ha assolutamente rispecchiato i piani della Casa, che dopo di lei è caduta in un lento, inesorabile declino.

E il futuro? Continua a rincorrersi la voce della prossima Lancia Delta elettrica, finalmente di nuovo sportiva

Un declino quello di Lancia che prosegue fino ad oggi. Dopo una storia gloriosa, piena di modelli leggendari, innovazioni, vittorie nelle competizioni e successi industriali, da diversi anni come tutti sappiamo la Casa di Borgo San Paolo ha un solo modello a listino, Ypsilon, ed opera solamente in Italia. Il futuro, però, sembra aver sorriso a Lancia. Contro ogni aspettativa, infatti, le ottime vendite di un prodotto azzeccato come Ypsilon hanno tenuto in vita il brand con una sola auto per oltre 5 anni. Lancia, su una gamba sola, malata e ormai allo stremo, è riuscita ad arrivare viva al 2021, anno di svolta per FCA. Nella fusione con PSA che ha dato vita al Mega-Gruppo Stellantis, Lancia sembra aver vinto il terno al lotto.

I nuovi dirigenti Stellantis hanno resuscitato il Centro Stile Lancia, inserito il marchio nel gruppo dei brand Premium, con un futuro di auto elettrificate eleganti ma emozionali. Un testimone che sembra potrebbe portare al clamoroso ritorno di Delta. In più, con le tecnologie elettriche del Gruppo, la creazione di una Delta Integrale elettrica ad altissime prestazioni non sembra utopia.

Anzi, le voci in questo senso continuano a rincorrersi, trovando riscontro nei corridoi del costruttore franco-torinese. Il primo piano industriale di Stellantis arriverà tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, e per la prima volta in 10 anni ci sarà anche Lancia. Ci sarà anche una nuova, attesissima Delta? Io questo ovviamente non posso saperlo, ma da appassionato di motori spero ancora in un ultimo, inaspettato ballo. E voi? Cosa ne pensate? Vi è piaciuto questo viaggio nella storia di Lancia Delta? Di quale auto vorreste una nuovo viaggio nella storia? Fatecelo sapere qui sotto nei commenti!

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Giulio Verdiraimo

Ho 22 anni, studio Ingegneria e sono malato di auto. Di ogni tipo, forma, dimensione. Basta che abbia quattro ruote e riesce ad emozionarmi, meglio se analogiche! Al contempo, amo molto la tecnologia, la musica rock e i viaggi, soprattutto culinari!

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