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Sondaggio choc sull’intelligenza artificiale: per quasi la metà dei Ceo porterà all’estinzione dell’umanità

E intanto la rivista Nature vieta l’uso dell’IA in foto e video

Non c’è nulla da fare: di fronte a fenomeni nuovi, dirompenti e inarrestabili, è molto più facile reagire d’istinto che razionalizzare.

E così, a fronte di chi cerca di capire il fenomeno, circoscriverlo, normarlo e utilizzarlo il più possibile per scopi positivi, c’è sempre chi (ed è la maggioranza) lo respinge stizzito, bollandolo come una nuova veste sotto cui si cela il demonio.

È successo così per ogni nuovo elettrodomestico introdotto sul mercato, per ogni nuovo approdo della tecnologia. Figurarsi per l’intelligenza artificiale, che negli ultimi mesi – con i chatbot conversazionali e i software che producono deepfake – ha subito un’accelerazione repentina.

Perciò, mentre il Parlamento Europeo ha dato il suo via libera all’AI Act (una proposta di legge europea per calibrare l’utilizzo dell’IA sui valori comunitari), un sondaggio sull’intelligenza artificiale compilato da diversi Ceo americani ha riportato risultati inattesi. E a dir poco catastrofistici. Scopriamoli più da vicino.

intelligenza artificiale 1

Il sondaggio sull’intelligenza artificiale

Durante lo Yale Ceo Summit è stato distribuito un sondaggio a tutti i dirigenti d’azienda presenti.

Il risultato è stato pubblicato in anteprima dalla CNN nella giornata di mercoledì 14 giugno. E, come dicevamo, i risultati sono stati sorprendenti, o forse sconfortanti.

L’IA distruggerà l’umanità entro 5 o massimo 10 anni

Pronti? Via. Secondo il 42% dei dirigenti che hanno partecipato al sondaggio, l’intelligenza artificiale distruggerà l’umanità entro 10 anni.

Più precisamente, secondo il 34% dei Ceo interpellati l’IA distruggerebbe l’umanità entro 10 anni. A cui si somma un 8% particolarmente, diciamo così, sensibile, secondo cui la suddetta distruzione avverrà prima, entro 5 anni.

Per fortuna il restante 58% dei dirigenti non si dichiara eccessivamente preoccupato dei rischi dell’intelligenza artificiale.

I Ceo hanno indicato che l’intelligenza artificiale avrà l’impatto maggiore in tre settori chiave: sanità (48%), servizi professionali/IT (35%) e media/digitale (11%).

Hanno partecipato al sondaggio 119 amministratori delegati di aziende di vari comparti, tra cui il Ceo di Walmart Doug McMillion, il Ceo di Coca-Cola James Quincy, i leader di aziende IT come Xerox e Zoom, e i Ceo di aziende farmaceutiche e di media.

Un altro recente sondaggio realizzato da Yale, peraltro, ribalta in un certo senso i dati. Perché il 42% dei partecipanti crede che le possibili conseguenze catastrofiche derivanti dall’IA siano un’esagerazione, mentre il 58% è convinto che saranno la realtà.

La precedente dichiarazione e i “rischi di estinzione”

In un altro articolo vi avevamo riportato una dichiarazione che ha visto tra i primi firmatari il leader di Google DeepMind Demis Hassabis, il Ceo di OpenAI Sam Altman e due sviluppatori premiati con il Turing Award.

Costoro invitavano la società a prendere provvedimenti per proteggersi dall’intelligenza artificiale, capace di portare l’umanità all’estinzione.

Altman, e prima di lui Musk

Sembrano, posizioni simili, strategie di amministratori delegati nient’affatto convinti che l’IA rovinerà il mondo. Non fosse altro che per un motivo: sono essi stessi a svilupparla.

Abbiamo analizzato altrove il cambio di prospettiva di Sam Altman, che probabilmente aveva timore proprio del già citato Ue AI Act, e delle conseguenze censorie che potrebbe avere su OpenAI.

Ricordiamo che anche Elon Musk era stato tra i primi firmatari di una nota in cui si chiedeva di mettere in pausa l’intelligenza artificiale. Salvo poi palesare, di lì a poco, la propria volontà di produrre TruthGPT, un’IA competitor di ChatGPT.

Dietro posizioni catastrofiste che sembrano dettate da assurdo luddismo, dunque, possono celarsi disegni commerciali basati, semmai, proprio sull’intelligenza artificiale.

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Nature: no all’AI generativa per immagini e video

Più ponderata la recentissima posizione di una rivista dall’alto valore scientifico come Nature. Che non consentirà l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa per la produzione di immagini e video.

Sul sito della rivista leggiamo: “Abbiamo discusso e dibattuto per diversi mesi a seguito dell’esplosione di contenuti creati con strumenti come ChatGpt e Midjourney. Non pubblicheremo alcun contenuto in cui fotografie, video o illustrazioni siano stati creati in tutto o in parte utilizzando l’IA generativa.

Agli artisti, registi, illustratori e fotografi con cui collaboriamo verrà chiesto di confermare che nessuna delle opere che inviano è stata generata o aumentata utilizzando questa tecnologia.

Perché vietiamo l’uso dell’IA generativa nei contenuti visivi? In definitiva, è una questione di integrità. Il processo di pubblicazione, per quanto riguarda sia la scienza che l’arte, è sostenuto da un impegno condiviso per l’integrità. Ciò include la trasparenza. Come ricercatori, redattori ed editori, abbiamo tutti bisogno di conoscere le fonti di dati e immagini, in modo che possano essere verificate come accurate e veritiere. Gli strumenti esistenti di intelligenza artificiale generativa non forniscono l’accesso alle loro fonti in modo che tale verifica possa avvenire.”

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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