Obi-Wan Kenobi: come sono i primi due episodi della serie

Si apre con un lungo e intenso recap iniziale Obi-Wan Kenobi, nuova serie Disney+ dedicata al personaggio interpretato da Sir Alec Guinness nella trilogia classica di Star Wars e dal rientrante Ewan McGregor in quella prequel. Una scelta che ha il duplice effetto di tributare il giusto merito agli ultimi tre sottovalutati film di George Lucas e di dare vita a un ideale collegamento fra il cinema e la televisione, fra il vecchio corso della saga ambientata nella galassia lontana lontana e la nuova incerta ma affollata gestione Disney. Una sorta di dichiarazione di intenti che si riflette sui primi due episodi della serie: mentre The Mandalorian e la meno riuscita The Book of Boba Fett sfruttavano pienamente la propria natura seriale per un racconto dalla chiara matrice western, Obi-Wan Kenobi si avvicina maggiormente alla struttura cinematografica, con l’intento di traslarla sul piccolo schermo.

Un progetto ambizioso, composto da 6 episodi (distribuiti ogni mercoledì con l’eccezione dei primi due) e non a caso incentrato sul personaggio più complesso e stratificato di tutta la saga. Un uomo passato rapidamente dal ruolo di allievo a quello di maestro, incaricato di istruire colui che avrebbe dovuto riportare equilibrio nella Forza e tragicamente tradito proprio da quest’ultimo, diventato invece il malvagio Signore dei Sith Darth Vader. Un Jedi devoto alla propria organizzazione, che ha trascorso i successivi 19 anni vivendo come un’eremita e sorvegliando a distanza proprio i due figli del suo ex amico e allievo, le uniche speranze per un futuro di pace e prosperità per la galassia. La serie Obi-Wan Kenobi si inserisce proprio in questo lungo periodo, mettendoci di fronte a un uomo rassegnato e disilluso, tormentato dai fantasmi del proprio passato.

Obi-Wan Kenobi è Star Wars al 100%

Fin dalla sua nascita, Star Wars è una storia di giovani che guardano il cielo e sognano gesta eroiche, come Luke e Anakin Skywalker o la cercatrice di rottami Rey, e di persone che quelle stelle credono di essersele lasciate per sempre alle spalle, sconfitti dalla vita e dalla fatalità del destino. Ewan McGregor offre l’ennesima sontuosa prova attoriale tratteggiando un personaggio che, proprio come il Luke di Star Wars: Gli ultimi Jedi, è letteralmente spezzato degli eventi, trasformato in un rottame analogo a quelli che è solito commerciare con i Jawa. Le uniche due ragioni che lo tengono ancora in vita si chiamano Luke e Leia, ed è proprio il rapimento di quest’ultima a trascinarlo di nuovo in azione contro la sua volontà.

La regista Deborah Chow coniuga tradizione e novità, facendoci nuovamente apprezzare la Tatooine su cui Ben Kenobi vive in incognito e tratteggiando dall’altra parte nuove ambientazioni, su cui si distingue soprattutto il pianeta Daiyu, che sembra uscito direttamente da Blade Runner. Non mancano graditi omaggi alla storia della saga, come la tendenza della piccola Leia a scambiarsi con altre persone (ereditata dalla madre Padmé Amidala) e la sua combattività (presa invece dal padre Anakin), o il giocattolo regalato da Obi-Wan a Luke (lo stesso che il giovane maneggia durante Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza).

Tornano vecchie conoscenze come Owen Lars (interpretato nuovamente da Joel Edgerton) ma ci sono anche importanti novità, come il Grande Inquisitore (già noto agli spettatori di Star Wars Rebels), la Terza sorella Reva Sevander (Moses Ingram) o lo spassoso impostore Jedi Haja Estree, impersonato da Kumail Nanjiani. Piccoli tasselli di un mosaico ancora da definire, che rischiano però di essere messi in secondo piano dall’imminente e già annunciato ritorno di Darth Vader, di nuovo impersonato da Hayden Christensen.

Pregi e difetti dei primi due episodi

Le prime due puntate di Obi-Wan Kenobi adempiono al compito di impostare le atmosfere della serie e il filo conduttore della trama, parallelo a quello che lega il maestro Jedi al suo ex allievo Anakin. A trainare questi primi episodi è inaspettatamente proprio la piccola Leia, caratterizzata con una furbizia e una loquacità decisamente sproporzionate rispetto alla sua età (ha solo 10 anni) ma già pronta a sbancare in termini di marketing come già accaduto a Grogu di The Mandalorian. Si ripete così l’operazione da parte di Disney volta a catturare sia il nostalgico pubblico dei giovani adulti sia i nuovi piccoli ammiratori che foraggeranno l’azienda nei prossimi decenni, con esiti ancora da definire ma per il momento tutt’altro che disprezzabili.

A convincere sono soprattutto il mix di dramma e humour (ottima l’idea di decostruire i celeberrimi giochi mentali Jedi utilizzandoli come base per una truffa) e la descrizione di un Impero vicino al proprio apice, con i suoi emissari che viaggiano per i pianeti per rintracciare personaggi scomodi al regime, in un sinistro e allo stesso tempo calzante parallelo con le dittature del secolo scorso. A destare maggiori perplessità sono invece i dialoghi, che impediscono ai nuovi personaggi di emergere e che almeno per il momento non raggiungono i picchi emotivi della saga. Resta però la sensazione che i primi due episodi di Obi-Wan Kenobi siano solo una piacevole anteprima puramente starwarsiana di eventi ben più potenti e significativi che vivremo nei prossimi. A differenza di quello del suo protagonista, il destino di questa serie è ancora tutto da scrivere.

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